Dalla Sacra Spina al dente di Maria Maddalena: la Basilica di Bari custodisce reliquie preziose
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mercoledì 22 febbraio 2023
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di Armando Ruggiero e Francesco Sblendorio - foto Francesco De Leo
La cappella è normalmente chiusa al pubblico per ragioni di sicurezza dovute alla carenza di personale addetto alla sorveglianza. Così ad aprirci il cancello nero dietro al quale si cela la stanza è il sagrestano Donato Cassano, con il permesso dei padri domenicani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci ritroviamo così all’interno di un vano squadrato sulla cui parete frontale troneggiano tre capienti teche in vetro, all’interno delle quali è esposta la parte più rilevante dei doni ricevuti dalla Basilica. I manufatti, solitamente in oro, argento e bronzo, furono donati a partire dal XII secolo da re, nobili, alti prelati e ricchi mercanti per devozione verso il vescovo di Myra, spesso come segno di riconoscenza per grazie ricevute.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In alto, i lati della cappella sono scanditi dai ritratti dei priori che si sono succeduti nel tempo. Sul lato sinistro staziona una serie di candelabri dorati, mentre al centro della stanza si nota un’ulteriore teca in vetro: dentro vi sono delle assi di legno, parte della cassa nella quale i 62 marinai baresi di ritorno da Myra posero le ossa di San Nicola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Iniziamo a osservare nel dettaglio alcuni dei reperti contenuti nelle vetrate e ci soffermiamo sui più importanti. Tra questi il dente di Maria Maddalena, conservato in un tabernacolo di cristallo sovrastato da una croce d’argento e retto da un angelo in ottone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ad attirare la nostra attenzione c’è anche un reliquiario a forma di corona d’argento intrecciata e retta da un piede in ottone sormontato da figure umane e angeliche. Al suo interno vi è la Sacra Spina, che la tradizione vuole facesse parte della corona posta dai soldati romani sul capo di Cristo prima di condurlo al Calvario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quando il giorno dell’Annunciazione (il 25 marzo) coincide con il Venerdì Santo, la Spina è solita manifestare singolari fenomeni, come una forte variazione cromatica dell’estremità che arriva ad apparire color rosso sangue. Situazioni simili sono attestate anche con altri esemplari della Sacra Spina, come quello venerato ad Andria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Questa come altre reliquie furono donate da Re Carlo II d’Angiò, il quale appena scampato alla condanna a morte attribuì la sua salvezza alle preghiere rivolte a San Nicola. Decise così di omaggiare il suo protettore con preziosi resti sacri e reliquiari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel 1301 il sovrano francese donò anche la Croce Angioina. Reliquiario in argento realizzato a Costantinopoli e diretto a Parigi, si fermò invece a Bari per volere del re. Al centro reca una seconda croce, detta “bizantina”, sulla quale Carlo II fece incidere in greco un’iscrizione che ricorda il “legno divino, ove fu affisso Gesù”. Al suo interno, infatti, vi sarebbe proprio un frammento della Croce su cui Cristo fu inchiodato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Secondo la tradizione cristiana pezzi del “sacro legno” furono rinvenuti a Gerusalemme una prima volta nel IV secolo, per poi essere smarriti e ritrovati all’epoca della Prima Crociata (XI secolo). Furono quindi distribuiti in molte città europee, tra cui Parigi, Roma, Firenze, Pisa e Milano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sempre legato alla Passione è un terzo importante reperto, seppur non riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa Cattolica: la Sacra Spugna, servita ai soldati di Ponzio Pilato per dissetare Gesù crocifisso. Si racconta che sarebbe stata portata via dalla Palestina dopo la conquista persiana del 614: una parte sarebbe transitata prima da Costantinopoli e poi da Parigi, per giungere infine a Bari per ordine di Carlo II. La scorgiamo all’interno di un reliquiario a forma di tabernacolo, con base e sostegno in ottone, mentre la cupoletta e la croce sono in argento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Rimaniamo idealmente sul monte Calvario. A Gesù appena morto, secondo l’evangelista Giovanni, un centurione romano trafisse il costato con una lancia. Il suo nome lo apprendiamo solo dai Vangeli apocrifi: è Longino, di cui a Bari è conservato l’osso di un braccio. È posto in un manufatto argenteo anch’esso a forma di arto superiore con una piuma dorata, alla cui base sono presenti dei puttini e la data in cui venne donato alla basilica: il 1679.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Forma simile ha il reliquiario dedicato a San Tommaso Apostolo. In questo caso il braccio d’argento trecentesco impugna una lancia ed è posto su una base di ottone retta da quattro piedi. Conserva un osso del discepolo di Cristo: una delle prime reliquie giunte in Basilica, nel 1102, all’epoca della prima Crociata quando Bari era snodo cruciale tra Oriente e Occidente per soldati, prelati e uomini di fede. Donati invece da Carlo II d’Angiò sono invece l’osso del braccio di San Sebastiano e quello della spalla di San Biagio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Infine, fuori dalle teche in vetro, abbiamo un busto argenteo di San Nicola decorato da pietre preziose: dono di fine 700 della nobile famiglia napoletana Caracciolo. Una scultura che chiude la nostra visita in questo luogo, dove tra fede, leggenda e tradizione è conservata una collezione di testimonianze della cristianità di cui Bari può fregiarsi da quasi 1000 anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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