Letto: 5834 volte | Inserita: mercoledì 29 gennaio 2014
| Visitatore: Priscilla
Si fa presto a dire atleta. Un corridore senza coordinazione, un uomo muscoloso che non riesce a compiere trazioni alla sbarra, un body builder che flettendosi non riesce a toccare i suoi piedi. Questi sono tutti atleti sì, ma settoriali. Ripetere infinitamente un gesto tecnico porta certamente a ottimi risultati, ma l’intero corpo umano ne risulta compromesso.
L’allenamento funzionale invece sviluppa il corpo dal punto di vista muscolare, coordinativo, condizionale, propriocettivo e non ultimo mentale.
Si tratta di una serie di esercizi che simulando la gestualità quotidiana (sollevare un peso da terra, scansare un ostacolo, prendere un oggetto a volo, spingere un mobile, salire su una scala) migliorano la condizione fisica generale. Si praticano in una sala quasi vuota dove il corpo può essere più libero di muoversi e prendono spunto da altre discipline sportive riadattate, usando anche piccoli attrezzi come la palla medica , il fitball, la sacca bulgara, il kettlebell, le clavette o la sbarra per le trazioni.
Fondamentale è la progressione delle difficoltà: man mano che si impara un esercizio, questo deve diventare sempre più complesso. In questo modo si acquisiscono nuovi schemi motori che andranno a sollecitare non solo l’apparato locomotore ma anche e soprattutto il sistema nervoso, rendendo il training rilassante e stimolante.
Si sarà in grado quindi di sollevare 30 kg alla leg machine, di compiere un percorso di destrezza, di fare gol, di compiere una staccata sagittale e di avere esteticamente una bella struttura, conseguenza dell’allenamento e non finalità di esso. Tutto questo perché l’allenamento funzionale è la condizione “naturale” dell’allenamento.
Risponde
MARIA SERENA POMPILIO - Docente di Fitness
Laureata in scienze motorie, docente di educazione fisica, istruttrice fitness, personal trainer, è dal 2006 DOCENTE DI FITNESS E WELLNESS presso la facoltà di Scienze Motorie dell'Università di Bari