di Nicola Paparella

Il Flair, quando il barman diventa acrobatico: «Ma a Bari sono capaci in 5 o 6»
BARI – E’ diventato famoso grazie al film “Cocktail”, nel quale il giovane barman Tom Cruise, mentre preparava le bevande, si divertiva con spettacolari acrobazie e volteggi effettuati con le bottiglie, ammaliando gli avventori di un locale di Manhattan.  Parliamo del “flair bartending” (o semplicemente del “flair”, in inglese “volteggio”): quell’insieme di movimenti e tecniche acrobatiche utilizzate dal barista durante la preparazione di un cocktail, atte a intrattenere i clienti. Dai lanci di contenitori e bottiglie (per poi afferrare gli stessi magari dietro la schiena) ai versaggi multipli di liquori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma come si impara il flair? Ci sono barman capaci? E soprattutto ci sono proprietari di locali che investono in questo tipo di spettacolo, magari rischiando la rottura di qualche bicchiere o bottiglia? A Bari assistere al flair è in realtà cosa veramente rara.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il flair è un valore aggiunto – afferma Nicola Milella che lavora in un locale sul lungomare di Bari (vedi video 1) -. Ma nel capoluogo pugliese siamo in pochissimi a metterlo in pratica. Dai gestori ci viene chiesta la velocità nel servire: il cliente non deve aspettare. E quindi è difficile riuscire a dilettarsi nei volteggi.  Anche se quando riesco a fare un po’ di flair la gente non sbatte neanche le palpebre per paura di perdersi un passaggio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Qui non c’è molta cultura del flair, ma prima di tutto non c’è la cultura del barman, che è visto solo come colui dispensa alcool - afferma Angelo Lodispoto, 26enne barman acrobatico che lavora in un locale a Bitonto (vedi video 2) -. Quando faccio flair il pubblico però risponde sempre con entusiasmo, è decisamente un tipo di spettacolo che attira i clienti». Anche se, come sottolinea Flavio, che lavora in un locale in piazza Mercantile «è soprattutto il contenuto del cocktail a interessare il cliente. Per quanto il flair sia spettacolare, conta di più l’approccio col cliente e la fantasia nel preparare le bevande».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Maestro indiscusso del flair in terra di Bari è il 31enne Alessandro Manzari, di Palese, che ha anche vinto una gara mondiale di questa disciplina. «Partiamo subito col dire che fuori dall’Italia il flair è molto più apprezzato – afferma Alessandro -. Attualmente lavoro a Londra, dove c’è più libertà d’espressione in tal senso. Qui è un fenomeno che è stato mutuato male in moda: molti si improvvisano barman freestyle ma finiscono con lo scimmiottare i movimenti e sbagliare, sporcando dappertutto. Insomma c’è molta, troppa improvvisazione. Questa per me è un’arte e ci vuole esercizio e dedizione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


In effetti per praticare il flair bisogna essere dotati di grande manualità. A Bari ci sono corsi ad hoc, tra cui quello tenuto dall’istruttore Luca Morelli, proprietario di un locale a Bari vecchia. «Ho formato molti baristi – ci confida -. A Bari sono in pochi a saperlo fare, un 5 o 6 in tutto (vedi foto galleria). Insegno quelle che si chiamano “routine”, l’insieme di movimenti finalizzati a fare scena. I più importanti sono il “flip”, che consiste nel lanciare la bottiglia in aria facendola capovolgere per poi afferrarla, lo “spin”, cioè far ruotare il bicchiere sul palmo della mano e il “flat”, che prevede il lancio della bottiglia per poi afferrarla con la mano dietro la schiena».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma anche Luca è dello stesso avviso degli altri: «Qui non è molto in voga perché spesso i banconi dei locali risultano essere troppo stretti per questo tipo di esibizione e il cliente preferisce bere subito piuttosto che vedere evoluzioni e lanci di bicchieri per aria. In definitiva i proprietari non la richiedono perché fa perdere tempo, la vedono come una cosa fine a sé stessa». E conclude: «Dieci anni fa il flairtending andava di moda, ma è anche vero che stava diventando troppo inflazionato.  Si era tra l’altro perso di vista quello che è il vero obiettivo di un barman e cioè preparare un buon cocktail al cliente. Noi istruttori ironizziamo spesso su questa cosa. Nel senso, sei bravissimo a fare flair, ma il Negroni dov’è?».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel video 1 l’esibizione di Nicola Milella:


 
Nel video 2 l’esibizione di Angelo Lodispoto:




 


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Il barman freestyle Angelo Lodispoto mentre esegue un'evoluzione di flair
Alessandro Manzari, barman di Palese, vincitore di una gara mondiale di flairtending
Luca Morelli, istruttore di flair, durante uno spettacolo
Nicola Milella mentre esegue freestyle



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