Al Petruzzelli un Don Giovanni senza orchestra, tra ironia e dramma
Letto: 3283 volte
sabato 15 settembre 2012
di Maria Matteacci
BARI - A qualche secolo di distanza dalla prima che nel 1787 entusiasmò il teatro degli Stati di Praga, il Don Giovanni di Mozart non ha perduto il suo fascino di seduttore incallito. Questa volta grazie alla regia di Mario Martone.
Nella recita di ieri sera al teatro Petruzzelli di Bari, questa opera, uno dei massimi capolavori del genio austriaco, ha preso vita sulle sole note del pianoforte di Andrea Severi e del fortepiano di Giuseppe La Malfa, diretti dal maestro Roberto Abbado.
L'assenza dell'orchestra non ha compromesso la godibilità di questo spettacolo né impedito che la magia del Don Giovanni pervadesse galleria e platea, pur poco affollate. L'allestimento del teatro San Carlo di Napoli ha fatto da cornice austera alla vicenda, con i suoi scranni che, ospitando il coro, sembravano riflettere specularmente i posti destinati al pubblico.
L'ironia mozartiana non ha mancato di suscitare l'ilarità del pubblico: è il caso dell'aria Madamina, cantata da Leporello (servo di Don Giovanni) a Donna Elvira, sedotta e abbandonata dal protagonista. L'uomo mette in guardia la malcapitata dall'indole licenziosa del padrone, enumerandone tutte le conquiste accuratamente trascritte su un catalogo: In Italia seicento e quaranta, in Lamagna duecento e trentuna, cento in Francia, in Turchia novantuna, ma in Ispagna son già mille e tre.
Un'atmosfera giocosa che si smorza con l'evento decisivo: l'uccisione da parte di Don Giovanni del commendatore, padre di Donna Anna, corteggiata da Don Giovanni ma promessa sposa di Don Ottavio. Resta tuttavia il coro dei contadini a mantenere il tono di dramma giocoso, con Zerlina, popolana amata dal protagonista e il suo sposo Masetto.
Un'opera che sa sorridere delle umane debolezze ma che altresì raggiunge picchi di malinconica drammaticità. Come nei i brani cantanti da Donna Elvira e Donna Anna, rispettivamente volti del dolore dell'amante abbandonata e di una figlia privata del padre.
Padre che con la sua presenza in forma di statua commemorativa dominerà la scena per tutto il secondo atto, finché riprenderà vita per chiedere a Don Giovanni di pentirsi della sua vita dissoluta. Ma il protagonista resta temerariamente fedele fino all'ultimo alla sua natura e viene inghiottito dagli abissi dell'inferno. Perché, come ricordano i personaggi nell'ultima scena, questo è il fin di chi fa mal.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Repliche il 16 e il 18 settembre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Maria Matteacci