Elmi, spade, pistole e fucili: a Sannicandro la collezione di armi antiche del generale Mondelli
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giovedì 23 settembre 2021
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di Giulia Mele - foto Nicola Velluso
Quest’ultimo, nato nel 1878 a Sannicandro, compì nel corso della sua carriera numerosi viaggi intorno al globo che lo portarono a entrare in possesso di reperti che, anno dopo anno, andarono a formare una collezione che si fece sempre più ampia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un patrimonio che comprendeva anche quadri, statue, scrigni cinesi, fazzoletti con lo stemma degli zar di Russia e persino un cuscino appartenuto alla regina Maria Antonietta. Beni che però, ancora in attesa di un restauro, sono oggi rinchiusi in una camera blindata del Comune del paese in provincia di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel museo trovano così posto solo le armi che, ripulite e protette da teche in vetro, sono esposte in tre sale della fortezza cittadina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di andare a visitare la mostra, ci soffermiamo sulla storia di questo singolare ed eccentrico generale, il quale, una volta andato in pensione, decise di convertire il proprio appartamento di Milano (dove visse per la maggior parte della sua vita), in una vera e propria casa-museo. Fu qui che espose al pubblico la sua collezione composta da quasi mille pezzi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Era visitabile previo appuntamento solamente di martedì sera e per potervi accedere era necessario fornire una sorta di codice criptato, bussando due volte alla porta per poi pronunciare la frase “siamo quelli del martedì” - racconta lo storico locale Nicola Racanelli -. Solo allora il padrone di casa apriva per accogliere il gruppo di visitatori, agghindato ogni volta in un modo diverso: da samurai, da indiano, da principe arabo o mandarino cinese».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una volta morto, nel 1970, fu reso noto il testamento di Mondelli, attraverso il quale il generale essendo senza eredi lasciava tutto il suo patrimonio al Comune del suo paese natio. Nell’atto richiese anche di riservare almeno tre locali del Castello alla custodia e all’esposizione dei reperti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il suo desiderio rimase però inesaudito per più di quarant’anni, durante i quali i beni giacquero inutilizzati all’interno della sede municipale. Solo agli inizi degli anni 2010 si decise di dare (in parte) seguito al testamento, grazie a un progetto di restauro che coinvolse più che altro le armi. E nel 2015 venne così inaugurato il museo che stiamo visitando.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una volta giunti all’interno del maniero, notiamo come le sale conservino anche altri tipi di oggetti oltre a fucili e pistole. Ci sono statue in bronzo e in legno raffiguranti aquile reali, soldati e guerrieri romani, oltre a particolari scudi africani che il generale raccolse probabilmente durante la Guerra d’Etiopia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In un tavolo posto al centro della prima stanza ecco invece un elmetto tedesco m35 risalente alla Seconda guerra mondiale, un cappello da viaggio da samurai giapponese e un particolare tipo di strumento musicale in legno e cuoio, simile ad una chitarra, probabilmente di origine orientale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tutto il resto è riservato però alle armi. Le prime che osserviamo sono “bianche”, ovvero sette spade dalla lama dritta e un’impugnatura sofisticata e quattro sciabole dalla lama più ricurva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In una seconda vetrina sono invece ospitate quelle da fuoco risalenti sia alla Prima che alla Seconda guerra mondiale. «Dei quattro fucili - illustra l’esperto di armi Gianfranco D’Amato -, due sono di provenienza italiana. Si tratta di un moschetto e di un fucile Vetterli modello 91. Mentre gli altri due sono tedeschi: un mitragliatore MP 18 degli anni 30 e un Mannlicher-Steyr del 1907».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra gli oggetti più piccoli troviamo una pistola Glisenti dei primi del 900, una Roth-Steyr austriaca del 1915 e una pistola da segnalazione. All’interno della teca sono esposti anche tre elmetti: uno italiano di tipo Adrian della Prima guerra mondiale e due austriaci dello stesso periodo denominati “Pickelhaube”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Arriviamo infine nella terza e ultima sala. Una prima teca contiene armi bianche, tra le quali spiccano due “bastoni animati” che nascondono al loro interno la lama di una spada. È presente anche uno spadone recante sull’elsa il simbolo dell’Ordine dei Cavalieri della Croce di Malta, a cui il generale apparteneva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ultima vetrina è la più ricca: ci sono sciabole da carabinieri risalenti al XIX secolo, cinque rivoltelle di tipo “a spillo”, baionette americane, francesi e austriache dell’800 e infine daghe da geniere, a lama larga e seghettate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma prima di andare via non possiamo non soffermarci sul copricapo da carabiniere di Mondelli e su una sua fotografia in divisa, che lo mostra fiero mentre osserva la sua grande collezione.
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Giulia Mele
Giulia Mele
Foto di
Nicola Velluso
Nicola Velluso