Conversano, la leggenda del "Guercio": il conte che scuoiava i suoi nemici
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giovedì 14 luglio 2016
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di Emanuele Martino
Chiamato il “Guercio delle Puglie” per via di un occhio strabico, era un uomo malvagio e vendicativo, assai temuto dai propri sudditi. Il perché? Basterebbe citare l’esempio di via delle Forche, una stradina situata alla periferia di Conversano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La storia di questa “strettola” si ricollega all’assedio di Nardò, città che nel 1647 si ribellò al “Guercio” e che per questo motivo subì la sua atroce vendetta. In particolare ventiquattro canonici, ritenuti i maggiori responsabili della resistenza, furono trasportati a Conversano e vennero impiccati pubblicamente, proprio lì dove oggi si trova la via. Poi furono scuoiati e della loro pelle se ne fecero coperture per ventiquattro sedie che adornarono per lungo tempo la grande sala del castello del paese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ancora. Il conte si avvaleva dello Ius primae noctis, il diritto di un signore feudale di trascorrere in occasione del matrimonio di un proprio suddito la prima notte di nozze con la sposa. Tanto che ancora oggi i conversanesi vengono soprannominati “i figli del conte”. Ma il nobile non si limitava a questo: si racconta infatti che il Guercio gettasse in un pozzo situato in una stanza del castello tutte quelle donne che rifiutavano tale “prelazione”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il rapporto tra il conte e il gentil sesso era d’altronde molto “turbolento”. Sempre a Conversano, nei pressi delle chiesa di Santa Caterina, si trova un ampio campo chiamato “Terra Rossa”. Qui un tempo si recavano le donne del paese ad attingere l’acqua dai pozzi, ancora oggi presenti. Ebbene, si narra che spesso le popolane finissero assoggettate al tiro con l’archibugio da parte del Guercio, che le colpiva dall’alto della torre maestra del castello, solo ed esclusivamente per esercitarsi e migliorare la propria mira. Il sangue versato dalle povere donne ha dato così il nome “rosso” a questa terra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche se c’è chi afferma come il vero obiettivo del conte non fossero le popolane, ma le loro brocche. Il povero “guercio”, secondo i suoi difensori, sbagliava solo per via del suo occhio, quello difettoso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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Emanuele Martino
Emanuele Martino
I commenti
- pierluigi morizio - Questa è solo la leggenda a caratteri folkloristici.. In realtà gli storici negano il restauro dello "Jus primae noctis", di origine medievale ( pare una invenzione dei suoi nemici). Ed anche delle famigerate sedie, si sussurra e si dice che ve ne sia ancora una intatta nella sale chiuse del castello, ma nessuno le ha mai viste, In realtà la storia di Giangirolamo è la storia di una Puglia potente e ricca , mentre il nord puzzava di fame e di peste ( siamo in pieno '600, ricordate Manzoni) . "Il re delle Puglie", questo era il suo soprannome. La contea, immensa, andava da Campobasso a Nardò. Giangirolamo era un possente e coraggioso spadaccino che a 20 anni con soli 100 uomini si precipitò a cavallo da Conversano a Otranto per salvarla da una invasione dal mare, era l'uomo che creò Alberobello dandole un forno e un pozzo intorno a cui si aggregò la popolazione, era l'uomo che riunì al castello di Conversano un cenacolo di scrittori e pittori ( incluso il famigerato Finoglio). Era anche un principe dispotico e gli piacevano le donne ( le carte dicono che subì due processi per violenza a danno di donne sposate) tanto che giunse addirittura a duello con suo figlio per "storie di femmine". Ma siamo nel '600, un comportamento alla Don Rodrigo era quasi la norma tra i signorotti locali. Giangirolamo fu anche colui che a Napoli salvò il viceré dalla folla infiammata da Masaniello, difendendolo con la spada e traendolo in salvo nelle propria carrozza. Ma fu proprio la corona di Spagna la sua rovina, forse per gelosia del suo potere o forse perché si ribellava a decime troppo esose. Pian piano perse il suo potere, fu imprigionato due volte ed infine, uscito di galera a 60 anni, misteriosamente assassinato nel viaggio di ritorno ( alla Caravaggio). Il suo corpo non arrivò mai a casa. E' un personaggio gigantesco, più cupo e doloroso dell'Innominato manzoniano ( che al confronto pare un liceale inquieto), ma soprattutto, con tutti i limiti etici dell'epoca, una testimonianza della potenza pugliese e meridionale.