Pedresìne, zambàne, criànze: quando il dialetto barese deriva da greco, arabo e spagnolo
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martedì 1 giugno 2021
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di Raniero Pirlo
In un altro articolo vi abbiamo parlato delle parole baresi che derivano dal francese, oggi ci soffermeremo su quelle legate al greco, all’arabo e allo spagnolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per il primo, va detto che Bari divenne per secoli una città della Magna Grecia (sino al 326 a.C.), ma a influire maggiormente sulla lingua fu la seconda dominazione bizantina (876-1071). I saraceni rimasero invece nel capoluogo pugliese per pochi anni (dall’847 all’872), pur incidendo su diversi aspetti culturali della città. Al contrario degli spagnoli, che regnarono quasi ininterrottamente dal 1557 al 1860 (a parte le brevi parentesi degli Asburgo e dei Francesi).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per approfondire l’argomento ci siamo rivolti a Gigi Andriani, linguista barese esperto di dialettologia e sintassi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Partiamo dalle parole di origine greca: in che modo sono entrate nel dialetto barese?
È possibile che alcune possano essere state adottate dalla popolazione locale già nel periodo della Magna Grecia. Tuttavia c’è da ricordare che Bari rappresentò solo uno dei porti dell’area magnogreca, la quale vedeva il suo principale centro pugliese in Taranto. Fu piuttosto il secondo periodo bizantino, dall’876 al 1071, a stabilire un forte rapporto della città con la cultura ellenistica: in quegli anni infatti Bari fu elevata a Catepanato, massima rappresentanza politica dell’Impero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Facciamo qualche esempio di termine proveniente dall’Est.
I vocaboli più comuni appartengono al campo della flora e della fauna o a oggetti usati nella vita quotidiana. Ad esempio amínue (mandorla) e pedresìne (prezzemolo) provengono (attraverso la mediazione del tardo latino) da “amigdàle” (ἀμυγδάλη) e “petrosèlinon” (πετροσέλινον). Ancora, la parola barese per civetta, checchevàsce, sembra coincidere con la greca “kukubàghia” (κουκουβάγια). Oppure u cèndre (il chiodo) e il suo derivato cendròne che ha esteso il suo significato a un tipo di mal di testa, trova un preciso corrispettivo in “kéntron” (κέντρον). Quest’ultimo indicava il pungolo, strumento utile per spronare i cavalli al galoppo. Anche u càndre (o quàndre), antenato del gabinetto, arriva dal greco “kàntharos” (κάνθαρος) che rappresentava un tipo di coppa. Infine l’esclamazione barese nà!: si tratta esattamente della particella greca “na” (να) che significa pressappoco “ecco”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È vero che anche “rimmato” deriva dal greco e non dal latino?
Si suppone che remmàte, che sta a indicare l’immondizia (di solito esteso anche in maniera dispregiativa alle persone), venga dal greco “riùmma, riummatos” (ῥύμμα, ῥύμματος), letteralmente sapone ma anche residuo, del lavaggio. Tuttavia il termine è sicuramente stato mediato dal latino rimatum, come attestato da due pergamene del Codice Diplomatico Barese risalenti al 1000/1100. Una curiosità: la cartellata, il celebre dolce natalizio, non solo è di origine greca ma deve il suo nome proprio a “kàrtallos” (κάρταλλος: cesta).
Passiamo agli arabi.
Va detto che le parole arabe sono probabilmente entrate in vari momenti storici, anche attraverso altre lingue, come è avvenuto per la maggior parte degli arabismi presenti in italiano (zucchero, limone, zafferano, sorbetto). Tra l’altro il periodo dell’Emirato di Bari rappresentò una dominazione berbera più che araba: il capoluogo pugliese fu strappato ai bizantini da Khalfun, condottiero che arrivava dal Nord-Africa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il barese è però pieno di termini che arrivano dal Medioriente…
Sì e alcuni sono molto conosciuti e diffusi anche nel resto del Mezzogiorno. Basterebbe citare il tavùte, ossia la cassa mortuaria: proviene da “tābūt” che in arabo ha lo stesso significato. Si pensi poi all’arancia (marànge) che in realtà dovrebbe derivare dal persiano “nāranğ” o dallo spagnolo naranja. Un altro arabismo del barese è zaràffe, che sta per “truffatore, imbroglione”: viene da “sarrāf/sayrāf” (cambiavalute). Secondo poi un’ipotesi del linguista Giovan Battista Pellegrini riadattata dall’arabista Luigi Serra, pare che anche che il termine locale per zanzara, zambàne, si possa ricollegare a “zabāniya”, cioè demone infernale, per via delle punture dell’insetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Eccoci ora agli spagnoli, che oltre ad aver portato in Puglia la “paella” (ovvero la tiédde di patate, riso e cozze) hanno influito sulla lingua durante una lunga dominazione.
Tuttavia non bisogna sovrastimare il peso di una dominazione nell’evoluzione di una cultura e, dunque, di una lingua. Gli iberici presenti in città erano soprattutto amministratori, esponenti del clero, soldati o commercianti, quindi entravano a contatto con la popolazione locale solo in determinate occasioni. Inoltre, c’è da aggiungere che la conoscenza delle lingue dei dominatori non è mai stata imposta alla popolazione locale. Anche se è vero che ci sono termini, magari latini, che sicuramente si sono affermati in Italia per merito della dominazione spagnola. Ad esempio criànze, con il significato primario di buona educazione, viene dallo spagnolo crianza (cortesia), che a sua volta deriva dal verbo “criar”, ossia allevare, educare. Per i verbi troviamo attrassà che sta per “ritardare” (da “atrasar” spagnolo dallo stesso significato). Oppure abbuscquà che viene da “buscar”, parola che in realtà vuol dire “cercare”, ma che nel Meridione ha preso il significato di “ricevere”: una ricompensa magari, ma anche le cosiddette mazzàte.
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I commenti
- Michele Iannone - molto interessante !
- Tiziana - Che bell'articolo pieno di curiosità e ricerca
- Gigi - Per motivi interni alla testata giornalistica, purtroppo l'intervista non è apparsa integralmente ed è stata modificata rispetto all'originale. Lascio qui le principali fonti consultate: Caracausi, Girolamo. 1983. Arabismi medievali di Sicilia. Palermo: Edizioni del Centro di studi filologici e linguistici siciliani. Liddel, Henry George, Robert Scott, Stuart Jones. A Greek-English Lexicon (LSJ). Oxford: Clarendon. Riccio, Giovanna. 2005. Ispanismi nel dialetto napoletano. a cura di Marcello Marinucci. Università di Trieste Rohlfs, Gerhard. 2007 [1976]. Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d’Otranto), 3 voll. Galatina (LE): Congedo. Pellegrini, Giovan Battista. 1972. Gli arabismi nelle lingue neolatine, con speciale riguardo all'Italia. Brescia: Paideia. Sada, Luigi, Carlo Scorcia e Vincenzo Valente. 1971. Dizionario storico-etimologico del dialetto barese. Bari: Levante. Scorcia, Carlo. 1967. Saggio di nomenclatura popolare barese (relativa all’agricoltura, caccia e pesca). Bari: Resta. Serra, Luigi. 1983. Sopravvivenze lessicali arabe e berbere in un’area dell’Italia meridionale: la Basilicata. Supplemento n. 37 degli Annali dell’Istituto Universitario Orientale. Volume 43, fascicolo 4.
- Vito Petino - Smettetela di adulterare la purezza del dialetto barese con aggiunta di vocali inutili. Il nostro barese si scrive come orecchio sente. Proprio come fanno in altri comuni. E ve ne do un esempio col dialetto nojano. 𝐆𝐈𝐎𝐑𝐍𝐀𝐓𝐀 𝐍𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐀𝐋𝐄 𝐃𝐄𝐈 𝐃𝐈𝐀𝐋𝐄𝐓𝐓𝐈 𝐏𝐨𝐞𝐬𝐢𝐚 𝐢𝐧 𝐯𝐞𝐫𝐧𝐚𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐧𝐨𝐣𝐚𝐧𝐨 𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐚𝐥 𝐯𝐨𝐥𝐮𝐦𝐞 "𝐈𝐥 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐞" 𝐝𝐢 𝐑𝐢𝐭𝐚 𝐓𝐚𝐠𝐚𝐫𝐞𝐥𝐥𝐢 Postata da Raimondo Innamorato Sindaco di Noicattaro. A CRAO-C Crao-c gnaor, crao-c d d-lao-r, addao-v fao nghia-v-t u S-gnao-r, pass chi M-stae-r da Passiao-n da veit e da mort a prgg-ssiao-n. Gesù Ca dei-c o Patrtern Dé: «Iè tropp a-m-r cuss d-stei-n mé! Aiu-t-m, na m scé pr-vann, Ma u sacc: asc-chitt Teu k-mmanm». I ameic costrett all’aor di palm alla pagheu-r s nga-nn-n l’alm. E m-n di g-dae abban-d-n-t, i carn vei-v sott e ma-zz-t. E alla k-p tra sangh e s-dao-r acheut acheut di spei-n d-d lao-r. A str-d du Calvàrie ià d nghia-n-t, nu pass rae-t a ualt, ca i sol-d-t ca frust nd-mesc-n: «Va’ nant!». Senza k-mbassiao-n tutt quant acchiamend-n e pen-z-n e fatt iao-r finché nan arrei-v chedda terz’ao-r, a l’ult-m ao-r, lao-r da l-c-nzie-t. Chiang-n a Matalae-n e a Ndolo-r-t. Crao-c gnao-r, crao-c d d-lao-r, addao-v fao nghia-v-t u S-gnao-r, pass teu e s’achieud a prgg-ssiao-n... D leu-m e d Iangiue na k-rao-n ca Glorie deic: «Navenn pagheu-r! Jind e m-n d Dé staem o s-cheu-r». LA CROCE Croce nera, croce di dolore, dove fu inchiodato il Signore, passi con i Misteri della Passione della vita e della morte in processione. Gesù che dice al Padre Eterno Iddio: «E troppo amaro questo destino mio! Aiutami, non mi provare. Ma lo so: solo Tu puoi comandare». Gli amici intimi nell’ora delle palme per la paura s ingannano l’anima. Nelle mani dei giudei abbandonato, nella viva carne flagellato. E al capo tra sangue e sudore acuto acuto delle spine il dolore. La strada del Calvario è in salita, un passo dopo l’altro, ché i soldati con la frusta intimano: «Va’ avanti! » Senza compassione tutti quanti guardano e pensano ai fatti loro finché non arriva quella terz’ora, l’ultima ora, l’ora della licenziata. Piangono la Maddalena e l’Addolorata. Croce nera, croce di dolore, dove fu inchiodato il Signore, passi tu e si chiude la processione... Di lumi e di Angeli una corona con il Gloria dice: «Non aver paura! Nelle mani di Dio stiamo al sicuro». Vi basta per convincervi, o l'ottusità vi acceca, vi rende sordi, facendovi passare per "gnrand" Un solo principio guida il dialetto barese, FONETICA, ORECCHIO, MENTE PENNA E SCRITTURA 🥶👹🥶...
- Monica - Criança in portoghese significa per l’appunto bambino , quindi presumo provenga da lì ?