di Salvatore Schirone e Federica Calabrese

Bari, sott'acqua alla ricerca dell'isola di Monte Rosso: ecco cosa è stato trovato
BARI – Un blocco lapideo che farebbe pensare a un pilastro e diversi manufatti risalenti addirittura al III secolo avanti Cristo: è quanto gli archeologi subacquei dell’Università di Bari hanno trovato sul basso fondale di fronte al Molo Sant’Antonio. Un’ulteriore prova che la leggendaria isola di Monte Rosso è realmente esistita.

Di questo pezzo di terra inabissatosi intorno al XVI secolo avevamo già parlato in passato: prima attraverso i racconti dei pescatori, poi mostrando carte nautiche che attestavano la presenza di un’isola nelle acque baresi. Ma ora abbiamo delle immagini (vedi foto galleria), delle riprese (vedi video) e uno studio effettuato dall’équipe di archeologi coordinati dal professor Giacomo Disantarosa.

Gli studiosi infatti si sono immersi nella secca il 25 maggio scorso e oggi nel Museo Civico di Bari presenteranno i risultati della loro indagine. «Si tratta di rinvenimenti sparsi e isolati – ci ha spiegato Disantarosa - ma in ogni caso attestano certamente una frequentazione umana dell'area da tempi antichi».

Monte Rosso si trovava a circa duecento metri dalla terraferma e le leggende tramandate dai vecchi marinai di padre in figlio raccontano di come ospitasse addirittura un monastero. I subacquei l’edificio religioso non l’hanno rinvenuto, anche se si sono trovati davanti a un blocco parallelepipedo completamente ricoperto da flora marina. A prima vista sembrerebbe trattarsi del pilastro di una costruzione: forse proprio della chiesa simbolo della presenza dei monaci.


Gli archeologi, a 4-6 metri di profondità, hanno comunque scoperto numerosi reperti di epoche diversissime, tra questi un'ansa, un collo e numerose parti del corpo di anfore. Il frammento più antico (appartenente a un vaso che serviva a contenere del vino), è stato datato addirittura al III secolo a.C., quello più recente (del XVI-XVII secolo) è di ceramica smaltata con toni cromatici tra l'azzurro e il giallo. Sono poi venuti alla luce pezzi di un'anfora focese (fine IV - inizi VII secolo) proveniente dal territorio che è oggi la Turchia e frammenti di una “Late Roman 12” del V secolo.

Probabilmente non sarà ancora possibile dire l’ultima e definitiva parola sulla vita degli antichi baresi che hanno popolato l’isola di Monte Rosso, ma il primo passo nella faticosa strada che dalla leggenda porta alla certezza storica è stato fatto. E chissà, magari un giorno verrà ritrovata anche quella misteriosa campana il cui suono viene avvertito ancora oggi da pescatori e marinai.

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (montaggio di Gianni de Bartolo) gli archeologi sott’acqua alla ricerca dei resti di Monte Rosso:



© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Gli archeologi dell'Università di Bari diretti da Giacomo Disantarosa si sono immersi nella secca di fronte al Molo Sant'Antonio il 25 maggio scorso
La secca, come attestano le cartine nautiche, si trova a duecento metri dalla costa, a 4-6 metri di profondità. In quel punto secondo le leggende si trovava un'isola inabissatasi intorno al XVI secolo che ospitava un antico monastero
Gli archeologi hanno rinvenuto numerosi reperti di epoche diversissime, tra questi un'ansa, un collo e diverse parti del corpo di anfore
Secondo il professor Disantarosa, che ha diretto le indagini, «si tratta di rinvenimenti sparsi ed isolati, ma in ogni caso attestano sicuramente una frequentazione umana dell'area da tempi antichi»
Il frammento di un'antica anfora



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Federica Calabrese
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  • Mino - Potevate almeno fare riferimento a chi ha iniziato tutta questa ricerca, il geologo Antonino Greco!
  • Paola Cris Giuliana - anfora 'focese' dalla Turchia? volete dire dalla Anatolia Greca dell' Asia Minore, oggi in territorio turco.
  • lorenzo - al Monte rosso facevamo visita, dal molo S. Antonio negli anni 1956-58 per raccogliere i taratuf. co solo una maschera di gomma. Una sfacchinata. (Eravamo giovani.)
  • ignazio.rotondo - È bello credere alla leggenda del monastero sull'isolotto, ma una simile costruzione avrebbe lasciato resti ancora ben visibili. Molto più realistica l'ipotesi che ho letto in un commento dell'amico Pasquale B. Trizio che indica il monte rosso come primo punto di approdo per le imbarcazioni dirette al porto antico di Bari. Dalle immagini subacquee e da quanto asserito nel servizio di Schirone e Calabrese attualmente la profondità del fondale su cui sorge il monte rosso si aggirerebbe sui 4-6 m. Questo contrasta con i miei ricordi risalenti agli anni 60 quando mi recavo sulla secca per raccogliere cozze che si formavano sulla parte sommitale della secca posta a non più di 1,5 m dal pelo dell'acqua, si toccava con la punta dei piedi. Sappiamo inoltre che le cozze si formano dove i marosi rompono contro gli scogli o bassifondi. Ho inoltre un ricordo ancora più antico di una sovrastruttura che fuoriusciva dall'acqua segnalata da boe, che probabilmente era dovuta ai resti di quel peschereccio naufragato negli anni 30. Sono stupefatto a credere che fenomeni di bradisismo e non opere di demolizione abbiano fatto sprofondare il monte rosso di 3-5 m. Neppure a Pozzuoli un simile fenomeno si manifesta in poco più di 50 anni.
  • Mariano Argentieri - Su quello scoglio ricoperto da un'alga rossa venne collocato nel '600 un piccolo molo e tre colonne da ormeggio che servivano per la quarantena delle imbarcazioni che giungevano a Bari.


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