Professione sommelier: «Senza di noi al ristorante il vino si serve male»
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martedì 3 febbraio 2015
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di Annamaria Lacalamita
Ma sembra invece che la stragrande maggioranza dei ristoranti abbia deciso di fare a meno di questa figura, a cui non resta che fare bella mostra di sé solo durante sagre ed eventi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«I ristoranti stanno soffrendo la crisi economica – sottolinea il 53enne Raffaele Massa, delegato barese dell’Associazione italiana sommelier – e per questo risparmiano sul nostro compenso. Preferiscono magari pagare camerieri che hanno frequentato un corso e che sono più o meno in grado di consigliare al cliente un abbinamento cibo-bevanda».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Perché un sommelier costa di più rispetto a un cameriere – conferma il 41enne sommelier barese Giuseppe Leonetti –. Il nostro “onorario” cambia a seconda delle ore di lavoro e del tipo di ristorante, ma sicuramente noi offriamo un servizio professionale, a differenza di chi si improvvisa esperto, che magari non ama neanche il vino e che di certo non conosce la cantina del ristorante. In questi casi c’è il rischio di sbagliare e servire vini deludenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il punto allora è: come riconoscere un vero esperto da un dilettante?
«Punto primo – sottolinea Massa - il sommelier assaggia il vino prima del cliente, per accertarsi che sia di qualità e che non abbia difetti, mentre spessissimo ci troviamo di fronte a camerieri che servono la bevanda senza capire che cosa hanno messo in tavola». «C’è chi addirittura apre la bottiglia lontano dal tavolo, quando invece va stappata vicino al cliente», continua Lory Ignone, 27enne chef e sommelier di Carovigno, che si sofferma sull’importanza di «”spiegare” un vino, di raccontarlo». «E non tutti i tappi vanno odorati: quelli di sughero sì ma quelli di silicone no», sottolinea Leonetti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per chi serve il vino, c’è tutto un iter da seguire. Per prima cosa il sommelier pulisce la bottiglia col tovagliolo e la porta al tavolo per mostrare l’etichetta e annunciarne il nome, la cantina, l’annata e la gradazione alcolica. Dopo, riporta la bottiglia sul tavolo di servizio (un carrello o tavolino su cui sono riposti gli attrezzi del mestiere), sempre però con l’etichetta rivolta verso il cliente. A quel punto incide la parte alta del collo della bottiglia per togliere la capsula di stagnola e per poi inserire il cavatappi al centro del tappo, per farlo uscire in un solo colpo, senza rischiare di danneggiare il sughero i cui residui potrebbero cadere nel vino. Il tappo viene tolto con il tovagliolo senza far nessun "botto". Segue l’uso del frangino, un piccolo tovagliolo bianco di cotone con cui viene pulito il collo della bottiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il sommelier a quel punto versa un po’ di vino nel bicchiere di servizio ed esegue l’esame visivo, olfattivo e gustativo. L’esperto può anche avvalersi di un termometro atto a valutare la temperatura della bevanda. «Per la degustazione visiva, si porta il bicchiere all’altezza degli occhi e si valuta la limpidezza, il colore, la consistenza e l’effervescenza del vino – ci informa la sommelier barese Angela Giasi -. L’esame olfattivo invece consiste nell’avvicinare il bicchiere al naso e inspirare a intervalli regolari, prima ruotando lentamente il bicchiere, poi più velocemente. In questo modo si valuta l’intensità e la complessità, cioè la gamma dei profumi individuabili. In queste bevande sono presenti 250 sostanze odorose che possono essere riconducibili a piante, frutta e fiori. Nell’ultimo esame si beve una piccola quantità di vino per tastare la sua qualità, la sua morbidezza (data dagli zuccheri, dagli alcoli e dagli polialcoli) e la sua durezza, data dagli acidi, dai tannini e dai sali minerali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Se la bevanda è perfetta, l’esperto inizia a servirla in senso orario partendo dalla sua destra. Si servono prima le donne, partendo da quelle apparentemente più anziane e poi gli uomini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Curiosità: il simbolo dei sommelieri, il “tastevin”, piccola ciotola in argento o metallo argentato che si portava appesa al collo con una catenina, oggi non viene più utilizzata ed è stata sostituita dai bicchieri di degustazione. L’abbigliamento invece varia a seconda del lavoro che si deve svolgere. «Le divise sono due - ci spiega la 25enne sommelier Valentina Lillo di Ginosa - quella di servizio consiste in una camicia bianca, grembiule lungo, pantalone nero e scarpe scure mentre per gli eventi più formali, per le donne un tailleur con giacca blu e foulard e per gli uomini smoking e cravatta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma dove si imparano tutte queste regole? Nessuno può improvvisarsi sommelier, la scuola alberghiera può essere un trampolino di lancio, ma per diventarlo bisogna ottenere un diploma presso una delle associazioni professionali italiane: l’Associazione internazionale enogastronomi sommeliers, la Federazione italiana sommelier albergatori ristoratori e l’Associazione italiana sommelier. E il segreto per diventare bravi? «Semplice – risponde Valentina – bisogna degustare il più possibile. Più calici di vino bevi, più vini assaggi e più facilità hai nel riconoscere un vino». Senza esagerare chiaramente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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Scritto da
Annamaria Lacalamita
Annamaria Lacalamita