I sarti di Bari: «Siamo in estinzione, i giovani non impugnano più l'ago»
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lunedì 20 gennaio 2014
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di Gabriella Quercia
«Sartorie non ce ne sono quasi più - sottolinea Moschetti, che abbiamo incontrato nel suo negozio di via De Rossi (vedi video e foto galleria) -. L’industria tessile si è talmente perfezionata che ormai non c’è più spazio per l’artigianalità, per gli abiti su misura. Ormai lavoriamo più che altro modificando vestiti già confezionati». Il signor Martino ricorda quando iniziò «a cucire usando gli scarti dei tessuti utilizzati per le divise dei militari» e spiega come disegnare vestiti femminili gli abbia permesso «di dar libero sfogo al mio estro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una disamina, quella dell’anziano sarto, che è confermata anche dal più giovane collega Felice De Damiani, 57enne che crea abiti in via Putignani (vedi video e foto galleria). «Per far sopravvivere questa figura professionale – dichiara - ho fondato nel 2003 assieme ad altri sarti un’associazione, l’Asim (Associazione sartoriale interregionale mediterranea). Attraverso corsi che promuoviamo in vari istituti professionali cerchiamo di infondere la passione e fornire alle nuove generazioni gli strumenti per continuare il nostro lavoro. Ma non è così semplice».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«È più facile che una ragazza vada a fare la cameriera piuttosto che impugni un ago», ribadisce infatti Maria Ranieri, 54 anni di cui 44 passati con ago, filo e ditale (vedi foto galleria). «Ho persino dato a mia figlia il mio stesso nome per far sì che desse continuità alla sartoria – sottolinea la donna - ma a lei questo mestiere non interessa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Maria ci racconta la sua storia. «Ho iniziato a 16 anni cucendomi da sola un vestito. Non so come spiegare, ma ho sempre sentito una passione innata per questo lavoro. Anni fa aprii assieme ad altre colleghe una nostra ditta: ci chiamavano le “4 moschettiere” perché eravamo donne ma soprattutto eravamo in gamba. Poi le cose non sono andate come dovevano e abbiamo chiuso. Dal 1999 sono qui (in Via Buccari 69) e nel mio laboratorio creo abiti sartoriali per tutte le occasioni (persino spettacoli teatrali) ed effettuo riparazioni. I lavori più strani che ho fatto? Beh, ricordo ancora quando un ballerino di colore mi chiese di modificargli lateralmente dei pantaloni per strapparli come facevano i Village People. E poi come dimenticare una signora di 60 anni che volle un abito semi trasparente in pizzo turchese. Voleva togliersi uno sfizio e l’ho accontentata. Altrimenti perché esisteremmo?».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Eppure accanto a sarti che “resistono” e che non riescono a vedere nelle nuove generazioni il futuro della propria professione, ce ne sono altri che invece aprono nuovi esercizi che sembrano funzionare. A parte le grandi catene sartoriali che offrono riparazioni a prezzi modici anche negli ipermercati (come la “Planet”), piano piano stiamo assistendo alla nascita di sartorie gestite da gente che viene da molto lontano: i cinesi. Di fatto gli asiatici (come molti altri stranieri) fanno i mestieri che gli italiani non vogliono più fare e approfittano della poca concorrenza per sfondare sul mercato, praticando anche prezzi più bassi.
Una di queste, la “Sartoria Matteo”, si trova in via Montegrappa: il proprietario è cinese e lavora nel negozio assieme alla moglie. «Siamo in Italia da 14 anni e da quasi 4 mesi abbiamo questa sartoria in cui effettuiamo riparazioni e modifiche – dice -. Siamo aperti tutti i giorni tranne la domenica pomeriggio. In Cina ho imparato il mestiere e qui in Italia lo sto mettendo in pratica». Gli chiediamo: «Ma i baresi rispondono bene?». E “Matteo” accenna un sorriso e con inconfondibile accento cinese ci risponde: «La clientela c’è, c’è».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il nostro viaggio tra le sartorie di Bari, in un video di Carlo Gelardi:
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