Noci, l'abbazia Madonna della Scala: dove 22 monaci pregano e ''ascoltano''
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mercoledì 8 luglio 2015
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di Mimma Guagnano
Arriviamo intorno alle 18.30 di un venerdì di inizio estate, accolti da cartelli scritti in italiano e in latino che intimano al silenzio, proprio mentre il suono delle campane annuncia l’inizio della messa serale. Entriamo nella chiesa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci chiediamo come mai alcuni fedeli preferiscano prendere l’auto e venire fin qui piuttosto che andare ad ascoltare le messa nella parrocchia sotto casa, ma la risposta ci appare subito chiara quando nel silenzio assoluto i dieci monaci concelebranti intonano un canto gregoriano che risuona soave in tutta l’abbazia. I monaci sono disposti a ferro di cavallo e di volta in volta si alternano nelle letture. Il rito presenta molte pause, a differenza di una messa comune in cui di solito si va più “spediti” e le voci a cappella offrono una cornice perfetta a un momento già ricco di spiritualità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al termine della messa ci avviamo tutti verso lo spiazzo esterno. Qui incontriamo Antonio Cassano, un giovane monaco originario di Foggia che si trova qui dal 1992 e che gentilmente si offre di accompagnarci a visitare il monastero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Cominciamo il nostro percorso da un’area delimitata da un muretto che comprende un prato con maestosi alberi a fare ombra a una serie di panchine di pietra su cui spesso monaci e fedeli vanno a pregare in intimità. Adiacente si trova un cancello oltre il quale si apre la vista a un giardino nel quale sorge la villa che fu dimora di Laura Lenti, la nobildonna proprietaria in passato dei terreni su cui ora sorge il complesso. Questa dimora ora è adibita ad alloggio per l’accoglienza delle donne ospiti della struttura per brevi periodi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il monastero – ci dice il nostro accompagnatore - è spesso visitato da persone che vogliono passare qualche giorno qui. Sono laici, sacerdoti o suore che partecipano ai nostri riti, alle nostre preghiere, ai nostri pasti. Ma noi siamo molto selettivi, non si può considerare questo luogo un agriturismo per fare vacanza. Ci è capitato ad esempio che ci chiedessero stanze per pernottare durante il carnevale di Putignano, ma ovviamente abbiamo rifiutato. Chi arriva qui deve condividere i nostri ritmi di vita».
Ritmi che, nonostante la quiete che circonda il monastero, sono in realtà molto serrati. Tutti i monaci hanno la sveglia fissata alle 5 di mattina. Hanno poi mezz’ora per prepararsi, visto che alle 5.30 si parte con le due ore di preghiera, seguite da una breve colazione, perché poi alle 8 ognuno di loro dovrà essere pronto per svolgere il proprio lavoro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Tutti noi abbiamo un compito – ci spiega Antonio -. Io ad esempio sono il foresterario: accolgo gli ospiti, preparo le stanze, ricevo le persone, le guido. Poi ci sono i monaci che si occupano delle nostre campagne: abbiamo campi di ulivi e mandorli e masserie con le vacche dalle quali ricaviamo il latte che riusciamo anche a vendere ai caseifici nelle vicinanze. Dei giardini si prende cura invece un monaco con il “pollice verde”. E poi ancora sono presenti: l’infermiere, il bibliotecario, il “cellerario” (un monaco contabile) e il webmaster. Infine c'è chi restaura anche libri antichi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proseguiamo la nostra passeggiata e scorgiamo una pineta a ridosso della quale sorge una piccola cappella cimiteriale costruita nel 1968 e dove riposano per sempre i primi monaci che hanno abitato il monastero. Di fronte alla piccola cappella guardando sulla destra, si trova l’antica chiesetta dell’XI secolo, l’originale Santuario di Santa Maria della Scala che aveva già ospitato alcuni monaci benedettini in passato, dichiarata monumento nazionale nel 1910. La parete posteriore è stata rimossa per far sì che diventasse parte integrante dell’abbazia più grande costruita nel 1952 in stile neo romanico pugliese, alla quale fu poi aggiunto nel 1960 un campanile a otto campane. Il Monastero invece, dove vivono i monaci, è stato eretto nel 1930 ed è collegato alla chiesa più nuova grazie a uno splendido porticato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Donna Laura – racconta il monaco – pose delle condizioni alla comunità dei monaci in cambio della cessione delle intere sue proprietà che comprendevano i terreni intorno alla villa, le masserie, i frutteti. Una di queste era riferita all’altare di pietra dell’antica chiesetta: i monaci avrebbero potuto officiare messa nella chiesa grande solo se fosse stato utilizzato lo stesso altare. Grazie a una ingegnosa operazione degli operai dell’epoca fu accontentata. L’altare infatti per come era messo originariamente risultava posto lateralmente rispetto alla navata centrale della struttura moderna, quindi si pensò bene di ruotarlo di novanta gradi di modo che risultasse frontale. La soluzione piacque alla signora e l’altare è tuttora utilizzato».
Il nostro gentile accompagnatore ci invita a seguirlo all’interno dell’abbazia, passando attraverso l’ingresso dell’antica chiesetta nella quale è posta lateralmente la tomba con i resti di Laura Lenti. Dopo aver attraversato la lunga navata, percorriamo un corridoio che ci conduce al refettorio, un’ampia sala con i tavoli posti a ferro di cavallo. Qui i monaci pranzano e cenano in silenzio, mentre uno di loro legge testi sacri.
Da qui ci muoviamo per il chiostro, che si mostra a noi in un armonico equilibrio di geometrie fra il giardino e i porticati intorno ad esso, che culminano convergendo al centro dove sorge un antico pozzo che risale al XII secolo. Attraversiamo un piccolo androne che prepara all’uscita dal portone principale, che Antonio provvede ad aprire facendo girare delle grosse e rumorose chiavi nella serratura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo all’esterno, il nostro viaggio è finito. Prima di andarcene notiamo sulla facciata dell’abbazia un fregio su cui è scolpito lo stemma del monastero: una scala poggiata su tre colli e una stella. Davanti a noi invece si erge la statua di San Benedetto. Ci avviciniamo alla scultura e sulle sue fattezze di pietra vediamo incisa la prima parola della Regola del santo. Una parola di sette lettere, molto semplice ma al tempo stesso rivoluzionaria: “Ascolta”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Scritto da
Mimma Guagnano
Mimma Guagnano
I commenti
- Margherita Castellana - Un posto incredibile.