La chemioterapia? Nacque nella Bari bombardata che respirò l'iprite: la storia
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giovedì 23 aprile 2020
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di Giancarlo Liuzzi
Al centro di tutto ci fu quindi l’iprite: fu liberata nell’aria a seguito dello scoppio della John Harvey, la nave degli Alleati bombardata dagli aerei nazisti che al suo interno conteneva 91 tonnellate dell’arma chimica. (Vedi foto galleria)
L’iprite fu sintetizzata nel 1860 dal chimico inglese Frederick Guthrie, che ne osservò la potente azione: produceva infatti non solo irritazione e lesioni delle mucose, ma anche formazione sulla pelle di vesciche e piaghe difficili da guarire, arrivando addirittura a intaccare il midollo osseo. Venne comunemente chiamata “gas mostarda” per il suo caratteristico odore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’utilizzo come arma avvenne per la prima volta durante la Prima guerra mondiale: nel luglio del 1917, a Ypres, città del Belgio da cui poi prese il nome.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A Bari il gas contaminò le acque del porto e si propagò nell’aria, intossicando centinaia di persone, che videro la loro pelle prima divenire marrone e poi ricoprirsi di vesciche. La maggior parte di loro fu portata al Policlinico, lì dove gli Alleati avevano allestito un reparto ad hoc: l’Officers Mess 98 Br. Gen. Hospital.
Fu la prima volta che avvenne un contagio su larga scala, visto che nel 1925 il protocollo di Ginevra aveva vietato l’utilizzo bellico dell’iprite. La John Harvey trasportava infatti il gas segretamente.
E a quel punto intervennero gli americani, che presero di fatto la palla al balzo. Da tempo del resto avevano cominciato a studiare gli effetti della sostanza sull’uomo. Come? Somministrandola sotto forma di crema su circa 60mila militari del proprio esercito, testandone così l’azione sui differenti tipi di epidermide. Un terribile esperimento che fu rivelato pubblicamente solo nel 1993. Il disastro barese rappresentò quindi per loro un’occasione più unica che rara, perché avrebbero avuto la possibilità di soppesare tutta la forza bellica del gas.
Venne così inviato a Bari il dottor Stewart F. Alexander, che iniziò a visitare i pazienti, a seguire i loro trial clinici e a prelevare vari campioni di tessuto e di cellule. Con la “valigia” piena di prove ritornò quindi negli Stati Uniti, dove all’Università di Yale gli scienziati Louis Sanford Goodman ed Alfred Zack Gilman erano al lavoro sulla sperimentazione controllata degli effetti dell’iprite.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il team potè quindi studiare il fenomeno a tutto campo e quello che scoprirono esaminando i campioni fu sconvolgente. Per quanto il gas avesse distrutto totalmente il sistema immunitario delle vittime, aveva anche causato la riduzione e in alcuni casi la scomparsa di linfomi o patologie cancerose. Intaccando il midollo osseo era riuscito a spazzar via sia i globuli bianchi “buoni” che quelli maligni, ovvero le cellule tumorali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da arma l’iprite si trasformò quindi presto in un’alleata contro il male incurabile. Per farlo però fu necessario apportare dei cambiamenti nella sua struttura chimica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Venne sostituito l’atomo di zolfo (adatto alla creazione di esplosivi) con uno di azoto – ci spiega Giorgio Assennato, ex direttore responsabile dell’Arpa Puglia, tra i maggiori studiosi del gas -. Così fu sintetizzata l’azotiprite o “mostarda azotata”: un elemento che ha ancora la capacità di bloccare la mitosi cellulare e che può essere usata, assieme ad altre sostanze mediche, come cura per terapie antineoplastiche».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Di fatto grazie allo studio effettuato da Alexander a Bari si accelerò la ricerca e lo sviluppo della chemioterapia. E quindi se oggi ai tanti malati di cancro può essere perlomeno allungata la vita, lo si deve al sacrificio di quelle centinaia di militari e di baresi che morirono in quel triste 2 dicembre 1943.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- Armando Stavole - La' dove si dimostra che nulla e' completamente negativo