«Il fumo, le grida, la paura»: 75 anni fa l'esplosione della Henderson nel porto di Bari
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martedì 7 aprile 2020
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di Giancarlo Liuzzi
Quel giorno, alle 11.57, la nave proveniente da Norfolk, in Virginia, saltò improvvisamente in aria. Nel cielo si innalzò una nube di fumo altissima e detriti di ferro e polveri furono sparsi per oltre 15 chilometri. Un’onda di distruzione che demolì interi edifici e provocò centinaia di morti e feriti. (Vedi foto galleria)
Si trattò del secondo drammatico episodio che sconvolse Bari durante la guerra. Due anni prima infatti, il 2 dicembre 1943, il porto fu bombardato dall’aviazione militare tedesca. Diciassette navi delle forze alleate vennero abbattute: tra queste la John Harvey, che trasportava in segreto 91 tonnellate di iprite, un letale gas chimico. Morirono più di mille persone, molte delle quali dopo aver inalato il terribile “gas mostarda”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A differenza però del precedente evento, le cui cause sono certe, nel caso della Henderson non è mai stato chiarito il motivo della tragedia. All’epoca si parlò di sabotaggio ad opera di gruppi comunisti o fascisti a titolo di propaganda, ma anche di semplice errore umano, ovvero di disattenzione da parte del personale nel maneggiare il carico di materiale bellico che conteneva il piroscafo (tra cui il temibile napalm).
Fatto sta che quel lunedì la nave attraccata al molo 14 prese fuoco. «Dalla stiva n.5 uscì una violenta fiammata seguita subito dopo da un’esplosione terrificante – ci dice lo storico Pasquale Trizio -. Il piroscafo di oltre 130 metri si squarciò in due. La prua fu scaraventata sull’imponente muro del molo antistante distruggendolo completamente assieme a capannoni, magazzini e gru navali. La poppa invece, ridotta a un ammasso informe di ferraglie, sprofondò per buona parte in mare riversando nell’acqua parte del carico militare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Bari fu avvolta da una coltre polverosa e fitta. I vetri delle case situate nei pressi del porto andarono in frantumi e porte e finestre vennero divelte dall’onda d’urto. Ai baresi non restò altro che correre all’impazzata alla ricerca di qualche rifugio sicuro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Morirono 317 persone (anche se qualcuno parla di oltre 500), tra cui quasi tutto il personale impegnato in quel momento nel porto (di cui 121 baresi). Si contarono circa 600 feriti, mentre furono ben 937 le famiglie costrette ad abbandonare la propria abitazione a causa dei danni subiti. Si trattò di quegli “sfollati” che di lì a breve andarono a popolare la baraccopoli di Torre Tresca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Vennero poi dichiarati inagibili (e in seguito demoliti) tanti edifici, tra cui l’Ospedale Consorziale San Pietro e il convento dell’Annunziata. Ma anche la Cattedrale, la Basilica e le chiese di San Gregorio, Santa Chiara e Santissimi Medici furono colpite.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La devastazione portò il governo italiano, presieduto da Ivanoe Bonomi, a riunirsi in una seduta d’emergenza e stanziare la somma di 10 milioni di lire per i primi soccorsi urgenti. A Bari fu invece la Gazzetta del Mezzogiorno a prodigarsi a favore delle famiglie delle vittime, aprendo una sottoscrizione pubblica che raccolse in poco tempo oltre sei milioni e mezzo di lire.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dell’esplosione oggi restano i ricordi di chi allora era un bambino, una tomba comune e anonima situata nel cimitero di Bari e una lapide posta nel porto di Bari. Anche se nel 2008 l’Associazione nazionale marinai d’Italia ha voluto ricordare il tragico evento affiggendo, sempre nel porto, una grande targa con tutti i nomi delle persone morte quel maledetto lunedì 9 aprile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- sabino Lorusso - Questi articoli sono molto interessanti e pieni di ricordi. Servono a farci ritrovare la nostra identità. Mio padre è del '28 e mia madre del '33, entrambi nati a Bari Vecchia e quando ero piccolo spesso mi raccontavano questi episodi. Complimenti. Sarebbe bello se di questi episodi faceste delle trasmissioni televisive, con testimonianze, foto dell'epoca e foto attuali. Bravo l'autore.
- egidio de pace - IO AVEVO 3 ANNI E RICORDO PERFETTAMENTE QUELLA MATTINATA. Mio padre arrivo' a casa in via Dante angolo via Trevisani e ci porto' in campagna nei pressi della chiesa dei salesiani. la citta' era piena di vetri rotti, gente che correva. inizialmentr si pensava che fossero cadute delle V2 lanciate dai tedeschi ancora in Albania.
- Fabrizio Altamura - Buongiorno , mio nonno Angelantonio Altamura, era fra i portuali che perirono nell'esplosione sul molo mentre a lavoro scaricava con i suoi compagni la nave. Non ho mai conosciuto il nonno.Mio padre stesso ,classe 1939,non aveva ricordi di suo padre. Dopo 75 anni dall'evento rimane vivo il ricordo di un nonno che non ho mai conosciuto a causa della guerra. Eterno riposo a lui e a tutti i caduti . Ciao nonno Angelantonio
- Matteo - Ho vissuto anch'io la tragedia della Henderson. Abitavo in piazzetta S. Maria ed a quell'ora ero in casa a preparare i compiti di terza elementare da portare a scuola dopo pranzo alla Filippo Corridoni, quando improvvisamente i vetri delle finestre andarono in mille frantumi per il violento spostamento d'aria , a cui seguì un fortissimo boato e si fece subito notte perchè il cielo della bella giornata di aprile diventò tutto nero a causa della nafta delle caldaie della nave proiettata in cielo. Ferito da molti frammenti di vetro corsi in strada, da piazza San Pietro arrivavano barcollando i lavoratori portuali superstiti con gli abiti a brandelli, neri e rossi per il sangue e la nafta, che fuggivano verso le loro case. In seguito le famiglie si riversarono sul lungomare per allontanarsi il più possibile dalle case ormai rese inagibili. Molte di loro, che non poterono essere ospitate da parenti o amici, furono sistemate anche nel macello vecchio ormai abbandonato, in fondo al lungomare dove ora c'è il ponte per Iapigia.
- Valenzano Vito - Mi chiamo Valenzano Vito nato il 9 Aprile del 1945, abitavamo in Piazza Gesuiti. Allo scoppio della nave l'ostetrica che assisteva alla mia nascita, dallo spavento scomparve lasciando la mia povera madre sola. Mio fratello Francesco pensò bene di avvertire mio padre in partenza per Foggia.( ferroviere ) l'aiuto di un graduato inglese ci risparmiò ulteriori disagi mettendoci a disposizione la sua auto con autista, gli ospedali in totale caos, indusse mio padre a proseguire per Capurso presso parenti in partenza per gli USA. Credo di essere nato tra Bari e la strada per Capurso, fui registrato all'anagrafe nel paese natio dei miei genitori.
- Minafra vito - Sono nato 40 giorni dopo la sua morte. Ultimo di 3 figli mia madre fu Assunta alla manifattura tabacchi dove furono inserite operaie considerate vittime civile di guerra