Palazzo Verrone: quell'antichissimo edificio che racconta la storia nobiliare di Bari
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venerdì 28 marzo 2025
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di Giancarlo Liuzzi - foto Rafael La Perna
Un edificio poco conosciuto ma che rappresenta un'importante testimonianza dei cambiamenti avvenuti nel capoluogo pugliese nel corso del tempo. É infatti frutto dell’unione di più strutture medievali e riadattamenti successivi che ne fanno, come evidenziato dall’architetto Apollonj Ghetti, «uno degli aggregati edilizi di Bari dalle vicende più complesse e travagliate».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non sappiamo chi lo abbia fondato nel XIII secolo come casa-torre, ma è probabile che un primo intervento di “rimodulazione” venne effettuato dall'importante famiglia Dottula, che ne fu proprietaria tra il XVI e il XVII secolo. Nel Settecento passò poi nelle mani dei siciliani Verrone (dai quali l’edificio prende il nome): una stirpe che diede a Bari anche un sindaco (Giovanni) tra il 1794 e il 1797. Gli stessi provvidero a un ulteriore rifacimento dell’edificio secondo i canoni artistici dell’epoca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Acquistato dalla famiglia Labriola negli anni 80 del 900, il palazzo venne ristrutturato e, dopo essere stato concesso in locazione alla galleria d’arte Doppelgaenger, è dal 2016 gestito da Experience, società che si occupa di turismo e organizzazione di eventi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo quindi andati a visitare Palazzo Verrone (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per raggiungerlo partiamo dal largo prospicente la seicentesca chiesa di Santa Teresa dei Maschi dove, sulla destra, si diramano due stradine. Ci dirigiamo prima alle spalle del palazzo incamminandoci sulla stretta strada Incuria che ci conduce all’omonima corte: una delle più ampie e caratteristiche della città vecchia. Lo spiazzo prende il nome dalla famiglia Imhof (della quale Incuria è la trasposizione latina), originaria di Norimberga e giunta a Bari nel XVI secolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’area è delimitata da piccole e variopinte palazzine. Su una di queste notiamo un’edicola votiva raffigurante i Santi Medici e lo Spirito Santo, realizzata nel 1948 da Giovanni Tarantino. La parte centrale della piazza è poi abbellita da piante e fiori di vario genere: alcune sono disposte su un giallo risciò, altre invece su un dismesso apecar verdino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma lo scenario più affascinante è dato proprio dall’intricato prospetto posteriore di Palazzo Verrone. Si innalza su quattro livelli, leggermente sfalsati tra di loro. Sulla facciata sono ben evidenti le tante sovrapposizioni edilizie avvenute nei secoli tra conci regolari e martellinati con arcate cieche, finestroni rinascimentali murati e monofore medievali. Ai piedi dell’edificio scorgiamo anche degli archetti lunati per metà interrati, segno che un tempo il piano stradale era decisamente più basso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Torniamo ora davanti alla chiesa di Santa Teresa dei Maschi per imboccare strada Verrone, dove al civico 8 si staglia la facciata principale del Palazzo. L’ingresso è rappresentato da un monumentale portale ad arco a tutto sesto con triplice fascia di bugne alternate, e una mensola con decoro vegetale come chiave di volta. Sulle finestre del lato destro scorgiamo poi due piccoli stemmi nobiliari raffiguranti una fascia diagonale con tre teste di drago: è l’emblema dei Dottula, antichi proprietari dell’immobile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’intero prospetto è diviso in cinque assi verticali e si mostra più “lineare” rispetto alla parte posteriore vista prima. Ma anche qui si riconoscono i differenti segni del suo lontano passato, riscontrabili dalla diversa tessitura muraria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si nota quindi sulla sinistra la struttura verticale di una casa torre del XIII secolo con strette finestre ad arco lunato (alcune murate) e due balconi sorretti da mensole aggiunti in epoca successiva. Appartengono invece al XVI secolo dei finestroni quadrangolari, due dei quali con cornice modanata e decorata da una fascia a piccole bugne diamantate, sovrastate da un archetto ribassato.
Ma è arrivato ora il momento di entrare. Accediamo così a un ampio atrio voltato con pietra a vista e due arconi tompagnati sui lati. Sul fondo si trova lo scalone e un’ulteriore scaletta semi interrata sottostante. Il luminoso vano scala unisce la moderna ringhiera in vetro e metallo a possenti colonne doriche, che reggono a loro volta pesanti travi in legno, attorno alle quali si diramano le rampe.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sulle pareti di ogni pianerottolo, coperti da volte in pietra, vi sono poi colorati disegni artistici contemporanei. «Sono eredità della galleria d’arte Doppelgaenger che ebbe sede qui tra il 2012 e il 2022», sottolineano Giuseppe Belvedere e Doriana Pagnotti della società Experience, la realtà che gestisce oggi il Palazzo. «Noi siamo arrivati nel 2016 adibendo alcune camere del secondo piano a bed & breakfast - spiegano -. Poi una volta chiusa la galleria, ci siamo allargati anche al primo livello che utilizziamo non solo per dare alloggio ai turisti, ma anche per organizzare mostre d’arte, concerti, presentazioni di libri e piccoli convegni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I due ci conducono in un vasto salone, tagliato a metà da due ampi arconi in pietra e caratterizzato da un piccolo cippo litico e una graziosa nicchietta. Una scala a chiocciola in legno ci porta su un soppalco dove una parete mostra i resti di un affresco di ispirazione classica databile a fine Settecento. Raffigura un satiro con ai piedi la testa di un drago, tra decori vegetali e volute.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un altro affresco è conservato in una delle camere da letto. Si compone di una lunga fascia orizzontale con cornice a dentelli, dove graziosi amorini danzanti, disposti tra ornamenti fitomorfi, lasciano spazio a un medaglione centrale. Su questo vi sono tre fanciulle nude in un lago scrutate da una figura demoniaca con corna e forcone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo ora al secondo piano. Qui, in un ambiente dalle pareti in pietra, si aprono nicchiette ad arco lunato di diverse dimensioni e monofore murate. Data l’antichità degli elementi architettonici capiamo di essere all’interno dell’originaria casa-torre medievale che fu inglobata in seguito nel palazzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un’ultima rampa di scale ci permette infine l’accesso alla terrazza, abbellita con tavolini e tantissime piante. «Anche questo spazio lo usiamo per gli eventi – ci spiega Doriana -: in tanti apprezzano la vista che si gode da qui».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da quest’altezza si riesce infatti ad ammirare nella sua totalità la sottostante Corte Incuria, oltre a contemplare l’alto campanile della Cattedrale e il cupolone di Santa Teresa dei Maschi. Un panorama davvero incredibile che permette al nostro sguardo di immergerci nell’antica bellezza di Bari Vecchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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