La guerra, la città vecchia, le partite tra gli Alleati: è la Bari raccontata dal poeta Simonov
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giovedì 8 ottobre 2020
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di Mina Barcone
Konstantin risiedette infatti nel capoluogo pugliese nell’ottobre del 1944, vivendo in una villa situata nell’ex frazione di Palese. In quel periodo scrisse vari articoli e anche un ciclo di tre poesie: lavori in cui è spesso citata Bari.
Non è la prima volta che colleghiamo la città a nomi rilevanti del secolo scorso. Vi abbiamo parlato di un saggio di Italo Calvino che lodava la vivacità culturale pugliese, ma anche di un racconto poco noto firmato da Pier Paolo Pasolini, oltre che di citazioni provenienti dal mondo del cinema e della musica.
Si trattava però di piccoli omaggi, a differenza di ciò che è avvenuto con Simonov, che è riuscito a fornire un contributo non solo letterario, ma anche storico, documentando importanti momenti della vita barese di un tempo. Appunti pubblicati dopo il conflitto su un quotidiano sovietico e poi raccolti nel blog russo "Le sette arti" dal medico appassionato di storia Oleg Tatktov.
Ad esempio il suo nome è strettamente legato alla vicenda del soggiorno di Tito e all’arrivo dei russi a Palese durante la Seconda guerra mondiale. Konstantin, in qualità di militare, fu ospitato tra l’altro nello stesso edificio che accolse quattro mesi prima il “maresciallo”: Villa Vellina.
"Abitiamo a Villa di Vellina/ tre russi, tre amici recenti/ Le arance bussano di notte alle nostre finestre, se il vento è da sud/ Non sembrano affatto betulle/I cactus si profilano sotto le finestre...", scrive infatti il poeta in La prima neve dalla finestra del tuo appartamento.
Della dimora troviamo traccia anche nella prosa dei suoi diari di guerra. "Apro la finestra. La villa ha un cortile con palme e aranci. Per la prima volta nella mia vita vedo le arance proprio sui rami. Dietro un basso muro di pietra in lontananza c'è una tranquilla striscia blu del mare".
Ma Konstantin offre anche alcune osservazioni di carattere urbanistico. "Come la maggior parte delle città in Italia che ho visto in seguito, a Bari la parte nuova abitata dai ricchi è nettamente diversa dalla vecchia, dove vivono i poveri. Le strade nuove sono inondate di asfalto e costruite con edifici moderni e leggeri. Il centro storico, attraverso il quale dobbiamo passare per arrivare al porto, è completamente diverso. Per le strade strette, pavimentate di vecchia pietra calpestata, non entrerebbero due auto".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La città antica è quindi considerata degradata ma al tempo stesso affascinante per le chiese, i palazzi e le chianche che trasudano storia. A colpire l'autore però è anche il fatto che dagli occhi di chi ci vive non traspaia lo stesso incanto che il posto suscita in lui.
"Tra le case c'è un'alta basilica protesa nel cielo. Salgo i gradini logori ed entro. Chiedo di sapere quando è stata costruita questa basilica. Lo dice il portinaio: nell'XI secolo. Sentendo l'antichità di queste strade. Abbiamo tutto quello che resta dell’XI secolo tra le dita! E qui, in qualche città, in qualche strada, c'è una sorta di basilica, poco conosciuta. Una chiesa ordinaria, una delle tante. XI secolo – e nessuno è sorpreso!".
Ma accanto alla meraviglia non poteva mancare uno spaccato della città che stava uscendo dal confilitto mondiale. "A destra, in lontananza, si vedevano le banchine del porto. Tutto era silenzioso, e solo qua e là gli alberi delle navi affondate che spuntavano dall'acqua ricordavano la guerra". In questo passaggio è probabile che Simonov si riferisse a ciò che restava delle navi degli Alleati bombardate nel terribile raid aereo nazista del 2 dicembre 1943.
Altro importante aspetto che emerge dalle memorie dello scrittore è la presenza di soldati jugoslavi in città. "Ci sono molti jugoslavi qui a Bari. Evacuati per via aerea dalle zone di combattimento, vengono curati negli ospedali e riposano dopo essere stati feriti". Proprio come accadde a Tito, che fu assistito nell’ospedale militare Bonomo dopo essere stato ferito a una gamba.
Tra i militari, riporta Konstantin, "per una fortunata coincidenza per gli jugoslavi, ci sono diversi giocatori di una delle squadre di calcio più forti del paese". I balcanici sfidavano infatti spesso i piloti inglesi di stanza all’aeroporto. “Le partite tra jugoslavi e britannici sono diventate una tradizione qui. Di recente gli jugoslavi hanno vinto varie volte di seguito".
I match si tenevano in uno stadio che non conosciamo, forse quello della Vittoria, ma che sembra fosse stato pesantemente danneggiato dalla guerra. Konstantin lo definisce piuttosto grande, con un podio "distrutto dai bombardamenti e recintato con filo di ferro".
Un'altra esperienza barese che Simonov ebbe modo di vivere fu la proiezione del film "Il grande dittatore". Come nel caso del campo sportivo, non abbiamo idea di quale delle antiche sale cinematografiche del capoluogo pugliese lo abbia ospitato. Quel che è certo è che Konstantin rimase colpito dalle discussioni su Mussolini e sul conflitto che si tennero all'uscita del cinema.
Documenti preziosi che raccontano, per usare le parole dello scrittore, di "un paese sconfitto in questa guerra e che ora cercava dolorosamente strade per una nuova vita”.
*articolo scritto con l’aiuto di Giorgia Cutino, storica specializzata nei Paesi dell'Est e studiosa degli scritti di Kostantin Michajlovič Simonov
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