di Francesco Sblendorio

A Bitonto rozzo si dice Trusciante: la storia del popolo nomade da cui deriva lo strano termine
BITONTO – Se a Bitonto (nella foto) vi sentite dare dei “truscianti” non state di certo ricevendo un complimento, anzi probabilmente vi stanno definendo rozzi e trasandati. E non vi è andata neanche tanto male, visto che in passato il termine, usato come appellativo, identificava mendicanti, ladruncoli e piccoli truffatori. Perché “Truscianti” è il nome assegnato a un gruppo di nomadi che nell’800 si stanziò nel paese a nord-ovest di Bari, dedicandosi al piccolo commercio ambulante, ma anche all’accattonaggio e a banali imbrogli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questo piccolo popolo (dall’origine sconosciuta) occupò parte del centro storico prendendo possesso di abitazioni in precarie condizioni igieniche e strutturali e per questo abbandonate dai proprietari. Nonostante i tentativi di integrarsi tra i bitontini, i Truscianti furono però perennemente emarginati: a loro non si affittavano case, non si offriva un lavoro e spesso non gli si rivolgeva neppure la parola. E così al gruppo non restò che guadagnarsi da vivere con piccoli espedienti non sempre legali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Con il passare dei decenni naturalmente la comunità riuscì ad amalgamarsi al resto dei cittadini, tanto che la loro presenza nel centro storico non è più identificabile. È rimasto però il termine, prima con il significato di “dedito al truscio”, ovvero all’imbroglio e poi come sinonimo di rozzezza e sciatteria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un vocabolo pressoché sconosciuto in tutto il Barese. Lo ritroviamo solo nelle altre due zone in cui i Truscianti si fermarono: ad Andria (nella variante di “trusciatore”) e nel Foggiano. Qui però il “trusciante” è chi vive alla giornata, non per forza con mezzi illeciti, ma semplicemente perché non ha un’occupazione fissa o perché deve andare in giro per guadagnarsi il pane. Il dialettologo foggiano Nando Romano propone tra l’altro un'origine del termine parzialmente diversa da quella di truffatore. Secondo lui deriverebbe da “truscia”, voce diffusa in Calabria e in Sicilia come sinonimo di “roba” o “fagotto”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Quest’ultima possibilità caricherebbe di significati simbolici i truscianti – si legge in un articolo del professor Romano di inizio anni 2000 –: infatti l’uomo col fagotto, nella tradizione della numerologia e dei tarocchi, è colui che lascia tutto alla ricerca della verità suprema».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma l’interesse dei linguisti per la realtà dei truscianti va oltre l’etimologia del loro nome. La comunità infatti, per rimarcare la propria identità e difendere i propri interessi, elaborò nel tempo anche una sorta di gergo. Non una lingua vera e propria, visto che i nomadi parlavano normalmente il dialetto locale, ma un ristretto vocabolario utilizzato solo in pochi ambiti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra le voci individuate da Romano molte rimandano ai soldi, per esempio čambə də purkə (letteralmente “zampa di maiale”, utilizzata dai truscianti per dire “40mila lire”). O anche alle merci di vario tipo (fangosə per “scarpe”, ğğirandə per “giradischi”), ai piccoli reati e all’azzardo (affunná per “perdere al gioco”) e naturalmente alle forze dell’ordine (marśkə per “sbirro” e kandatörə, ossia “colui che riferisce alla polizia”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chiudiamo con una curiosità. Un film del 1972 del regista Luciano Fulci intitolato “Non si sevizia un paperino” con attori come Tomas Milian e Barbara Bouchet, si rifà, seppur in modo molto marginale, a un episodio che portò la comunità agli onori delle cronache nazionali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra il 1971 e il 1972 cinque bambini di queste famiglie, di età compresa fra un mese e 4 anni, furono trovati morti in alcune cisterne di Bitonto. Le indagini seguirono la pista famigliare, ma si risolsero in un nulla di fatto. I parenti dei minori furono assolti e i colpevoli restarono avvolti nel mistero: lo stesso che circonda le origini di questa popolazione che, nonostante tutto, ha segnato un piccolo pezzo di storia pugliese.


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Francesco Sblendorio
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  • MARIA ROSARIA BASSI - storie entusiasmanti, spesso sconosciute agli stessi autoctoni... Grazie per questo lavoro complesso e variegato


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