Paglionico, Travi, Santa Lucia, Da Nicola, Taberna: viaggio tra i ristoranti storici di Bari
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mercoledì 13 novembre 2019
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di Mattia Petrosino - foto Antonio Caradonna
Partiamo dal centro storico, lì dove in strada Vallisa impera dal 1870 l’“Osteria Paglionico”, uno degli esercizi commerciali più antichi di tutta la città, secondo solo alla bottega di dolciumi “Marnarid”, del 1865.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Superato il portone in legno, che presenta ancora l’antica scritta “vini e cucina”, veniamo catapultati in un luogo d’epoca. Alcuni scalini permettono infatti di scendere in un tipico “sottano” di Bari Vecchia, caratterizzato da pavimento “a chianche”, pareti in pietra viva e volta a botte. Qui veniamo accolti dal proprietario, il 54enne Nico Ancona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il locale è stato sempre della mia famiglia – afferma l’uomo -: fu aperto 149 anni dalla mia bisnonna Maria Paglionico. Inizialmente si vendeva più che altro vino e gli unici piatti che si potevano assaggiare erano le “brasciole” di cavallo e la frittura. Con il passare del tempo il menu si è allargato, anche se è rimasto fedele alla tradizione: da noi si continua a puntare su orecchiette alle cime di rapa e patate riso e cozze. Anche i coperti si sono trasformati: negli anni 60 sui tavoli c’erano le pagine dei giornali, poi si è passati alla carta bianca e ora abbiamo le tovaglie colorate».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La trattoria essendo al chiuso ha sempre lavorato più d’inverno che d’estate, anche se da qualche anno ci sono i turisti ad affollare il centro storico nei mesi più caldi. «Sì – conferma il gestore - data anche la vicinanza con l’affollata piazza del Ferrarese qui vengono molti stranieri. Attenzione però, c’è la “domenica dei baresi”: un giorno della settimana in cui si respira l’aria di sempre».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Salutiamo Nico per recarci dall’altra parte di Bari Vecchia, in largo Chiurlia. Qui, nascosto dalla sede dell’assessorato al Welfare del Comune, si trova un altro antico esercizio commerciale, aperto nel 1906. Si tratta dell’“Osteria delle Travi il Buco”, ospitato al piano terra di un edificio del 1813.
«L’attività nasce 113 anni fa con Gegè Minunno - ci spiega il 64enne Giuseppe De Mastro, uno dei due proprietari -. Nel Secondo dopoguerra venne poi ceduta ai D’Alessandro, la famiglia di mia madre. C’era zio Giuseppe a “comandare” e fu lui nel 1996 a concedere l’attività a me e a mio fratello Giovanni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci addentriamo ora nel locale con le volte alte, dove grazie ai tavoli in legno e a un ambiente spartano si respira ancora l’aria delle vecchie osterie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il suo doppio nome deriva dal fatto di essere stato un tempo molto piccolo (da qui “Il Buco”) e dall’aver avuto all’interno uno spazio che seguiva l’andamento delle travi a vista. Ora il posto è molto più grande, ma continua a offrire piatti tipici: dalle orecchiette al ragù agli spaghetti ai frutti di mare, con antipasti rigorosamente al carrello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma oltre le pietanze qui “a parlare” sono i muri. Su una parete c’è ad esempio disegnato un asso di bastoni. «Risale ai primi anni di vita della trattoria – ci spiega Giuseppe – ed è un simbolo di quei tempi, quando qui si veniva più che altro a bere vino e a giocare a carte».
Ci mettiamo in macchina e da Bari Vecchia percorriamo il lungomare in direzione nord per quattro chilometri, fino a giungere nel quartiere San Cataldo, lì dove affacciati sull’Adriatico si trovano due ristoranti di pesce: “L’Antica Santa Lucia” e “Le Terrazze del Santa Lucia”. Il nome simile tradisce la loro storia comune: si tratta infatti di due posti nati nel 1980 dalla divisione dello storico “Santa Lucia”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quest’ultimo era stato fondato nel 1950 da Giuseppe Caldarulo, un commerciante ortofrutticolo reiventatosi ristoratore. Molto devoto, aveva assegnato al suo locale il nome della santa di Siracusa e all’inizio proponeva solo cozze nere, provolone e olive (e naturalmente vino).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In breve tempo riuscì però ad espandersi, facendo entrare nell’attività anche i suoi figli, Bruno e Francesco, che divennero entrambi cuochi. Le cose andarono lisce fino al 1980, quando per contrasti famigliari presero la decisione di lavorare separatamente. Così l’ambiente venne diviso in due parti uguali, dotati di insegne e ingressi diversi.
Il primo, quello di Bruno, mantenne lo stesso nome (“Santa Lucia”), l’altro, quello di Francesco, cambiò invece in “L’Antica Santa Lucia”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quest’ultimo, che sull’insegna riporta ancora l’originario anno del 1950, è gestito oggi da Francesca, figlia del maestro morto prematuramente nel 1995. «Sono io a mandare avanti il locale da 24 anni – ci dice la donna – e tutto grazie agli insegnamenti di mio padre, che sin dalle origini aveva puntato su pesce fresco e piatti a di mare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nell’altro ristorante, che nel 2009 ha trasformato il suo nome in “Terrazze del Santa Lucia”, ad accoglierci è invece il fondatore: il 69enne Bruno. «Ho iniziato come cameriere a 18 anni – ci dice -, poi però ho imparato a cucinare, cominciando così a proporre i miei piatti, sempre rigorosamente tradizionali, come patate riso e cozze e gli spaghetti allo scoglio. Dopo la divisione della trattoria originaria ho avuto però un percorso di crescita come chef , riuscendo a togliermi grandi soddisfazioni, come quella di ospitare due papi: Wojtyla nel 1984 e Francesco nel luglio del 2017».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per scovare altri due storici ristoranti di pesce dobbiamo ora spostarci nel quartiere più a sud della città: Torre a Mare. Dalla piazza principale del borgo marinaro basta imboccare il lungomare di via Principi di Piemonte per trovare quasi attaccati l’uno all’altro “Zia Teresa” (aperto nel 1950) e qualche metro più avanti “Da Nicola”, del 1943.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con il primo però riscontriamo grosse difficoltà nel parlare con i gestori, che si dimostrano non interessati all’articolo. Con il secondo abbiamo più fortuna, riuscendo così a incontrare il 71enne proprietario Nicola De Mattia: stesso nome e cognome di colui che ha fondato il ristorante 76 anni fa.
«Si tratta di mio nonno – ci spiega l’uomo -. Fu lui, dopo una vita passata a vendere pesce, ad avere l’intuizione di aprire una trattoria sul mare. Lo fece assieme a suo figlio Donato, ovvero mio padre. L’idea fu buona, perché Torre a Mare già all’epoca era un luogo di villeggiatura, frequentata da gente ricca. Inoltre proprio accanto al locale vi era una delle prime spiagge dell’élite: si chiamava “Piccola Nizza”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Inizialmente il menu comprendeva solo cozze, provolone, frittura e spaghetti allo scoglio. «Ma dal 1947 in cucina entrò mia madre Anna Rappo che prese in mano la situazione e da lì in poi sfondò con la sua zuppa di pesce», rammenta con orgoglio Nicola. «Da parte mia – conclude – una volta entrato qui a 18 anni non ne sono uscito più».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una curiosità. Del ristorante fa parte una leggendaria grotta che si affaccia sul porticciolo di Torre a Mare. Si tratta del luogo dove cinquecento anni fa venne ad abitare il “Varvamingo”, colui che è considerato il primo pescatore del borgo marinaro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ultima tappa del nostro viaggio è Carbonara, quartiere a sud di Bari, dove si trova “La Taberna”, presente dagli anni 50 in via Ospedale di Venere, nei pressi dell’omonimo nosocomio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A regnare in questo luogo dai muri in pietra viva è il proprietario: l’86enne Filippo Carella. «Fu aperto da me nel dicembre del 1959 – ci spiega –, anche se in realtà tutto ebbe inizio quattro anni prima, quando mio padre Carmine decise di cominciare a vendere vino sfuso. Questa era infatti una tipica “cantina”, con tanto di frasca appesa fuori».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una foto in bianco e nero raffigura proprio Filippo con i suoi genitori il giorno dell’inaugurazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«I cuochi e i camerieri me li trovò il proprietario del ristorante Marco Aurelio, un tempo situato alle spalle del Teatro Petruzzelli – racconta il gestore –. All’inizio ci fu una certa diffidenza nei nostri confronti, ma poi pian piano le cose andarono sempre meglio, tanto che dopo tre anni fui “costretto” ad ingrandire data l’affluenza. I piatti che cucinavamo erano solo orecchiette alle cime di rapa, spaghetti alla carbonara e fave e cicorie. Poi con il passare del tempo ampliai il menu, riuscendo a vincere nel 1968, il Trofeo nazionale delle Cucine Regionali. Sono passati tanti anni da allora, ma una cosa è certa: noi siamo ancora qui».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Mattia Petrosino
Mattia Petrosino
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna