Acquaviva, Gioia e Mellitto: lì dove sono nascoste le incontaminate oasi del Wwf
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giovedì 1 giugno 2017
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di Angela Pacucci
Coglierne appieno i colori e gli odori è possibile solo attraverso delle visite guidate prenotabili contattando le sezioni locali dell'ente: i territori protetti infatti, seppur sempre aperti al pubblico, spesso non sono neppure segnalati da cartelli, frequentemente rimossi da pastori e cacciatori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il rifugio di Mellitto - Situato a Mellitto, frazione di Grumo Appula a 400 metri di altitudine, fu donato al Wwf nel 1992 dalla famiglia Colombo. I suoi sei ettari di estensione sono lasciati volutamente in abbandono in modo da favorire il ripristino dell'assetto murgiano originario: boschi di mandorli e ulivi crescono così liberamente e senza alcun trattamento chimico, cosa che permette ai rapaci di poggiarsi sui rami e ai roditori di entrare nelle fessure del tronco. Qui sono presenti anche orchidee selvatiche, roverelle e querce secolari, tra le quali si nascondono gufi, civette, capinere, donnole, ricci e rettili come il tritone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oasi Gioacchino Carone - Anche in quest'area di tre ettari di Acquaviva delle Fonti si punta a ristabilire la vegetazione spontanea. Si tratta di un'arida prateria mediterranea che consente la crescita del fico d'India e ospita rettili come la luscengola, il biacco e il colubro leopardino. Qui è anche in atto una riforestazione con piante autoctone come la quercia spinosa, la ginestra e il cisto: su di esse si posano spesso cinciallegre, fringuelli, pettirossi, capinere, falchi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oasi Cesare Soria - Sorge a Gioia del Colle, in località Marzagoglia ed è la più ampia delle quattro oasi con i suoi 30 ettari di superficie. È divisa in due parti: l'aia grande e il bosco. La prima ospita 60 querce plurisecolari, le più antiche della Murgia, 24 delle quali superano i tre metri di circonferenza, mentre la seconda è caratterizzata dalla massiccia presenza di cespugli di biancospino e da una gigantesca roverella al suo ingresso. Da queste parti si incrociano talpe romane, volpi, tassi, faine, lupi e rettili come la lucertola campestre, il ramarro, il colubro leopardino e il biacco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oasi Bosco Romanazzi - Istituita a Gioia del Colle grazie a una donazione anonima, è una delle poche zone boschive pugliesi storicamente immuni da incendi e cemento. I suoi 12 ettari si sviluppano a 400 metri di altitudine nelle vicinanze di Monte Sannace, sito archeologico dove sono conservati i resti di un abitato degli antichi Peuceti del X secolo a.C.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo andati a visitare quest’ultimo parco (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per raggiungerla da Bari è necessario guidare lungo la statale 100 in direzione Taranto e imboccare l'uscita "Gioia del Colle est". Lo svincolo immette nella strada provinciale 106: la percorriamo in direzione Putignano per circa tre chilometri e mezzo prima di svoltare a destra in una stretta lingua d'asfalto che conduce dinanzi la chiesa dell'Annunziata. È proprio da qui, dove è situato un banchetto dell’organizzazione ambientalista, che comincia l'esplorazione: ad accompagnarci c'è Dino Ippolito, vicepresidente del Wwf Alta Murgia - Terre peucete.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Subito diamo uno sguardo alla chiesetta, probabilmente realizzata dai longobardi nel X secolo: la sua semplice facciata in pietra è contraddistinta da un portale in legno, un rosone centrale e un piccolo campanile. L'interno è abbellito da una serie di affreschi da poco restaurati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci inoltriamo quindi nella natura incontaminata della zona. Lungo il sentiero notiamo graziose orchidee selvatiche di colore rosa, piante di timo dal profumo pungente e una ferula variopinta. «Quest'ultima è molto particolare - spiega Dino - perchè costituisce cibo per molti insetti e ha un legno che quando si secca diventa leggerissimo: pensate che un tempo veniva usato dai pastori per creare dei banchetti per la mungitura degli animali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Superiamo poi un muretto a secco praticamente distrutto. «Cerchiamo spesso di sistemarlo - sottolinea la guida - ma il frequente passaggio di greggi di pecore lo danneggia di continuo: per lo stesso motivo non abbiamo ancora installato alcun segnale per i visitatori. I curiosi devono anche stare attenti ai cacciatori: per questa ragione vorremmo recintare l'area con una barriera alta almeno un metro e 20 centimetri, in modo da poter imporre il divieto all'attività venatoria».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perlomeno il paesaggio, puntellato da trulli e masserie "abitati" solo da pipistrelli, continua ad offrire un rilassante silenzio scalfito solo dai suoni della natura. Mentre scarpiniamo un falco grillaio svolazza sopra le nostre teste. «È un rapace che arriva in Puglia a marzo e torna in Africa a settembre - evidenzia il nostro cicerone -. Spesso nidifica nei centri storici della Murgia: per esempio a inizio maggio ne abbiamo censiti 398 solo tra le case di Gioia del Colle».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Tra gli altri animali che popolano la zona - prosegue Ippolito - ci sono la tartaruga di terra, l’istrice, la volpe, il riccio, la talpa e anche il mustiolo, il mammifero più piccolo d’Europa che somiglia a un topolino. Occorre però avere buon occhio per scorgere queste rarità».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Altri delicati vegetali impreziosiscono la nostra escursione, mentre il tramonto si fa sotto con i suoi accesi colori. Si va dal tasso barbasso, specie dotata di fiori gialli e foglie morbidissime a delle graminacee argentate chiamate "capelli di fata", passando dal violetto offerto dai petali "stropicciati" dei cisti. Incrociamo anche i cosiddetti "sonaglini", con le loro spighe che urtandosi producono un rumore simile a quello dei sonagli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Arriviamo ora su un belvedere naturale, da dove è possibile ammirare la cava di Monte Rotondo, profonda almeno sessanta metri e non più utilizzata dagli anni 80. Ma è ormai tempo di tornare indietro: il sole sta lambendo l'orizzonte e l'oscurità sta per calare anche su questo piccolo angolo di pace rurale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Scritto da
Angela Pacucci
Angela Pacucci