Letto: 4319 volte | Inserita: giovedì 14 aprile 2022 | Visitatore: Alfredo

Sono un padre di una bambina di 10 anni e di un bambino di 6 anni. Sono in crisi con mia moglie da ormai molti anni, ma non ho mai preso in considerazione di separarmi da mia moglie perché non voglio perdere i miei figli e il rapporto costruito, in tanti anni, con loro. Il Tribunale, in caso di separazione dei coniugi, è solito far trascorrere la maggior parte del tempo dei figli con la madre, relegando il tempo del padre a pochi weekend al mese. A me questa suddivisione del tempo non sta bene. Si potrebbe decidere diversamente? Si abbandonerà mai l’antico retaggio della madre come unico punto di riferimento nella crescita dei figli?

Da sempre, per convenzione sociale (e non per legge), la donna è stata identificata come colei che, meglio del padre, è dedita alla gestione e cura della famiglia e, in particolare, alla crescita dei bambini. In caso di separazione quindi, nella maggioranza dei casi, i figli vengono collocati in via prevalente presso la madre.

Tuttavia, la giurisprudenza dei vari Tribunali d’Italia ha, da tempo, abbandonato l’applicazione del criterio della maternal preference (che individua nella madre il genitore con il quale i figli devono convivere prevalentemente), agevolando il principio sull’affidamento neutrale dei bambini, che considera anche le buone capacità genitoriali dimostrate dal padre. Il padre, dunque, è finalmente visto come colui in grado di imporre e manifestare la propria capacità genitoriale in termini di affidabilità, complicità ed empatia verso i figli.  

Molteplici, infatti, sono le sentenze dei vari Fori italiani  in questo senso: Corte d'Appello di Perugia con sentenza n. 479/2021, Il Tribunale di Catanzaro, con la sentenza n. 443/2019, Tribunale di Firenze con sentenza n. 2945/2018, Tribunale di Brindisi Linee guida di marzo 2017, Tribunale di Perugia con protocollo di novembre 2014, Tribunale di Ravenna con ordinanza del 21 gennaio 2015,

Il filo conduttore di tutte queste pronunce è costituito dall’affido paritetico che consiste nella suddivisione in parti uguali dei tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore (per esempio prevedendo quindici giorni continuativi al mese con il padre e  i quindici giorni successivi con la madre).

Questa soluzione viene adottata valutando, caso per caso, l’età dei minori, le loro esigenze di cura e/o di studio, nonché la compatibilità del sistema con gli impegni lavorativi del singolo genitore. La collocazione paritetica è certamente la formula che meglio assicura ai genitori di poter mantenere e coltivare con i propri figli il rapporto continuativo goduto in costanza di matrimonio e, sul piano giuridico, quello che maggiormente rispetta lo spirito del principio di affido condiviso sancito e prediletto dall’ordinamento italiano.

Pertanto  se lei ha maturato la decisione di chiedere la separazione da sua moglie, non è detto che il Tribunale decida automaticamente per il collocamento dei figli presso la madre. Ben potrà, infatti, portare all’attenzione dei giudici tutti i fatti e le circostanze a suo favore nell’interesse primario dei minori a godere di una stabile e serena quotidianità anche presso di lei.

Il Tribunale, quindi, valutati tutti gli elementi, potrà disporre l’affidamento congiunto dei figli a entrambi i genitori con tempi paritetici di permanenza dei minori presso ciascuno. Del resto, ciò che conta è che i genitori siano affidabili e non perfetti e che i figli siano davvero felici.
 

Risponde

DANIELA CAPUTO - Avvocato specializzato nel settore del diritto civile e in particolare nel diritto della persona e della famiglia.

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Commento
  • Diego
    Vorrei chiedere all'avvocato Daniela Caputo se esistono delle regole di gestione dei cani in caso di separazione.
  • BARINEDITA
    Diiego può leggere qui la risposta alla sua domanda: https://www.barinedita.it/l-avvocato-di-famiglia/faq582/ci-stiamo-separando--il-nostro-cane-con-chi-andra-a-vivere

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