Bari, le foto di Picone negli anni 50: ecco come è cambiata la zona antica del quartiere
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lunedì 3 giugno 2024
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di Marco Montrone
In quegli anni infatti la città si espanse e, così come accaduto per altri rioni come Carrassi o Murat, vennero abbattuti numerosi edifici storici per creare strade e piazze. Bari cambiò così radicalmente e pian piano dimenticò qual era il suo antico aspetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per fortuna però dai cassetti di vecchie case, vengono fuori a volte documenti d’epoca che permettono di ricostruire la storia della città. Come le fotografie risalenti agli anni 50 inviateci dalla signora Giovanna Mastrolitti, da sempre residente a Picone, che ci ha mostrato l’aspetto del quartiere prima che fosse rivoluzionato completamente. (Vedi foto galleria)
Bene. Osservando le preziosi immagini salta subito all’occhio come, negli anni 50, via di Tullio non esisteva ancora. Al suo posto c’era solo un breve tratto di strada (via Monfalcone) che terminava con una scaletta che dava accesso a una serie di edifici che vennero abbattuti con l’apertura di via di Tullio, avvenuta alla fine degli anni 60.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quindi, udite udite, le particolari scalette all’epoca erano due: quella di via Lucera (ancora esistente) e quella di via Monfalcone. Ed erano entrambe necessarie per raggiungere la “Montagna”: zona sopraelevata creatasi dopo il riempimento, nell’800, del letto dell’antico fiume Picone. Una lama che fu tombata producendo però una serie di avvallamenti, tra cui appunto la cosiddetta Montagna, che conserva ancora oggi i pochi sopravvissuti palazzi antichi di Picone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Guardando le foto notiamo poi come i palazzi ad angolo tra via di Tullio e viale Salandra risultavano già costruiti prima dell’apertura della strada. Così come era al suo posto il famoso eucalipto che leggenda vuole sia stato piantato dagli Alleati al ritorno in Patria come omaggio ai baresi.
Sulla viuzza era anche presente un capannone con il tetto spiovente: il deposito Pozzi, azienda che si occupava di vendita di vari materiali in plastica e in ceramica. «Mentre sulla sinistra c’era la grande ferramenta di Giovanni Di Marzo, officina che eseguiva anche impianti e riparazioni», ricorda Giovanna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un’altra vecchia immagine mostra invece via Bengasi, stradina che conduce a Palazzo Caleno, edificio del 1887 che cela al suo interno una piccola cappella. Quest’ultima per decenni ha conservato un grande presepe all’epoca famoso in tutta Bari le cui statue sono oggi custodite nella Pinacoteca Corrado Giaquinto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La signora ci mostra infine un’ultima immagine: quella di una processione “guidata” dalla statua di San Nicola immortalata proprio in via Monfalcone. «Accanto alla scaletta c’è la mia famiglia - ci avverte emozionata Giovanna -: è affacciata al balcone, per l’occasione coperto da lenzuoli di seta. Nel gruppo ci sono anch’io, ritratta da bambina in quella strada di Picone in cui sono nata e cresciuta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- Vito Petino - In palazzo Caleno, al primo piano, ha abitato per decenni la famiglia Caserta. Una delle figlie più piccole ha sposato mio fratello Tonino, che purtroppo non c'è più. Mio fratello aveva studio di odontotecnico in via Lucera, al piano terra nel portone dietro il muretto in cima alla scalinata, proprio di fronte a palazzo Caleno. Hanno avuto tre figli, Francesco, Vito e Samuela. Ma la storia è lunga una vita...
- nicola cutino - Articolo interessante. Voglio aggiungere che il luogo che descrivi era denominato VAILATE come suggerisce Paolo De Santis, imprenditore, poeta e scrittore più noto come il Signor Cambialone attore che imperversava sulle tv private per promuovere le sue aziende come Toscana Mobili e Italia Mobili. Scrive in una sua composizione: " ... nu sule de cambàgne ... ca nu peccenìnne chiamàmme mendàgne ... steve pure nu vere cambe de pallòne, addò le chiù granne scequàvene le partite. Tutte chedda zone se chiamàve VAILATE ... granne ... na specie de vallàte che le promondòrie, ma attùrne attùrne ieve tutte cambàgne chiene de descèse , de sprefùnne e salìte e, a la naschennùte, steve pure na grotte. Tanne u Vailàte ieve u regne de l' avvendùre, jì tenève seiànne e sceve che le chembàgne, tutte nzime,peccenùnne e granne, a la avvendùre, scemme scequànne e favèmme na baldòrie per totta la sanda dì, da la matìne fine a quande u sole tramendàve; po' arremanève desèrte ... s' agnève de coppiètte ..." Insomma un luogo di gioia, di scorribande, e giochi, di baldòrie e ... d' amore. ( in PAOLO DE SANTIS U barèse iè u dialètte mi', Di Marsico Libri Bari Marzo 2023)