di Eloisa Diomede

Sant'Agata de' Goti: lì dove le donne sciacquano ancora i panni in secolari lavatoi
SANT’AGATA DE' GOTI – Non sempre i panni sporchi si lavano in famiglia. Lo sanno bene a Sant’Agata de' Goti, dove ancora oggi ci sono donne che fanno il bucato “all’aria aperta”, sfruttando alcuni secolari lavatoi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In questo borgo in provincia di Benevento sono infatti presenti quattro impianti realizzati nella seconda metà del 700, due dei quali ancora perfettamente funzionanti. E così, in un’epoca nella quale sembra impossibile fare a meno della lavatrice, i residenti del posto ne approfittano per pulire a mano gli indumenti utilizzando la fresca e pulita acqua di sorgente e risparmiando nel contempo sulle bollette. (Vedi foto galleria)

Siamo nelle antiche terre del Sannio, alle falde occidentali del monte Taburno, al confine tra le province di Benevento e Caserta. Sant’Agata in particolare, dove vivono 10mila anime, sorge su una rocca di tufo a strapiombo sui fiumi Martorano e Riello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una volta entrati in paese facciamo la conoscenza di Claudio Lubrano, 70enne che per passione fa la guida turistica locale. È lui ad accompagnarci alla scoperta dei quattro lavatoi della cittadina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il più antico lo troviamo a solo un centinaio di metri dal centro urbano. È uno dei due ancora utilizzati: si chiama “Peschiera” perché un tempo le sue tre vasche erano ricche di pesci, granchi e anguille. La sua acqua proviene dall’acquedotto Carolino, commissionato da Carlo di Borbone all’architetto Luigi Vanvitelli e inaugurato nel 1752 per rifornire anche la Reggia di Caserta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Più in basso e maggiormente vicino alla città vecchia, c’è invece il lavatoio “Bocca”, storicamente il più frequentato ma oggi non più attivo. Siamo nella parte orientale di Sant’Agata, nei pressi della porta di San Marco: uno degli ultimi accessi medievali alla città sopravvissuto all’abbattimento della cinta muraria. «Era di proprietà della famiglia Rainone, di cui reca ancora lo stemma con stella centrale, risalente al 1772 – ci rivela Claudio –. I lavatoi sorgevano infatti all’interno di fondi appartenenti a ricchi possidenti: erano dunque privati, ma resi fruibili a tutti, perché l’acqua rappresentava un bene pubblico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche il nostro cicerone, in gioventù, se ne serviva. «Portavo gli animali domestici ad abbeverarsi – ricorda –, mentre mia madre puliva la biancheria nostra e di altri conoscenti. Per una bacinella di bucato riceveva sette uova e un pezzo di pane da tre chili».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Un luogo che rappresentava anche un punto di incontro e di pettegolezzo. Le donne si scambiavano opinioni sui figli, nascevano gelosie sentimentali, a volte ci si accapigliava o si intonavano cantilene ingiuriose verso famiglie con cui non scorreva buon sangue.  

Proseguiamo ora verso nord e scendiamo verso il fiume Isclero. Incontriamo qui il terzo lavatoio, detto “Riello” o “Bocca Riello", utilizzato dalla popolazione del centro storico fino agli anni 80 del 900. Era alimentato da una sorgente propria che si trova poco distante, la quale scaturisce dalla roccia calcarea ricca di falde.

Giungiamo infine al “Reullo”, introdotto da un imponente arco a sesto acuto: ciò che resta di un posto di guardia che sorvegliava l’accesso settentrionale alla città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«L’impianto è formato da due grandi vasche rettangolari – spiega Lubrano -: la prima per lavare i panni sporchi e la seconda per il risciacquo». La struttura è dotata su tre lati di una sorta di passaggio, con colonne in mattoni di tufo sormontate da un tetto in tegole, dove si posizionano le donne con le proprie attrezzature.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Pare che soprattutto in estate il luogo sia affollatissimo: ancora oggi scoppiano delle contese per accaparrarsi il posto migliore. «Quello più ambito è il punto in cui l’acqua sgorga dalla sorgente e confluisce nella vasca, perché è sicuramente più pulita», dichiara Claudio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E proprio mentre stiamo ammirando l’impianto ecco arrivare una mamma e una figlia equipaggiate con bacinelle, detersivi, grembiuli e galosce di gomma. Fanno diversi viaggi su e giù per la scarpata portando tutto l’occorrente al lavaggio, quindi sciacquano le pietre del lavatoio e iniziano a strofinare i capi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Abbiamo quindi la prova di come, nonostante il passare del tempo e le innovazioni tecnologiche, questi luoghi siano molto frequentati. «Tra l’altro – conclude la nostra guida –  per il cambio stagionale di piumoni o coperte molto pesanti l’uso del lavatoio consente di non sostenere spese di lavanderia e di evitare il lavaggio a secco, fatto chimicamente anziché nella fresca e pura acqua di sorgente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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A Sant’Agata de' Goti, un borgo in provincia di Benevento, alcune donne fanno ancora il bucato all'area aperta
Qui infatti sono presenti quattro antichi lavatoi realizzati nella seconda metà del 700, due dei quali ancora funzionanti
Siamo nelle antiche terre del Sannio, alle falde occidentali del monte Taburno, al confine con la provincia di Caserta
Il lavatoio più antico lo troviamo a solo un centinaio di metri dal centro urbano: si chiama “Peschiera” ed è uno dei due ancora utilizzati
La sua acqua proviene dall’acquedotto Carolino, commissionato da Carlo di Borbone all’architetto Luigi Vanvitelli e inaugurato nel 1752
Più in basso, ma più vicino al centro storico, c’è invece il lavatoio “Bocca”...
... storicamente il più frequentato ma oggi non più attivo
Era di proprietà della famiglia Rainone, di cui reca ancora lo stemma con stella centrale, risalente al 1772
I lavatoi sorgevano infatti all’interno di fondi appartenenti a ricchi possidenti: erano dunque privati, ma resi fruibili a tutti, perché l’acqua era un bene pubblico
Proseguiamo verso nord e scendiamo verso il fiume Isclero: incontriamo il terzo lavatoio, detto “Riello” o “Bocca Riello"...
... utilizzato dalla popolazione del centro storico fino agli anni 80 del 900
Giungiamo infine al “Reullo”, di fine 700, introdotto da un imponente arco a sesto acuto: è ciò che resta di un posto di guardia che sorvegliava l’accesso settentrionale alla città
E proprio mentre stiamo ammirando l’impianto ecco arrivare una mamma e una figlia equipaggiate con bacinelle, detersivi, grembiuli e galosce di gomma
Fanno diversi viaggi su e giù per la scarpata portando tutto l’occorrente al lavaggio, quindi sciacquano le pietre del lavatoio e iniziano a strofinare i capi
L’impianto è formato da due grandi vasche rettangolari: la prima per lavare i panni sporchi e la seconda per il risciacquo. La struttura è dotata su tre lati di una sorta di passaggio, con colonne in mattoni di tufo sormontate da un tetto in tegole, dove si posizionano le donne con le proprie attrezzature



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