Santeramo, affreschi e graffiti: è la grotta di Sant'Angelo. Sì al recupero
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martedì 14 luglio 2015
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di Eva Signorile
Incuneata nelle campagne al confine tra Cassano delle Murge e Santeramo e distante 6 km dal centro abitato, questo luogo rappresenta un importante spaccato della storia e della geologia locale, una sorta di “piccola Puglia” dove il mistero del carsismo e la cultura rupestre sono incastonati in uno sfondo da cartolina in cui si individuano trulli, lamioni, muretti a secco e una chiesetta romanica che costituisce l'accesso alla cavità stessa. La grotta è dedicata a San Michele, ma deve il nome alla località in cui si trova: Sant'Angelo di lago Travato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il luogo è stato molto frequentato in epoche antiche, per poi essere improvvisamente abbandonato intorno al 1300 – ci spiega il 36enne Antonio Laselva, presidente della locale sezione dell’Archeoclub che si sta occupando di riqualificare la grotta –. Le cause dell’allontanamento non sono note, ma si suppone che possa essere intervenuto un qualche evento catastrofico o che semplicemente importanti cambiamenti delle reti viarie abbiano spostato altrove la vita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il sito si snoda per circa 300 metri quadri e si articola su quattro corridoi, tre dei quali sono paralleli e divisi tra loro da naturali pareti di roccia. Sicuramente la mano dell'uomo è però intervenuta per eliminare le asperità più pronunciate e in alcune zone sono visibili residui di pavimentazione e chianche. Così come recentemente il luogo ha vissuto l’invasione di vandali, che lo hanno deturpato con graffiti molto poco artistici e di opportunisti, che hanno asportato buona parte di un affresco rappresentante San Michele nell’atto di trafiggere il drago. Del dipinto oggi non rimangono che un'ala, la testa della creatura mitologica, la lancia e il globo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma questo non è l’unico affresco medievale presente nella grotta. Già all'ingresso della cavità si trova la raffigurazione del Cristo pantocratore con i dodici apostoli e la discesa dello Spirito Santo. Più avanti, si incontra un trittico che rappresenta San Giovanni Battista, la Madonna col Bambino e ancora San Michele, questa volta non guerriero ma "incensiere". Si tratta di dipinti del XII-XIII secolo, di importanti dimensioni. «I loro colori si sono mantenuti abbastanza bene, soprattutto quelli dell’affresco all'ingresso – afferma Laselva -. I disegni più interni, che si trovano in un livello inferiore, presentano invece una leggera patina dovuta principalmente alla percolazione dell’acqua».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L'acqua è presente ovunque qui: cola lungo le stalattiti, si accumula in pozze perenni lungo i corridoi, arriva persino a raccogliersi in un laghetto durante l'inverno, sul fondo della grotta, nei pressi di una colonna alta tre metri. Questa struttura è chiamata “Leggìo” perchè completamente incisa con inscrizioni in greco e in latino o con simboli di varia natura, principalmente sacri. La colonna non è però il frutto della mano dell'uomo: è una formazione naturale della grotta, nata dall'unione di una stalattite con una stalagmite.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la vera rivelazione del luogo sono i graffiti: ce ne sono migliaia, persino su stalattiti e stalagmiti. Si tratta di una testimonianza rarissima sia per la varietà (abbiamo croci, stelle a cinque punte, esagoni e tanti altri simboli), che per la quantità: basti pensare che la più famosa grotta di San Michele sul Gargano ne ha appena 200. I più antichi risalirebbero addirittura al IV-V secolo dopo Cristo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proprio per tutelare questo grande patrimonio e magari per renderlo in futuro fruibile a un pubblico più vasto, si è deciso finalmente di intervenire per recuperare e riqualificare il sito. Un macro progetto che prevede l'utilizzo di 200mila euro. Di questi, 50mila saranno messi a disposizione dalla Soprintendenza ai beni archeologici della Puglia, 135mila invece dall’Archeoclub di Santeramo, grazie al bando vinto presso il Dipartimento della Gioventù che fa capo alla presidenza del Consiglio dei Ministri. I restanti 15mila euro finanziati direttamente dall'Archeclub e dal Parco dell'Alta Murgia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si partirà dalla rimozione del detrito che ostruisce parte della cavità, nella speranza di dare nuova vita a questo tesoro rannicchiato nella profondità della terra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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