Monumentali e sopravvissuti all'uomo: sono gli otto "patriarchi verdi della Conca di Bari"
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giovedì 24 ottobre 2019
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di Eva Signorile
Nel frattempo però c’è chi, un po’ per interesse scientifico, un po’ per passione, si sta muovendo privatamente per scovare i “giganti” nascosti nel barese. È il caso di Rocco Carella, 46enne dottore forestale, che ha pubblicato un volume dal titolo “Patriarchi verdi della Conca di Bari”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel libro descrive 8 “vecchi signori” simbolo della vegetazione spontanea dei territori di Bari, Acquaviva delle Fonti, Binetto, Bitritto, Sannicandro e Valenzano. Si tratta di veri e propri “sopravvissuti”, perché concentrati in un’area molto cementificata e coltivata, che negli anni ha subìto un alto tasso di disboscamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«La loro salvezza sono state le lame – ci spiega Carella -. Questi alberi si trovano all’interno o nelle immediate vicinanze degli ex fiumi che solcano il barese: zone quindi di non facile accesso per l’uomo e dove le attività antropiche sono meno sviluppate».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo quindi andati a conoscere queste otto meraviglie, tutte piante che hanno una lunghissima vita alle spalle, anche di qualche secolo, come le loro dimensioni lasciano supporre. (Vedi foto galleria)
Partiamo proprio dalla città di Bari, lì dove nel quartiere Santa Rita, all’interno di Lama Picone, si trova abbarbicato su un costone roccioso un carrubo le cui proporzioni ci lasciano effettivamente ammutoliti. La sua chioma raggiunge i 20 metri di diametro, misura resa possibile grazie ai nove fusti che si innalzano in un affascinante groviglio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il suo fogliame non sta però benissimo. «L’albero sconta la sua vicinanza al tessuto urbano – ci dice l’esperto –. Una parte è stata brucata dalle capre che vengono qui a pascolare, in più qualche anno fa è stato vittima di un incendio estivo che l’ha intaccato considerevolmente. Purtroppo tutti gli alberi che ho monitorato, tranne uno, stanno mostrando segni di sofferenza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Spostandoci di pochi chilometri, raggiungiamo Loseto: qui, vicino a Lama Baronale, di fronte alla zona nuova del quartiere, si trova una grande e verde “quercia virgiliana”. Anticamente, soprattutto in epoca di carestia, le ghiande di questa specie erano consumate anche dall’uomo, tanto che in alcune zone d’Italia è chiamata anche “quercia castagnara”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un’altra quercia di questo tipo ci accoglie nel vicino comune di Valenzano nei pressi di Lama Cutizza: si trova all’interno di “Masseria Morrone”. Ma la terza virgiliana è la più imponente di tutte: si staglia in un campo del territorio di Binetto e la sua folta e larga chioma, che raggiunge i 25 metri di circonferenza, la si scorge già sulla provinciale Sannicandro-Grumo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A Bitritto si trova invece l’albero con il tronco più massiccio: è un “farnetto” e si affaccia sulla strada provinciale che collega questo comune ad Adelfia. Una parte della sua chioma è stata abbattuta da un fulmine circa 25 anni fa, ma prima di allora era ben visibile da un cavalcavia del rione barese di Santa Rita: a una distanza di circa 10 chilometri in linea d’aria. Ciò che lo rende ancora particolarmente interessante è il suo grande e rugoso fusto, il cui diametro “a petto d’uomo” (cioè a 130 centimetri dal suolo), raggiunge la misura di 4,08 metri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un altro grande farnetto lo si trova alle porte di Sannicandro, nei pressi di Lama Badessa. Come il precedente rappresenta un’eccezione all’interno di una specie a crescita molto lenta che offre dimensioni di solito contenute. E proprio nell’alveo di Lama Badessa, ma questa volta a Bitritto, verso Adelfia, troviamo la “quercia di Daléchamps”, la cui cupola tondeggiante si eleva a ben al di sopra degli ulivi che le stanno intorno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Infine, l’”ottava bellezza” è rappresentata da una “quercia di Palestina” situata ad Acquaviva delle Fonti. La incontriamo che svetta, solitaria e algida, al centro dell’aia di “masseria La Rena”. Delle querce presenti nel libro è l’unica sempreverde.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma, come detto, tutti gli alberi scoperti da Carella non godono di buona salute. Che cosa si potrebbe fare quindi per preservarli? «Basterebbe creare - risponde il forestale - un’ampia “fascia di rispetto” nei pressi di questi patriarchi, dentro la quale vietare qualsiasi intervento agricolo. Questo eviterebbe che se ne intacchino le radici, favorendone anche la riproduzione. Ma purtroppo in Italia la tutela del verde è ben al di sotto degli standard europei. Da un giorno all’altro ho visto sparire un enorme gelso rosso a Carbonara: in un qualunque altro Paese civile si sarebbe fatto di tutto per salvarlo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Scritto da
Eva Signorile
Eva Signorile
I commenti
- Vittorio - articolo molto interessante be documentato fotograficamente