Cospirazioni, fughe e decapitazioni: quando a Grumo si respirava aria di carboneria
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venerdì 19 gennaio 2018
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di Giusy Rubino
A Grumo a capo dei rivoluzionari c’era Giovanni Scippa, che aveva costituito una cerchia chiamata "Bruto secondo". Fu proprio lui a ospitare e nascondere nel 1821 il napoletano Giuseppe Silvati e il calabrese Michele Morelli, carbonari perseguitati dalle truppe reali nell'allora Regno delle Due Sicilie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I due furono tra coloro che nel luglio del 1820 promossero un’insubordinazione dell'esercito, costringendo il monarca borbone Ferdinando I a concedere una Costituzione e a convocare un parlamento. Una decisione questa che al regnante non andò giù: con l'aiuto delle truppe austriache inaugurò una caccia spietata ai sovversivi, condannandoli a morte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Silvati e Morelli decisero così di fuggire in Grecia, trovando in Grumo il loro rifugio temporaneo ideale: una tappa intermedia prima di raggiungere Bari, lì dove una nave li avrebbe portati in salvo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Leggende popolari narrano che i due ex membri dell'esercito raggiunsero la costa di notte, attraverso cunicoli sotterranei. Travestiti da marinai si imbarcarono a Torre a Mare, ma ironia della sorte il natante che li ospitava venne spinto dalle correnti verso Dubrovnik, allora occupata dagli austriaci. Vennero quindi catturati e decapitati a Napoli nel 1822. Meglio andò a Scippa, esiliato ad Altamura e graziato nel 1830 dall'amnistia di Ferdinando II.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Di quell'avventura finita male oggi rimane una preziosa testimonianza: la sciabola di Silvati, donata da quest’ultimo a Scippa in segno di gratitudine. A custodirla, assieme a uno spadino del suo avo, è un discendente del carbonaro, anch'egli di nome Giovanni, che ci ha accolto nella sua casa in piazza Aldo Moro. (Vedi foto galleria)
«Tengo particolarmente a questi tesori - racconta l’uomo - dimostrano l'importanza che la mia famiglia ha avuto nella storia grumese. Leggendo antichi documenti e diari personali ho addirittura scoperto che furono gli unici in paese ad aver avuto il diritto di costruire una cappella privata all'interno di una chiesa del posto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giovanni ci spiega che un tempo i suoi antenati abitavano in un altro palazzo poco distante, in via Chiesa Madre: lì dove duecento anni fa si nascosero i due membri della società segreta. Raggiungiamo così l'edificio, situato al civico numero 9, a due passi dalla chiesa di Santa Maria Assunta. Purtroppo non riusciamo a visitare lo stabile, oggi proprietà della famiglia Giannini. «Non è possibile accedere al soppalco che fece da "tana" per i rivoltosi - chiariscono i possessori dell'immobile -. C'è un soffitto che copre ogni possibile apertura del solaio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Peccato, ma sulla mezzaluna del portone d’ingresso notiamo incise le iniziali di Giovanni Scippa, sormontate dallo stemma della casata: un leone rampante su una quercia, racchiusi in uno scudo militare. Un segno distintivo di quella piccola Grumo che voleva scrivere la grande storia italiana.
(Vedi galleria fotografica)
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Scritto da
Giusy Rubino
Giusy Rubino
I commenti
- Emma - Sono veramente felice che si scopra la storia dei nostro piccoli borghi, la cosa che mi rende felice e che siano i giovani a farlo. Tucci ciò sta a significare che si ha voglia di scoprire le nostre origini e comunicarle agli altri. Io nel mio piccolo condivideró tutto ciò. Bravissima Giusy💞