A Bitetto rivive il medioevo: mestieri, giochi e personaggi di 700 anni fa
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lunedì 29 aprile 2013
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di Francesco Sblendorio
E’ ciò che avviene ogni 25 aprile a Bitetto, paesino di 11mila abitanti a pochi chilometri da Bari. Una volta all’anno grazie all’attività dell’associazione Juvenilia Vitetum, è possibile rivivere per una sera atmosfere antiche. Il mercatino medievale di Bitetto (vedi foto galleria) è infatti una ricostruzione perfetta dei costumi, delle ambientazioni, delle professioni e dei personaggi che popolavano la Puglia tra il XII e il XV secolo. Ma come si viveva a quei tempi?
Le città erano limitate a quelli che oggi conosciamo come i “borghi antichi”. Strade strette e tortuose, poveri edifici in pietra in cui non sempre era facile distinguere l’abitazione dalla stalla, botteghe in cui si svolgeva la vita economica di quei secoli. E ancora i numerosi monasteri e le tantissime chiese, punti di riferimento religioso e civile per i nostri avi. L’alimentazione era basata essenzialmente su cereali e legumi, per questo i mercati medievali erano ricchi di venditori di ceci, cicerchie, piselli, fagioli, miglio, fave e avena. Già a quell’epoca si friggevano le pettole e gli straccetti e non si disdegnava un boccale di buon vino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La quasi totalità delle botteghe era occupata da artigiani. Nella perfetta ricostruzione realizzata a Bitetto, ci imbattiamo negli emuli di alcuni di essi che ci descrivono queste antiche professioni. Il cuoiaio, per esempio, realizzava i foderi per i pugnali e le spade, i borselli portamonete e le scarselle, antenate delle odierne borse.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’osbergaio invece fabbricava protezioni per i soldati. Il suo nome deriva dall’usbergo, una rete fittissima di circa 30.000 anelli in ferro che andavano a costituire una protezione per tutto il corpo. «Per realizzarlo – racconta il moderno osbergaio bitettese – si usava il mandrino, un macchinario attorno al quale si avvolgeva il filo di ferro ottenendo una molla. Questa veniva tagliata con una tenaglia in tanti anelli che poi l’osbergaio intrecciava manualmente uno a uno fino a realizzare gi usberghi, ma anche i camagli e le muffole armate, protezioni rispettivamente per la testa e le mani».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Restando in ambito militare, molto scrupoloso doveva essere anche chi fabbricava archi e frecce. «La velocità delle frecce è proporzionale alla lunghezza dell’arco –osserva uno dei figuranti della ricostruzione storica di Bitetto –. Nel corso dei secoli le frecce furono sempre più perfezionate e fatte in modo tale che, scagliate da 50 metri, potessero allargare gli usberghi e traforare le protezioni in cuoio e addirittura le armature».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche i giochi dei bambini e gli utensili per la casa erano spesso ispirati all’arte bellica: pugnali e scudi in legno per i piccoli soldati e tagliacarte a forma di spade. Camminando per le strade dell’antica Bitetto si incontrano anche fabbri intenti a forgiare le armature, ceramisti, tessitrici, mercanti di collane e ornamenti personali, scultori e iconografi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E non poteva mancare nel Medioevo, come in ogni epoca, il bordello. Efficace e ironica la ricostruzione realizzata a Bitetto: simpatiche ragazze ammiccanti che tentano di adescare i passanti, invitandoli a versare qualche denaro al loro “protettore”, il tutto sotto gli occhi di un gruppo di frati di passaggio. Tutto ciò mentre le strade si popolano di altri pittoreschi personaggi come i mimi, gli attori e le chiromanti che leggono tarocchi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Allora c’era spazio anche per il divertimento. Antenati dei nostri giochi d’azzardo erano il buttainbotte e la corsa dei topi. Il primo prevedeva che il concorrente pagasse una certa somma per poter lanciare tre saccocce verso un bersaglio. Se avesse fatto centro avrebbe azionato un meccanismo che a sua volta avrebbe spinto lo “sfidante”, il gestore del gioco, in una botte piena d’acqua. La corsa dei topi invece si svolgeva all’interno di una cassetta rettangolare divisa in più corsie. In ognuna di esse venivano posti a un estremo un piccolo roditore e dalla parte opposta un pezzo di pane o di formaggio. I concorrenti puntavano il denaro sul topo preferito, sperando che fosse proprio lui a correre più veloce degli altri e a raggiungere il cibo per primo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Altri tempi.
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