Sammichele, la tradizione di piantare una vite sull'uscio di casa: è la storia dei "vignali"
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martedì 9 giugno 2020
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di Barinedita
Le dimore in pietra del centro storico che avevano questa caratteristica venivano chiamate proprio “vignali”. A uno o due piani al massimo, occupate più che altro da contadini, si trovavano soprattutto nei pressi del Castello Caracciolo. (Vedi foto galleria)
Questi edifici, ancora presenti in quartieri come Casamicciola e in stradine storiche come via Diaz o via Torino, oggi risultano però non più vissuti, seppur non completamente abbandonati. Anche se alcuni di loro conservano ancora una pianta del vino sulla facciata. Come il vignale di via Matilde Serao: una bianca dimora non più abitata da decenni, ma arricchita da un’antica vite che fa da cornice al piccolo portone d’ingresso.
Ma perché proprio la vite? Secondo la tradizione cristiana questa pianta rappresenta tanto la devozione quanto la protezione da ogni male. In più, come è possibile notare da alcune foto degli anni 50 e 60 tratte dal volume “San Michele Sammichele. La cultura dell’appartenenza” di Domenico Notarangelo, la vigna serviva a creare vere e proprie zone d’ombra nei cortili. Oltre a fornire dell’ottima uva da cogliere allungando semplicemente un braccio.
L’uscio di casa rappresentava infatti una sorta di prolungamento dell’abitazione. Era lì che le famiglie producevano la salsa o sceglievano le fave con cui preparare piatti tradizionali. Spesso, come è possibile notare in un vignale ancora esistente in vico Spezzato, c’erano dei blocchi di pietra davanti all’ingresso, utilizzati proprio come seduta per le suddette faccende domestiche.
Parliamo di tempi che non ci sono più, naturalmente. Anche se nel “paese della zampina” sono presenti delle ville più nuove che, seppur non definibili come vignali, hanno mantenuto la tradizione di piantare una fortunata vite sulla soglia. È il caso ad esempio di una casa degli anni 70 di via Maresciallo di Cosmo, abbellita propria da una verde rampicante che un tempo si trovava abbarbicata su un vecchio trullo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Mio nonno andava a sedersi alla sua ombra non appena a maggio iniziavano le belle giornate - ricorda la 30enne Filomena, nipote dei coniugi che hanno vissuto in quella casa sino a pochi anni fa -. La vite l’ha sempre potata lui. Poi ci ha pensato mia nonna, che sino agli ultimi istanti della sua esistenza ha continuato amorevolmente a curarla».
(Vedi galleria fotografica)
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