di Stefania Buono

Turbanti colorati, feste vegetariane e pugnali proibiti: è la comunità barese dei
BARI - Sono solo duemila in tutta la Puglia, ma si distinguono facilmente perché portano turbanti dai colori sgargianti sulla loro testa. Non sono né induisti né musulmani, rappresentano invece una religione indiana poco conosciuta in Europa: il Sikhismo, culto monoteista che prevede la meditazione e l’osservanza dei dettami del Sri Guru Granth Sahib ji, il libro sacro che riporta gli insegnamenti di dieci guru che si sono succeduti dal 1469 al 1708.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
I sikh baresi sono all’incirca cinquecento e si riuniscono dal 2012 a Bitritto, per pregare nel tempio “Gurdwara”. Il loro luogo di culto rappresenta un punto di incontro in tutto e per tutto e infatti qui vengono anche organizzati pranzi in comunità, chiamati “Langar”, durante i quali chiunque (sikh e non sikh) può entrare e mangiare gratuitamente il cibo serviti, rigorosamente vegetariano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Abbiamo avuto modo di incontrare alcuni di loro in occasione del Sikh Fest Bari 2016, una manifestazione tenutasi lo scorso sabato 23 aprile in via Sparano, con l’obiettivo di far conoscere la propria religione e  tradizione (Vedi foto galleria). «È un evento che viene organizzato tutti gli anni in diverse città italiane – chiarisce il 31enne Harpreet Singh Saini, uno degli organizzatori dell’evento che porta sulla testa un turbante color fucsia-. Per la prima volta siamo riusciti a portarlo in Puglia. E non sarà l’ultimo: presto se ne terrà un altro a Foggia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra di loro c’è Hardev: è un uomo alto, ha i baffi e una lunga barba grigia e indossa un turbante di color giallo chiaro ha 58 anni, abita a Gioia del Colle e oltre a lavorare in campagna (cosa che faceva anche in India) cerca di guadagnarsi da vivere facendo le pulizie.  «Quasi tutti i sikh si occupano di agricoltura e io sono anche un insegnante di danza», ci racconta sorridendo Saini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Secondo il loro libro sacro il vero discepolo deve avere barba e capelli lunghi (il principio del Kesh), portare sempre con se un pettine di legno (chiamato Kanga), un bracciale in ferro (il Kara), un piccolo pugnale appuntito (il Kipran) e indossare dei particolari pantaloncini come biancheria intima (detti Kachera).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
«Queste “cinque K” (per via delle iniziali) hanno tutte un valore simbolico per il nostro credo – afferma Harpreet -. Solo che qui in Italia non ci è possibile portare il Kipran, che ci viene sequestrato in aeroporto poiché considerato un’arma. In altri paesi europei e negli Stati Uniti invece viene riconosciuto come simbolo religioso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Durante l’evento barese i sikh hanno distribuito libricini e dépliant contenenti alcune informazioni sulla loro storia e nonostante un italiano non perfetto hanno cercato di rispondere alle domande dei curiosi che si avvicinavano al loro gazebo. Ma il fulcro dell’evento è stato il turbante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quest’ultimo (detto anche “dastar”, in lingua punjabi) ha un valore simbolico per i devoti sikh poiché è un oggetto donato loro dai guru e rappresenta la connessione con Dio da un punto di vista spirituale: l’indossarlo permette di vivere in conformità con gli insegnamenti dei maestri indiani. Ma non solo. «Portando il turbante veniamo immediatamente riconosciuti come seguaci del sikhismo: è la peculiarità che ci unisce come fedeli e ci distingue dai devoti di altre religioni», ci racconta Saini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’uomo mostra ai presenti come fare a indossare il turbante. Il copricapo è piuttosto lungo (circa 4/5 metri) ed è quindi necessario piegarlo quattro volte in lunghezza per poterlo maneggiare. Uno di loro si siede e prima di avvolgere il velo attorno al suo capo, viene legato un piccolo foulard azzurro attorno alla sua fronte, chiamato “fifty”. Dopodiché il lungo copricapo viene pian piano avvolto diagonalmente sulla sua testa, così che vengano coperti capelli e orecchie. Alla fine il turbante viola scuro è bloccato all’altezza della fronte e della nuca, grazie all’aiuto di un paio di lunghi fermacapelli orientali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A quel punto viene chiesto ad alcuni volontari di sedersi per dare il via all’operazione di copertura del capo. Saini avvisa che chiunque può provare a "calzare" il simbolo del sikhismo, ma non deve fumare o assumere alcolici, perché ai sikh è proibito ogni tipo di dipendenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si fa avanti una giovane, si chiama Andreea e non è di religione sikh, ma rumena. La ragazza si accomoda e si lega i capelli per farli entrare perfettamente nel turbante: sceglie un velo di colore fucsia e con lei vengono  ripetute le azioni precedenti, che terminano quando le viene inserita una grossa spilla al centro del copricapo. Ora sembra avere in tutto l'aspetto di una sikh.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Abbiamo avuto modo di incontrare alcuni Sikh in occasione del Sikh Fest Bari 2016, una manifestazione tenutasi lo scorso sabato 23 aprile in via Sparano, con l’obiettivo di far conoscere la propria religione e  tradizione
Tra di loro c’è Hardev: è un uomo alto, ha i baffi e una lunga barba grigia e indossa un turbante di color giallo chiaro ha 58 anni, abita a Gioia del Colle e oltre a lavorare in campagna (cosa che faceva anche in India) cerca di guadagnarsi da vivere facendo le pulizie
Harpreet Singh Saini, uno degli organizzatori dell’evento che porta sulla testa un turbante color fucsia
Il fulcro dell’evento è stato il turbante. Quest’ultimo ha un valore simbolico per i devoti sikh poiché è un oggetto donato loro dai guru e rappresenta la connessione con Dio da un punto di vista spirituale: l’indossarlo permette di vivere in conformità con gli insegnamenti dei maestri indiani
Il copricapo è piuttosto lungo (circa 4/5 metri) ed è quindi necessario piegarlo quattro volte in lunghezza per poterlo maneggiare
Uno di loro si siede e prima di avvolgere il velo attorno al suo capo, viene legato un piccolo foulard azzurro attorno alla sua fronte, chiamato “fifty”
Dopodiché il lungo copricapo viene pian piano avvolto diagonalmente sulla sua testa, così che vengano coperti capelli e orecchie
Alla fine il turbante viola scuro è bloccato all’altezza della fronte e della nuca, grazie all’aiuto di un paio di lunghi fermacapelli orientali
L'uomo ha finalmente addosso il turbante indiano, detto anche "dastar" in lingua punjabi
A quel punto viene chiesto ad alcuni volontari di sedersi per dare il via all’operazione di copertura del capo. Si fa avanti una giovane, si chiama Andreea e non è di religione sikh, ma rumena. La ragazza si accomoda e si lega i capelli per farli entrare perfettamente nel turbante: sceglie un velo di colore fucsia e con lei vengono  ripetute le azioni precedenti, che terminano quando le viene inserita una grossa spilla al centro del copricapo



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