Dal Faggio dei baracconi alla Quercia di Macrì: ecco i 74 alberi monumentali della Puglia
Letto: 10340 volte
venerdì 6 settembre 2019
Letto: 10340 volte
di Eva Signorile
Una lista (voluta dalla legge n.10 del 14 gennaio 2013) in continuo aggiornamento: l’ultimo dovrebbe essere pubblicato entro il 21 novembre, in vista della "Giornata dell'albero". Nel frattempo la Società botanica italiana ha presentato il volume "Alberi monumentali d'Italia", che illustra le più rappresentative tra le antiche piante del nostro territorio. Per la Puglia ne sono state scelte cinque: conosciamole. (Vedi foto galleria)
La prima è il "faggio della Foresta Umbra", anche conosciuto come il "faggio dei Baracconi" dal nome della località in cui si trova, nell’area di Monte Sant’Angelo. «Si tratta di un' importante testimonianza delle antiche faggete del Gargano, un tesoro boschivo entrato recentemente nel patrimonio dell'Unesco, proprio per via della sua antichità», ci spiega Rossella Milano, funzionaria del dipartimento Agricoltura, sviluppo rurale e ambientale della Regione. L'albero trascorre la sua vita tranquilla con i suoi rami contorti e frondosi che non sembrano accorgersi del tempo che passa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ecco poi la “roverella della Foresta Mercadante”, situata nella zona altamurana del noto bosco. Con i suoi 500 anni di età merita un posto di tutto rispetto tra i "nonni" di Puglia. Il suo tronco si è sviluppato orizzontalmente sul terreno e, all'altezza del primo ramo, presenta una notevole cavità diventata casa per tanti animali che qui hanno trovato rifugio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sempre nel barese si rivela un maestoso carrubo considerato il "patriarca" della sua specie nel territorio: ha diverse centinaia d'anni ed è ubicato in località La Grave a Polignano a Mare. Circa una ventina di anni fa una delle sue diramazioni principali si è spaccata, adagiandosi a terra, ma continuando indisturbata a vegetare: questo conferisce al vegetale un andamento bizzarro che lo distingue dagli altri. Il proprietario di un terreno confinante se ne prende cura amorevolmente, insieme ai "parenti" circostanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel tarantino, a Martina Franca, ci si imbatte poi il "fragno di Signorella", detto "U' Fragne", situato nella Riserva statale delle Murge orientali. Si tratta di un albero speciale: è riuscito a raggiungere dimensioni notevoli, insolite per la sua specie. Questo record è stato possibile grazie alla presenza nelle sue vicinanze di una riserva d'acqua.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L'ultima pianta compresa nel volume è l'imponente “quercia di Macrì” di Supersano, nel leccese, la cui chioma svetta quasi solitaria tra campi coltivati. Si tratta di uno degli ultimi esemplari di querce presenti nel bosco Belvedere: un'immensa distesa di verde che arrivava dal mare fino all'entroterra salentino, abbracciando l’area di ben 16 comuni. Comprendeva lecci, querce e castagni. Nel corso dei secoli però, gran parte di questo patrimonio è andato perduto per disboscamento e necessità agricole. La quercia Macrì resta però a testimoniare la ricchezza botanica di un passato ormai lontano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra gli alberi tutelati vale però la pena di ricordarne altri, seppur non inseriti nel libro. Ad esempio i quattro presenti a Bari: al pino di Carrassi e al leccio di Carbonara (di cui ci siamo già occupati) si sono aggiunti la fitolacca arborea e la “mangiafumo“ presenti nel giardini di Piazza Umberto. In provincia, a Toritto, c’è invece “l'albero delle bugie”. Il suo nome fa riferimento al fatto che sotto le sue fronde si riunivano gli abitanti del paese spesso dediti alla "maldicenza”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In Salento invece ecco la “lizza dei Briganti" a Vernole, così chiamata perché si racconta che i briganti amassero riunirsi vicino al suo tronco. Sempre nel leccese, a Tricase, si trova la “quercia vallonea dei cento cavalieri", così chiamata perché si racconta che in un giorno di pioggia l'imperatore Federico II di Svevia e il suo seguito si fossero rifugiati sotto la sua chioma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Infine i “giganti” di Puglia. Il “leccio di Martina Franca” ad esempio, il più grande della regione, con i suoi 5.40 metri di circonferenza. E i cerri di Monte Sant'Angelo, alti fino a 40 metri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una curiosità. Il censimento non comprende il patrimonio degli ulivi secolari pugliesi: un tesoro ricchissimo che, xylella fastidiosa permettendo, consta circa 5 milioni di piante. Il motivo di questa esclusione ce lo spiega Gian Pietro di San Sebastiano, presidente della sezione pugliese della Società Botanica Italiana. «Si è preferito dare priorità a vegetali spontanei, non coltivati – afferma -. Gli ulivi al contrario sono il frutto del continuo lavoro dell'uomo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per concludere ecco qualche anticipazione sui gioielli che faranno parte del prossimo censimento. Ce le rivela Rossella Milano: «Entreranno il ginepro di Torre Guaceto e una spettacolare sughera di 5.20 metri di diametro: è nascosta nell’agro di Ostuni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qui la lista di tutti gli alberi monumentali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Mchele - vorrei segnalarvi in agro di Corato un ulivo di 500 - 600 anni di cui si è occupato anche coratolive. https://www.coratolive.it/news/Attualita/279773/news.aspx