India, Perù, Grecia, Brasile, Cina e Giappone: ecco la mappa dei ristoranti etnici di Bari
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martedì 16 giugno 2020
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di Mattia Petrosino e Valeria De Tullio - foto Sonia Carrassi
Negli ultimi anni però anche Bari si sta “arrendendo” a diversi modi di mangiare. Globalizzazione e multiculturalismo hanno infatti portato in Puglia locali che offrono cucine “etniche”, legate a Paesi asiatici, sudamericani ed europei.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alcuni offrono prelibatezze fast food come kebab, pite greche (“Gyrosteria Yannis”), panini spagnoli (“100 Montaditos”), insalate hawaiane ("Hula") e burger americani (“Arnold’s American”), ma in tanti propongono veri e propri menu dal sapore straniero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggi in città sono presenti ristoranti cinesi, giapponesi, indiani, brasiliani, peruviani e greci. Siamo andati a trovarli (vedi foto galleria).
La cucina Cinese – I pionieri dell’etnico “barese” sono stati i ristoranti cinesi, spuntati come funghi già a partire dagli anni 90. A far colpo sui clienti, piatti molto conditi, “unti” e fritti “al salto”, ovvero cotti in una piccola quantità di olio bollente e rimescolati in un padella chiamata wok. Tra le pietanze principali: riso alla cantonese, pollo alle mandorle e involtini primavera.
Negli ultimi tempi però la gastronomia dagli “occhi a mandorla” ha perso appeal: molti locali hanno chiuso e alcuni si sono trasformati in “all you can eat” cinesi/giapponesi. Con questa particolare formula si paga un prezzo fisso a prescindere da ciò che si ordina, con l’unica condizione di dover mangiare tutto: se non si finisce un piatto quel piatto si paga a parte.
In città resistono comunque ancora 5 classici ristoranti “made in China” (gestiti da cinesi), dove è possibile mangiare in un’atmosfera tipica fatta di tavoli in legno, lanterne rosse e paraventi di carta colorata. Si tratta di Pechino (aperto dal 1990), Fang Xiang, Panda, Sole Rosso e Buongusto (ex Foresta Blu).
La cucina Giapponese – A prendere il posto dei cinesi, almeno numericamente, ci hanno pensato i giapponesi, la cui cucina è letteralmente esplosa in tutto il mondo. A Bari ci sono 33 locali di sushi, alcuni dei quali aggiungono nell’offerta anche portate cinesi e “fusion”, che mischiano cioè vari profumi provenienti dall’Asia.
La maggior parte di essi propone la succitata “all you can eat”, ci sono però locali che offrono cene “normali”, con menu alla carta. Tra questi Taku, il primo giapponese ad aprire in città, nel 2006. Prima situato in via Crisanzio con il nome Kabuki, si è trasferito nel 2008 in via De Nicolò, alle spalle del Teatro Petruzzelli, cambiando l’insegna in memoria del suo primo chef.
L’interno richiama il Paese del Sol Levante per la presenza di un albero di pesco che pende dal soffitto, sotto il quale si trova una fontana zen.
A farla da padrone è il famoso sushi (da mangiare con o senza bacchette) ovvero “polpettine” a base di riso con svariati tipi pesce (soprattutto crudo), come salmone, branzino e tonno. Una varietà è l’uramaki, a cui vengono aggiunti frutta e verdura come fragola, avocado e cetriolo. Diverso è invece il sashimi che consiste in una portata di di pesce crudo accompagnata dal wasabi, una salsa verde e piccantissima. Per quanto riguarda le bevande, caratteristico è il famoso “vino di riso” Sakè.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al Taku lo chef (come del resto in quasi tutti i locali di Bari), proviene dall’Estremo Oriente, mentre proprietario e gestore sono pugliesi. Quest’ultimo, il 39enne Jerry Iannola, ci spiega il successo della cucina nipponica a Bari. «È leggera e genuina e al tempo stesso gustosa – afferma -. Sicuramente ha anche un certo peso la presentazione dei piatti, che è sempre meticolosamente curata. Nel caso dei baresi poi, la presenza dell’amato pesce crudo costituisce un ulteriore elemento di gradimento».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La cucina Indiana – In via Melo, quasi all’incrocio con via Prospero Petroni, alberga da 11 anni “Laxmi”, un piccolo ristorante indiano gestito da Rajni. Propone le tipiche pietanze del Paese dell’Asia meridionale, caratterizzati dal grande utilizzo di spezie quali curry, curcuma, cumino e coriandolo, utili ad aromatizzare i piatti e accompagnare le verdure.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il locale, dalla porta rossa e con alcuni tavoli posizionati sul marciapiede, presenta all’interno le volte a botte delle abitazioni baresi di fine Ottocento, abbellite da quadri e decorazioni che rimandano alla cultura e alla religione induista. Tra questi piume verdi e turchesi e il sacro elefante Ganesh.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il menù è ricco di tante specialità, tra cui l’Aloo Paratha: un pane con patate, zenzero, aglio, piselli e insaporito con un pizzico della spezia garam masala. Il pollo invece è preparato in due modi. Si chiama tikka se cucinato con un burro denominato ghee che, una volta cotto, diventa una salsina mentre è tandoori se fatto arrosto con yogurt, spezie e polvere di chili.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La cucina Brasiliana – In Strada dei Gesuiti, nel centro storico, si trova dal 2018 “Bistrot Brasil”, locale “verdeoro” gestito dalla 42enne Regiane Silva, punto di riferimento per la numerosa comunità brasiliana del capoluogo pugliese. I colori del Paese sudamericano sono richiamati da tovaglie e cuscini, mentre alle pareti è affisso un poster del Cristo Redentore, accanto a un variopinto pappagallo di peluche.
«Vivo qui da ormai 15 anni – ci racconta la proprietaria – e mi dispiaceva che in un posto bello come Bari non ci fosse un pezzo della mia terra. È proprio per questo che ho deciso di aprire un bistrot fondato esclusivamente sulla nostra allegra gastronomia».
Il cibo brasiliano prevede un largo uso di fagioli, carne e frutti esotici quali cocco, mango e tamarindo. «La maggior parte degli ingredienti li importiamo dal Brasile – sottolinea Regiane –, come anche le bevande tra cui la birra Brahma, la bahia e il cachaca, un superalcolico usato anche per i cocktail».
Le stuzzicherie tipiche comprendono la coxinha (crocchette ripiene di pollo), la kibe (palline di farina araba con manzo e menta), l’empadinha (tartelle di pasta frolla ripiene con formaggio o gamberi) e il bolinho de bacalhau (crocchette di patate e baccalà).
Anche se i piatti più richiesti sono due: la picanha e la feijoada. La prima è una coda di manzo cucinata sulla piastra e accompagnata da riso bianco, farina di maioca abbrustolita e un composto di varie verdure. La seconda consiste invece in fagioli neri amalgamati con coda, orecchie e piedi di maiale.
La cucina Peruviana – Nel quartiere Murat, in via Andrea da Bari, è presente da tre anni “Rù Peruano” la cui grande scritta di color beige a caratteri cubitali domina l’ingresso.
Si struttura su due piani: quello inferiore ospita il bar, quello superiore il ristorante. Quest’ultimo rimanda ai colori tipici del Paese delle Ande ed è decorato con souvenir di lana e lampadari a forma di scimmiette che pendono dal soffitto.
Il locale è stato aperto due anni fa dai fratelli Michele e Gabriele Iannone, i quali, molto legati al Sud America, hanno voluto portare quella cultura nella loro città. Per questo si sono avvalsi dell’opera del 33enne cuoco argentino Quintanilla Fernandez, che ha lavorato per parecchi anni in Perù.
Una scommessa vera e propria che ha pagato solo in parte. «Il primo anno abbiamo proposto solo cibo peruviano – racconta il 30enne Gianluca, che affianca i titolari nella gestione –, ma poi abbiamo dovuto adeguare i sapori sudamericani a quelli italiani. Perché nei gruppi e comitive c’è sempre chi proprio non vuole provare nuove cose. La maggior parte dei prodotti però continuiamo a importarli dal Perù: tra questi il Pisco, un particolare distillato di vino».
La cucina peruviana si fonda su materie prime nati in America quali patata, mais, pomodoro e peperone, associati molto spesso al pesce crudo aromatizzato con varie spezie.
I piatti più richiesti sono la ceviche e la causa. Il primo è composto da verdure e pezzi di ceviche (branzino), ai quali si unisce l’Aji Amarillo (il peperoncino) e la leche de tigre, un marinato alla base di agrumi, cipolla e pepe. Il secondo invece presenta un letto di patate cotte al vapore con sopra pomodoro, avocado e tartàre di tonno.
La cucina Greca – Nel quartiere Picone, in via Lembo, si trova infine la taverna "Magna Grecia". A fondarla un anno fa è stato il 54enne Nicola Alfonso, che dopo aver lavorato per dieci anni come ristoratore nella patria di Socrate e Platone, ha voluto trasferire la sua storia nel capoluogo pugliese.
«Sull’insegna c’è però scritto “cucina appulo ellenica” – racconta il proprietario – perché inizialmente l’idea era quella di unire le due tradizioni culinarie. Poi però ho deciso di concentrarmi solo su quella greca, perché volevo che in città ci fosse qualcosa di completamente diverso».
Già dalla facciata notiamo i colori blu e bianco della bandiera greca, che dominano anche il piccolo locale. Sulle pareti interne attirano la nostra attenzione una rete blu con delle conchiglie e il bouzouki, caratteristico strumento musicale. Tutto qui rimanda alle osterie greche, compresi il pavimento molto simile alla tipica placa, le sedie impagliate e i tavolini che misurano 60x60 centimetri.
Per quanto riguarda il cibo (i prodotti sono tutti importati dal Paese d’origine e cucinati da uno chef greco), c’è da dire che la gastronomia ellenica rappresenta uno dei più famosi esempi di dieta mediterranea. C’è infatti un grande utilizzo di olio d’oliva assieme a varietà di verdure come peperoni, pomodori, zucchine e cetrioli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«I piatti più richiesti – ci dice entusiasta il proprietario – sono il Gyros, consistente in prosciutto e capocollo di maiale cotto sullo spiedo con patatine fritte, cipolla, pomodoro e accompagnato dalla tzatziki, salsa fatta con cetrioli, aglio e yogurt. Poi c’è la Choriatiki, insalata preparata con diversi ingredienti tra cui olive kalamata e feta, un formaggio salato. Viene servita con la pita: pane composto da curcuma e farina di semola. Infine un classico è la dolmadakia: foglie di vite con yogurt e riso».
(Vedi galleria fotografica)
* con la collaborazione di Marco Gay
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Mattia Petrosino
Mattia Petrosino
Scritto da
Valeria De Tullio
Valeria De Tullio
Foto di
Sonia Carrassi
Sonia Carrassi
I commenti
- Osiris - Buongiorno esiste anche un ristorante cubano dal 1990 il cuba libre che dal 1999 si chiama mulata ed è di sicuro uno dei primi ristoranti caraibici insediatosi in Italia e Bari è stata la prima città