La storia dello stabilimento De Laurentis: quando Santeramo era una piccola Bordeaux
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martedì 29 agosto 2017
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di Eva Signorile
E’ lì dalla fine dell’800, da quando cioè il suo ideatore, Luigi Patroni Griffi De Laurentis, decise di farne una grande cantina vinicola che avrebbe rifornito mezza Europa di pregiato nettare degli dei. Un progetto ambizioso che naufragò purtroppo dopo pochi anni. E così dal lontano 1914 il grande palazzo giace praticamente inutilizzato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo andati a visitare l’ex stabilimento, raggiungibile attraverso la strada provinciale 236 che collega Santeramo a Matera. Poco prima di incrociare la Sp 41 sulla sinistra si stacca una viuzza di campagna che porta dopo pochi metri davanti all’inconfondibile profilo della struttura. (Vedi foto galleria)
Dopo aver varcato due colonne si apre una stradina sterrata che conduce all’edificio, per una parte del cammino affiancata a un tunnel, che costituiva l’accesso diretto dei carri alle cantine sottostanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il palazzo in pietra presenta come detto una facciata rettangolare, sormontata da un doppio tetto a piramide tronca. Perfettamente al centro si trova il portone d’ingresso che conduce a tre livelli (seminterrato, pianoterra e primo piano) e sul quale domina l’emblema della famiglia Patroni Griffi: due leoni che reggono uno scudo sormontato da una corona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di entrare l’altamurano Alessio Lanzone, uno dei nuovi proprietari assieme ai fratelli Filippo e Giovanni Martimucci, ci illustra la storia dello stabilimento. «La costruzione dell’edificio, iniziata nel 1882, richiese otto anni – ci racconta – al termine dei quali entrò subito in funzione. Alla sua inaugurazione presenziò addirittura il re d’Italia Vittorio Emanuele III».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In effetti l’edificazione di questa cantina si inquadra in un periodo di grande dinamismo per la viticoltura locale. Negli ultimi trent’anni di quel secolo infatti il mercato internazionale si era trovato privato dei vini francesi a causa di una devastante epidemia di filossera che aveva decimato i vigneti d’Oltralpe.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È in questo vuoto che si inserirono i contadini e i proprietari terrieri pugliesi e, fra questi, anche Luigi Patroni Griffi De Laurentis, che decise di metter su questo edificio circondato da un’enorme distesa di vigne. Lo fece realizzare copiandolo da un altro, identico, che aveva visto a Bordeaux, città francese nota per l’omonimo e pregiatissimo vino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la storia produttiva della cantina ebbe vita breve: si arrestò intorno al 1914. «L’uva contrasse la peronospora, una malattia che li decimò - spiega Filippo Maritmucci –. Poi De Laurentis morì poco dopo e gli eredi non riuscirono più a far ripartire la produzione». E da quel momento lo stabilimento scivolò nell’oblìo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che visitare l’ex tenuta. Per entrare dobbiamo recarci alle sue spalle, dove si trova l’ingresso alla corte interna introdotta da un imponente leccio. Oltre la sua chioma si apre un viale sterrato che conduce a una masseria: era lì che risiedeva il proprietario quando si tratteneva per più giorni nella sua azienda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo ora nel cortile dello stabilimento, dove sono presenti due palazzine gemelle dove alloggiavano alcuni dipendenti. Da qui, aperto un grosso portone, ci troviamo finalmente nell’edificio principale, il cui pavimento è costituito da un parquet originale dell’epoca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’interno si articola su tre campate in cui si susseguono archi a botte. Gli ambienti sono molto ampi e le volte alte. Anche se chiuso al pubblico e disabitato, qui tutto è lindo. Nel bianco generale spiccano le sagome scure di tre enormi e antichi tini: sono ciò che rimane dei sedici contenitori in rovere di Slavonia che occupavano tutta l’area, insieme a sei file di botti. I tini erano destinati alla fermentazione dell’uva nera e avevano una capacità di 200 ettolitri l’uno. Il vano seminterrato era ampio quanto quello superiore ed era destinato alle cantine. Qui, sul finire dell’800, pare trovassero posto due cisterne rivestite in cristallo di Boemia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Insomma nell’azienda De Laurentis si pensava e si facevano le cose in grande. Peccato che questo sogno produttivo durò così poco. Ma c’è un “però”. Perché a più di cento anni dalla sua chiusura i suoi nuovi proprietari vorrebbero regalare alla tenuta una nuova vita. «Proprio nel 2017 abbiamo piantato diversi vitigni – sottolinea entusiasta Lanzone –. L’idea è quella di coltivare ancora una volta uva, per ripartire con la produzione di vino, per la precisione primitivo di Gioia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un progetto che dovrebbe vedere la luce nel giro di tre anni, ridando dopo così tanto tempo dignità a questo luogo così ambizioso e così dimenticato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- MASSIMO RAIMONDI - affascinante questa storia .mi piacerebbe tanto fare una chiaccherata con i propretari della tenuta o con la signora eva signorile grazie
- Marc Jacquat - Bonjour madame Signorile, j'espère que vous allez bien? J'ai lu votre article sur le bâtiment "De Laurentis". Savez-vous à qui il appartient (propriétaire)? Merci. Marc