Divise, medaglie ed elmetti: è l'antica collezione di Piero, ''uniformologo'' militare
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mercoledì 31 gennaio 2018
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di Luca Carofiglio
La sua sorpendente raccolta comprende centinaia di uniformi, armi, medaglie ed elmetti italiani e stranieri risalenti ai due conflitti mondiali. «Sin da piccolo ho avuto un grande interesse per le guerre e la storia in generale - racconta il collezionista - ma a scuola spesso non approfondivamo questi argomenti, soprattutto quando si parlava del Ventennio fascista. Così prima cominciai a procurarmi dei manuali dettagliati a riguardo, poi a partire dal 1969 inaugurai quello che oggi è diventato il mio "assortimento" di cimeli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Mi accorsi infatti che toccare con mano gli oggetti che si studiano era tutta un'altra cosa - prosegue Piero -. Il mio primo "gioiello" lo trovai al Baloon, mercato delle pulci di Torino: un copricapo del 1916 pagato 1700 lire, cifra importante per l'epoca. Oggi vale 50 volte tanto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Già, perchè questi reperti hanno un valore sia storico che economico. Il prezzo varia in base al loro stato di conservazione, all'anno a cui risalgono e al numero di esemplari simili in circolazione. Le cifre crescono poi se è possibile sapere con precisione a quale soldato siano appartenuti e quanto più "graduato" sia stato il militare in questione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma dove si recuperano questi particolari indumenti? «Prima dell'avvento di internet era fondamentale iscriversi ad associazioni del settore - spiega l’ex primo capitano del corpo militare della Croce rossa -, oggi per fortuna ci sono diversi forum online dove ciascun collezionista può scambiare il vestiario raccolto. Occhio però alle truffe: in commercio ci sono diversi "falsi" che riproducono fedelmente gli abiti originali e sono difficili da riconoscere. A Bari oltre a me ci sono solo altri due uniformologi e spesso ci confrontiamo per evitare di cadere in tranelli del genere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Gli esperti in materia devono anche essere pronti a "sporcarsi le mani", cioè a rovistare nei magazzini delle caserme, setacciare i luoghi di famose battaglie e contattare i discendenti di chi decenni fa fu mandato a combattere al fronte. «Tempo fa riuscii ad accedere in un deposito dell'esercito - racconta il 68enne -. Fermai un camion colmo di vecchi caschi: me ne feci lanciare uno dall'autista, entrando così in possesso di un elmo risalente al 1928».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Piero conserva gelosamente la collezione nei suoi spazi privati, ma in questi giorni parte della raccolta è esposta in una mostra all'interno di Palazzo Gioia, a Corato. L'abbiamo visitata. (Vedi foto galleria)
Il primo pezzo che osserviamo è un'uniforme da sergente maggiore della Grande guerra: il suo colletto rosso carminio è decorato con due stellette bianche e sulle spalle è appoggiato un portacaricatori in pelle. In una vetrina vicina spicca un cimiero impreziosito da fregi dorati e una vistosa croce in ferro, appartenuta a un membro del glorioso reggimento "Savoia cavalleria".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In un'altra teca risaltano piccoli accessori come portasigarette, bussole e un’agenda militare ufficiale dell’anno 1916. Ci sono anche due elmetti particolari. «Risalgono rispettivamente al 1915 e al 1916 - commenta Violante - e furono i primi colorati in grigio-verde mimetico in Italia». Notiamo poi un altro copricapo interessante: è un Adrian, modello scolorito dall'acqua ritrovato sul letto dell'Isonzo, il fiume goriziano tristemente famoso per le battaglie con gli austroungarici avvenute tra il 1815 e il 1917.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ammiriamo in un angolo anche una divisa italiana "innovativa": prodotta nel 1919, fu la prima a caratterizzarsi per la tinta mimetica. Fino ad allora infatti i colori adottati erano quelli dell'attuale Polizia di Stato. A poca distanza balzano all'occhio una maschera antigas inglese del 1917 e un casco dannunziano con tanto di occhiali paravento, affiancato da una protezione interna che serviva ad attutire i colpi subìti dalla testa degli aviatori durante il volo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Piero ci mostra poi con orgoglio il suo esemplare di "Pichelhaube". «È un caratteristico elmo a punta prussiano in ottone - illustra l'uniformologo -. Oggi vale migliaia di euro». Anche il suo fodero è prezioso: ne sono rimasti pochissimi pezzi in circolazione, visto che la tela con cui erano fabbricati era parecchio deperibile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E infine quello che forse è il reperto dalla storia più interessante: l'uniforme del barese Antonio Grimaldi, spirato a 20 anni sul Carso. «Mi è stata donata dai suoi discendenti – conclude Piero - e vale duemila euro. Le stellette che vedete sul colletto nei modelli successivi furono spostate sui polsi: erano un pericoloso segno di riconoscimento per il nemico pronto a sparare. Forse proprio quello che fu fatale al povero Antonio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio