Il pianista jazz Eugenio Macchia: «Solo componendo musica si riesce a crescere»
Letto: 9902 volte
venerdì 18 luglio 2014
Letto: 9902 volte
di Nicola Paparella
Dunque… il jazz.
Sì, il jazz, che non si può imparare. Certo, lo si può studiare ma è l’improvvisazione che conta davvero. Il jazz segue canoni rigorosi, bisogna avere una buona conoscenza teorica, ma è necessario anche saper uscire dagli schemi. Quello che molti non capiscono è che il jazz non è un punto d'arrivo ("studio e quando sarò bravo passerò al jazz"), ma una forma di espressione musicale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come hai iniziato?
Ho preso lezioni private ma in buona sostanza sono un autodidatta. Suono da quando ho 6 anni. In casa era mio padre a suonare il piano. Ho cominciato con la classica, che non ho mai abbandonato e all’età di 10 anni ho scoperto il jazz, che si ascoltava molto in casa. Mi ha aiutato molto ascoltare dischi, credo sia la scuola migliore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E poi, quali esperienze hai maturato?
La più importante è stata quella di un jazz club di Gioia, il Uèffilo. Qui, come pianista fisso ho avuto la fortuna di conoscere e di studiare con dei grandi del jazz internazionale: Joey Calderazzo, George Cables, Kenny Barron, Robert Rodriguez, fino a Joe Locke e Terreon Gully.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel 2012 hai pubblicato il tuo secondo album: “In between”.
Nell’album ci sono sia originals, pezzi scritti da me, che jazz standards, brani della tradizione reinterpretati. Io suono sia il classico piano che il fender rhodes, un particolare tipo di pianoforte elettrico. Scrivo principalmente per trio (piano, basso e batteria). Il trio non smette di esercitare su di me un grande fascino, ma mi piace anche scrivere per quartetto e quintetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quindi sei anche un autore. Come ti approcci alla composizione?
Non ho un modo prestabilito per creare nuova musica. Spesso quando mi esercito mi soffermo su qualche idea e cerco di approfondirla dando vita a “qualcosa”, magari partendo da una cellula melodica o ritmica. Succede anche che prenda appunti su idee sulle quali ritorno piu' tardi, anche dopo mesi. I titoli che attribuisco ai brani però non sempre sono evocativi di un sentimento da cui è partita l'ispirazione, ma cercano di rappresentare il carattere del brano, il suo ritmo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un brano a cui ti senti particolarmente legato?
Non ci sono pezzi che mi rappresentano più di altri, ogni composizione riflette una fase del mio percorso musicale e compositivo. Per me la composizione è essenziale: attraverso essa riesco a scoprirmi, a capire chi sono. Suonando solo musica scritta da altri non si riesce a crescere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A quali artisti ti ispiri?
Miles Davis e John Coltrane su tutti, per quanto riguarda il jazz in generale. Per il piano, se dovessi citarne uno solo direi sicuramente Oscar Peterson. Anche Kenny Barron è un pianista che apprezzo molto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Bari è una città in cui si riesce a proporre jazz?
Credo che Bari e la Puglia più in generale sia una terra ricca di giovani musicisti di talento con belle idee e molta determinazione. Gli spazi riservati alla musica qui al Sud sono piuttosto pochi in effetti e sarebbe bello che a Bari ci fosse un jazz club stabile come nelle altre citta'.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel video "Night Dancer" di Eugenio Macchia:
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Nicola Paparella
Nicola Paparella