Ragazzi da tutta Europa, notti sotto le stelle e tanta musica: era lo Stop Over, il Woodstock barese
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giovedì 16 maggio 2024
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di Gaia Agnelli
Siamo nel 1986. A quei tempi il capoluogo pugliese non era affatto un posto turistico: ci si passava solo per imbarcarsi sui traghetti diretti per la Grecia. Erano comunque tanti i ragazzi che in estate facevano tappa qui, seppur solo per qualche ora.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Così ci fu chi ebbe un’idea: perché non intercettare i giovani invitandoli e invogliandoli a conoscere la città? Detto fatto. Accompagnato dallo slogan “spend one day in Bari” in poco tempo fu messo in piedi un sistema che comprendeva visite guidate, ingresso free nei musei, mezzi di trasporto gratuiti, oltre all’offerta di un pernottamento in un campeggio allestito nel verde della Pineta San Francesco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La cosa funzionò, ma quella che all’inizio sembrò essere solo una riuscita operazione di marketing territoriale, si trasformò ben presto in qualcosa di più grande. Perché i ragazzi baresi compresero subito i vantaggi di avere in città tante persone provenienti da tutta Europa e ne approfittarono.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Portarono così in Pineta idee, energia, musica e voglia di conoscere nuove culture. Nacque il “Bari rock contest”, che vedeva le band locali esibirsi assieme ai turisti. E fu in quel parco che mosse i primi passi il rap barese, con giovani artisti che per la prima volta ebbero la possibilità di mostrarsi in pubblico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E tra esibizioni di writers, spettacoli teatrali e recital di poesia, si crearono tante amicizie, sbocciarono amori ma soprattutto Bari, da sempre città periferica dell’Europa, ebbe finalmente l’occasione di confrontarsi con il “resto del mondo”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«In quel periodo stava spopolando l’Interrail, ovvero il progetto attraverso il quale gli under 30 potevano acquistare un biglietto che permetteva loro viaggi illimitati sui treni del Vecchio continente - ricorda il 50enne Tony Colella, all’epoca responsabile dell’ufficio stampa della manifestazione -. Molti ragazzi arrivavano quindi in Puglia, solo però per proseguire da qui il loro tour in Grecia e nell’ex Jugoslavia. Fu l’allora consigliere comunale Lucio Albergo ad avere l’idea di rendere Bari (all’epoca anche considerata una città pericolosa) più appetibile agli occhi degli stranieri di passaggio. E così il Comune, con la collaborazione del Cts (Centro turistico studentesco) e dell’Organizzazione turistica europea, diede vita allo Stop Over».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“Ti offriamo l'occasione di visitare una antica città, di passare una giornata diversa, di fare nuove esperienze: un giorno in più di vacanza con tante facilitazioni e sconti”. Così recitava il depliant (compreso di piantina del capoluogo pugliese) che invitava i giovani europei a “fermarsi un giorno a Bari”. I volantini venivano distribuiti nelle stazioni ferroviarie di Bari e Brindisi oltre che sui traghetti che venivano dall’Adriatico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ai giovani fino a trent'anni e non residenti in Puglia venivano offerte escursioni per visitare i trulli, le grotte e le masserie del Barese, l’uso gratuito del bus in città, l’ingresso libero nei musei e nella Pinacoteca e sconti per pasti in locali convenzionati. Oltre a un pernottamento “sotto le stelle” nella Pineta San Francesco, lì dove furono installati anche impianti per le docce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Naturalmente, incuriositi, i ragazzi baresi cominciarono a farsi vedere a San Francesco. «Cogliemmo subito l’occasione per entrare in contatto e fare amicizia con i giovani turisti – ci dice 52enne barese Michele Colella, che lavorò una stagione nello staff organizzativo -. Non dimenticherò mai una partita di calcio che giocammo contro dei neozelandesi ai quali insegnammo il nostro dialetto in cambio di lezioni di parolacce straniere. Si faceva festa in continuazione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Io e la mia comitiva passavamo intere nottate in Pineta, attratti da un’atmosfera di convivialità che non avevamo mai respirato prima – commenta il barese Giuseppe Dalfino –: Eravamo circondati da ragazzi provenienti da ogni dove che ci offrivano birre, ballavano con noi e parlavano lingue che non conoscevamo. Ricordo che avevo un danese a destra, un austriaco a sinistra, un tedesco di fronte, eppure in qualche modo ci si riusciva a capire».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Ancora oggi sorrido se ripenso a come rimanevamo incantati nel vedere le straniere in pantaloncini e top, un qualcosa allora impensabile qui - aggiunge Tony -. Facevamo a gara per candidarci come guide turistiche per passeggiare al loro fianco».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma a oltre alle feste e alla goliardia, la Pineta cominciò ben presto a divenire un luogo dove fare cultura. Lì venivano organizzati recital di poesia, happening per graffiti, performance teatrali, concerti musicali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In un vecchio articolo sul rap barese sottolineammo come questo genere prese piede in città proprio grazie allo Stop Over. «Si trattò di un’esperienza fondamentale – ci raccontò qualche anno fa Dj Argento, storico produttore barese -. All’epoca infatti non c’erano locali che ospitavano serate hip-hop, quindi era difficile avere un confronto con altri artisti. In Pineta invece avemmo finalmente l’occasione di avere un nostro pubblico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’evento più atteso era però il “Bari Rock Contest”, una gara musicale per la quale venivano montati due palchi (uno in stazione e uno in Pineta) sui quali si esibivano band e musicisti locali. Tutte le performance erano registrate, così la casa editrice “Stampa Alternativa” ogni anno produceva e pubblicava un disco che conteneva tutti i brani in competizione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Io sul palco del Rock Contest suonai nel 1991, con la mia band “Fibra” – dichiara il 58enne Nicola Bruno –. Conservo il ricordo su un 33 giri, la cui confezione è decorata a mano con pennarelli rossi e neri e ritagli di carta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Io invece mi esibii nel 1992 con il mio gruppo “My Name” - rammenta l’artista Bob Cillo -: quella fu la prima volta che feci un’apparizione in un disco. Ne conservo gelosamente una copia: sulla copertina sono segnati i nomi di tutti i partecipanti di quell’edizione tra cui i Red Fish, i Rhomanlife, i Different Nico, i Suoni Mudù. Anche se spesso le esibizioni vedevano la presenza di band straniere che portavano in città nuove sonorità».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E simbolo indiscusso dello Stop Over era il bus “Double Decker” a due piani che venne messo a disposizione dal Comune in quanto ormai inutilizzato. Inizialmente pensato per promuovere i volumi Millelire, divenne il mezzo che, dopo aver accolto i giovani che arrivavano in Stazione centrale, li accompagnava alla San Francesco. Si contraddistingueva per i graffiti realizzati sulla sua carrozzeria da due writers milanesi: Micky Degni e Thomas Nostran Visconti, quest’ultimo noto come “Graffio”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Ci munimmo di bombolette e decorammo il pullman in pineta, davanti agli occhi di centinaia di persone incuriosite - ricordano i due -. Il movimento dei graffiti era appena agli esordi e per i baresi si trattò quindi di una scena inedita: il nostro lavoro diventò uno spettacolo a cielo aperto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Lo Stop Over arricchì le estati baresi per diversi anni (accogliendo diecimili turisti a edizione), sino alla fine degli anni 90, quando a causa di disaccordi politici la manifestazione chiuse i battenti per sempre. «Restano però dei ricordi indelebili - conclude Tony –, perché quell’evento permise a noi giovani baresi, che viaggiavamo molto poco, di “visitare” tutto il mondo in un’estate».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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