Periferia sud-est: la bellezza di Loseto, l'abbandono di Cava di Maso
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lunedì 15 luglio 2013
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di Eva Signorile
Il viaggio inizia bene: raggiungiamo il gruppo nella zona antica di Loseto, quartiere a sud est di Bari. È una piccola perla architettonica quella che ci si offre davanti, appena oltrepassata l’antica porta d’accesso al vecchio paese. Subito, a sinistra troviamo la chiesetta barocca, costruita da Cesare De Ruggiero e dedicata a San Giorgio: si affaccia su una piazza lastricata a chianche. Di fronte il piccolo bar con le tende curve e i tavolini all’aperto, come tradizione vuole nei nostri paesini. Il signor Gaetano Lorusso ci fa da cicerone: lui è originario di Bari città, ma vive a Loseto da quasi 25 anni. Ci accompagna nel reticolo dei vicoli di un centro storico in cui si alternano casette in pietra abitate e palazzotti abbandonati da molti anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Malgrado il progressivo abbandono del borgo («Il problema è quello solito: i giovani vanno a cercar lavoro fuori e qui rimangono solo i vecchi», dicono i residenti) tutto però appare lindo e curato. Non vi si respira l’aria di decadenza che hanno molti centri dalla sorte simile. Sfociamo in piazza De Ruggiero, dove c’è il “castello”, un antica costruzione di origine normanno-sveva. Il castello fu venduto dai primi proprietari, i Sagarriga Visconti, a Cesare De Ruggiero. Qui ci raccontano una storia d’amore sfociata in tragedia: la più bella del paese, aveva sposato un fratello di Gioacchino Murat, ma aveva finito con l’innamorarsi di un ragazzo del borgo. Scoperto il tradimento, da Napoli fu mandato un plotone di gendarmi per fare “giustizia”. Fu una mattanza: furono trucidati quasi tutti gli abitanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Leggenda popolare e storia vera che si intrecciano. La strage a Loseto c’è stata veramente, ma in epoca assai più antica, intorno al XIV secolo e se ne trovano tracce nella pergamena di Cataldo De Nicolai, dove si racconta che Gazzocca De Domnisiaco, candidato alla successione del feudo di Loseto, e già conte di Ruvo e Terlizzi, fu riconosciuto complice dei congiurati che ammazzarono Andrea D’Ungheria, marito di Giovanna D’Angiò, sovrana di Napoli. La vendetta di Luigi, fratello di Andrea d’Ungheria fu spietata: da Napoli si spinse in Puglia, distrusse Terlizzi e Ruvo e sterminò quasi tutti gli abitanti di Loseto. Si salvarono in pochissimi, che fuggirono nelle campagne dei dintorni e fecero ritorno solo 10 giorni dopo, per seppellire i morti. Nel luogo scelto per la sepoltura fu eretta la chiesetta di San Salvatore. E qui, inizia una nuova tappa del viaggio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quella di San Salvatore è una chiesetta rurale, risalente al XIV secolo. Ora si erge, piccola e altera, al centro del nuovo parco attrezzato. Il retro della costruzione in tufo sbuca dietro un cespuglio di buganvillea in fiore. Un volontario che si occupa di mantenerla pulita ci consente di entrare. Lo spettacolo che ci si offre è quasi commovente. La chiesetta è linda, un gruppo di affreschi corre sulla parete sinistra, anche sul fondo, dietro l’altare, c’è un affresco in evidente rovina, ma ancora, fra i colori pastello in rovina, si distinguono le forme di un Cristo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Da qui, sono state trafugate, negli anni, molte suppellettili», ci racconta il volontario. Ci attrae una forma rettangolare posta davanti all’altare e coperta da un telo. Un avviso ci ammonisce: “Non toccare”. «Lì dentro c’è un mucchio di ossa trovate nei vani sotterranei della chiesa», ci spiegano. È probabile, che siano le ossa di quei losetani morti nella strage di Luigi d’Ungheria. La leggenda vuole che da qui siano passati i templari. Di certo, un tempo c’era un ipogeo che poi è stato murato. La nostra guida ci fa quindi accedere nel cortiletto laterale, all’interno del quale ci sono alcune botole. «Alcuni raccontano che queste siano l’accesso a dei cunicoli che porterebbero fino a Ceglie e Valenzano – ci spiega la guida – ma io non mi sono mai introdotto, non so se è vero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Raggiungiamo il gruppo all’esterno della chiesa. È il momento dei saluti, prima però qualche polemica: «Molte aree qui intorno sono state pagate come suoli edificabili poi, dopo l’alluvione del 2005, qui è venuto Guido Bertolaso, l’allora capo della Protezione Civile e ci ha detto che lì non si poteva più costruire. Ora, quei terreni non valgono più nulla. Chiediamo che almeno venga restituito il denaro versato per l’Ici come terreni edificabili».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’alluvione del 2005 è l’anello di congiunzione della prossima tappa: Cava di Maso a Bitritto, cui accediamo dopo aver attraversato la desolazione del nuovo quartiere periferico di Carbonara 2, noto anche come “Santa Rita”. L’ingresso alla cava dovrebbe essere vietato, invece il cancello è aperto. Davanti è ben visibile un pericoloso tombino rotto, che ci curiamo di segnalare a una vicina pattuglia di vigili urbani. La cava sembra un girone dantesco: l’immagine è rafforzata dai toni rossastri della roccia intorno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel fondo della cava ci sono i resti di un ristorante che completava l’allora parco attrezzato, voluto dal sindaco di Bari Di Cagno Abbrescia. «Un enorme spreco di denaro comunale» è il laconico commento delle nostre guide. Il parco è chiuso dal 2005. In quell’anno, infatti, nella notte tra il 22 e il 23 una bomba d’acqua, a causa di un’alluvione, si portò via tutto. Una famiglia perse la vita. All’interno dell’ex ristorante, ci sono ancora le carcasse delle auto trascinate dalla corrente. La vegetazione nei dintorni è invece tutta bruciata da un recente incendio. Di fronte a noi, c’è una muraglia di palazzi che si affacciano sulla cava e la cui reale abitabilità è oggetto di un’inchiesta della magistratura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il nostro viaggio si conclude nella desolazione della stazione di Carbonara 2, lungo il tracciato della nuova Bari-Bitritto: una metropolitana che avrebbe dovuto già essere attivata e che invece si erge come un rudere del passato, nel mezzo della campagna tra Loseto, Bitritto e Carbonara. L’area è abitata da una famiglia di nomadi: dall’alto vediamo un filo di fumo. «Sono quasi certamente i fuochi accesi per sciogliere il materiale trafugato dalla stazione, che poi viene rivenduto», ci dicono le guide. E il ricordo del bel centro storico di Loseto è già lontano.
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Scritto da
Eva Signorile
Eva Signorile