Sabrina Monno: «Le mie poesie una cura per chi abusa della propria immagine»
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venerdì 8 settembre 2017
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di Elena Lisco
“La bulimia dell’immagine”: ci spieghi il significato del titolo?
Riassumerei il concetto così: l’abuso di una certa immagine che diamo di noi stessi. Mi spiego meglio: oggi tendiamo a identificarci esclusivamente come “immagini”, cioè maschere che riversiamo sui social network, nostre rappresentazioni abbellite che derivano da continui stimoli esterni come pubblicità, riviste e cinema. Convivendo con questa situazione però, non ricordiamo più chi siamo davvero al di fuori di Internet. Ciò crea un grande disagio di fondo: si tenta quindi di risolvere il conflitto interiore che si crea “ingurgitando” con voracità sempre più “figure” di se stessi fino al punto di star male, e diventare, appunto, “bulimici”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perché hai scelto di scrivere su questo tema?
Perché anch'io in passato ho sofferto di questa “malattia”. Oggi la mia volontà è quella di denunciarla, risvegliando e curando tutti i “bulimici”, per farli tornare, come direbbe il regista svedese Ingmar Bergman, “a essere” e non semplicemente a “sembrare di essere”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come si articola la tua raccolta?
Può essere suddivisa in due momenti: prima e dopo Bologna. La parte iniziale riguarda molto i primi amori e le esperienze adolescenziali. La seconda è incentrata sulla vita da fuorisede e sulla gente incontrata in contesti variegati. In questi anni, nella città emiliana, ho conosciuto persone fantastiche, così uniche che mi è sembrato quasi un gesto naturale scrivere di loro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sembri molto legata a Bologna…
Lo sono infatti, tanto che le ho dedicato una poesia presente nell’opera: “Città rossa”, ispirandomi tra l’altro alla canzone “Bologna” di Francesco Guccini. Camminando sotto i portici, di notte, pensi davvero di poter incontrare Baudelaire mentre beve dell'assenzio. Bologna è una città decadente, come potrebbe non stimolare? Lì non si è più incompresi, proprio perché "l'unicità" è ricercata e incoraggiata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Bari invece ti ha ispirato in qualche modo?
Non proprio: Bari mi è sempre stata stretta. In Puglia la maggior parte di coloro che conoscevo trovava ridicolo il mio sogno: mi dicevano che sarebbe stato meglio scegliere un altro lavoro e che scrivere o fare cinema non mi avrebbe portata da nessuna parte. Ero (e sono) una sognatrice e purtroppo questi “consigli” non li ho mai accettati. Ancora oggi non so se sarei capace di dedicare qualche verso alla mia città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A chi si rivolgono le tue poesie?
Parlo di un universo composto da giovani, quindi loro potrebbero ritrovarcisi maggiormente. Tuttavia a dicembre ero tra i finalisti del "Premio Wilde" per la poesia e ho ricevuto complimenti anche (anzi soprattutto) da persone adulte: hanno affermato di essere state travolte dai miei versi. Riflettendoci, la “bulimia dell'immagine” è una realtà che viviamo tutti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oltre alla scrittura ti sei dedicata alla regia…
Il cinema in verità è il mio primo amore, infatti studio al Dams per diventare regista. Nel 2011 il mio cortometraggio "L'irrealtà reale" fu selezionato a "L'altro corto film festival" di Roma. Recentemente ho girato un documentario dal titolo "Ti amo...neanche io" che ho potuto presentare anche a Bari, nella Mediateca regionale. Ora sto lavorando al mio ultimo progetto, un cortometraggio che si intitola "Il puro e l'impuro".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?
Per quanto riguarda la letteratura il mio idolo è Elfriede Jelinek. Ha una padronanza del linguaggio straordinaria e non ha paura di colpire e far “star male” il lettore. Questa è una qualità che apprezzo molto. Dal punto di vista cinematografico invece il mio punto di riferimento è il già citato Ingmar Bergman: a lui ho dedicato anche una poesia della raccolta ("Figli"). Il cinema, il teatro e la saggistica di Bergman sono da sempre una guida per me: lui riusciva a creare immagini distruggendole allo stesso tempo.
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Scritto da
Elena Lisco
Elena Lisco