Bari, Santa Colomba: una cappella sconosciuta e una misteriosa salma
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lunedì 2 marzo 2015
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di Salvatore Schirone e Ilaria Milella
Una piccola cappella con una grande storia che parla del legame della città con la Francia, con Napoli e con una santa, che benché dimenticata, ha animato per secoli con le sue leggende, la fede dei baresi nella protezione divina dagli incendi e dalla siccità. Ci siamo rituffati in questo pezzo del nostro passato sotto la guida esperta della storica dell'arte, Angela Melpignano. (Vedi video)
Il maestoso palazzo che contiene e nasconde la cappella si affaccia su piazza Massari, ma la sua unica entrata è in via Francesco d'Assisi n.2. Dobbiamo aspettare che don Angelo Romita ci apra. E' lui il custode. Il Demanio, attuale proprietario dell'intero edificio, ha infatti concesso alla Curia arcivescovile l'uso della cappella interna per il culto riservato alla comunità ortodossa greca, che ogni domenica celebra la lunga liturgia bizantina dalle 8 alle 12. Il difficile permesso della nostra visita è infatti arrivato dalle autorità militari, pubbliche ed ecclesiastiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si resta però un po' delusi appena entrati. La chiesetta appare praticamente spoglia. Resta infatti ben poco del suo splendore originario. Inaccessibile il chiostro e il complesso del convento e sbarrato da una porta blindata l'accesso al piano superiore dove esiste ancora un antico organo. Spariti gli stucchi dei soffitti (abbassati per riadattarli ad uffici pubblici), alcuni pregevoli dipinti di cui troviamo traccia negli archivi di curia e la preziosa reliquia del corpo di Santa Colomba che si trovava sotto l'altare maggiore e che ora è conservata all’interno della Cattedrale di Bari. Fatta eccezione per gli affreschi della cupola, troviamo tre altari, due coretti e una grata dalla quale i monaci seguivano la messa. Segni del graduale abbandono durato secoli. (Vedi foto galleria)
Ma qual è la storia della cappella? Ce la illustra sempre il nostro cicerone, Angela Melpignano. Siamo nel 1745. I Vincenziani, la congregazione religiosa fondata in Francia da san Vincenzo De Paoli, in seguito alle persecuzioni degli Ugonotti abbandonano la terra di origine e fondano, tra le altre, una missione anche a Bari. Con l'aiuto di un sacerdote di Modugno, un certo Domenico Floro, riescono ad avviare nel 1748 la costruzione di un convento. Viene concesso dalla città uno spiazzale vicino al Castello Svevo, sulla strada principale di via Napoli. Il nostro attuale palazzo è dunque il primo grande edificio sorto fuori dalle mura cittadine. E nel nuovo convento ovviamente non può mancare una cappella per gli esercizi spirituali dell'ordine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con la soppressione degli ordini religiosi del 1806, il convento subisce la sua prima trasformazione d'uso, divenendo Collegio Regio. Tranne la breve parentesi di rinascita francese operata da Gioacchino Murat tra il 1813 e il 1815, il convento ritorna ai Borboni e con l'Unità d'Italia nel 1861 e la soppressione definitiva dei Vincenziani venne assorbito dal Demanio. Fino al 1863 è caserma dell'arma dei Carabinieri, poi ospedale militare fino al 1962 e infine sede del tribunale militare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fu probabilmente durante alcuni di questi successive cambi di destinazione d'uso che la cappella fu sconsacrata e spogliata dei sui arredi con la conseguente sparizione di due importanti dipinti di San Gennaro e San Nicola che celebravano il legame della città partenopea con Bari collegata dalla strada omonima, via Napoli appunto, che finiva proprio davanti al convento. Le foto di questi due dipinti sono conservate negli archivi della curia metropolitana, ma di essi si è persa purtroppo ogni traccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I Vincenziani, come abbiamo detto, fuggivano dagli Ugonotti. Questi erano calvinisti e non accettavano il culto delle reliquie, avevano infatti incendiato anche il corpo di San Vincenzo canonizzato nel 1737. Giunti a Bari, i seguaci di san Vincenzo portarono con sé anche le ossa di santa Colomba, una nobile vergine martirizzata nella città di Sens nel terzo secolo dall'imperatore Aureliano. Il corpo della santa fu ricomposto in una teca e posto sotto l'altare maggiore della cappella a lei dedicata. E stato lì fino all'8 maggio del 1939, quando fu spostato nella cripta della Cattedrale nell'abside di sinistra dove ancora si trova.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per come è conservato, fino agli anni 30 si è sempre pensato si trattasse di un corpo mummificato. In realtà la ricognizione e il restauro della reliquia effettuata nel luglio del 2005 affidati ad una équipe di esperti coordinata da Francesco Introna ordinario di medicina legale dell'Università di Bari, ha mostrato che si trattava si alcune parti di ossa umane ricomposte e tenute insieme da uno strato di cartapesta rivestita di seta. Lo studio medico ha messo in dubbio l'autenticità delle scheletro: tra le altre cose si è potuto constatare che il cranio e la spina dorsale non presentano alcuna lesione da decapitazione, come vuole l'agiografia del suo martirio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ben poco sappiamo di Santa Colomba e del suo culto. Una leggenda vuole che la santa per fuggire alla persecuzione di Aureliano abbia vissuto nella foresta in compagnia di un'orsa e che l'imperatore nella sua furia omicida decise di incendiare l'intera foresta. Ma Colomba invocò l'aiuto del Signore che la soccorse con una pioggia provvidenziale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da questo la convinzione che la santa stia fuori dalle mura a protezione della città dalle ogni calamità naturale, da incendi e siccità. Calamità che a quanto pare hanno sempre risparmiato Bari, ma non la cappella della santa, abbandonata all'arsura dell'oblio, alla consumazione del tempo, ai furti e all'incuria dei suoi ingrati e smemorati fedeli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel video (riprese di Gianni de Bartolo, montaggio di Carlo Gelardi) la nostra visita alla cappella di Santa Colomba:
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Salvatore Schirone
Salvatore Schirone
Scritto da
Ilaria Milella
Ilaria Milella
I commenti
- Luigi Quaranta - Iniziativa lodevole, notizia interessante. Ma solo quella (l'esistenza di questa piccola cappella dentro l'edificio dell'ex-tribunale militare. Spiace invece di dover sentire tante sciocchezze sugli Ugonotti (scacciati dalla Francia dopo l'editto di Nantes del 1648 e perseguitati dal re e dalla Chiesa cattolica). Se i vincenziani e i "bobbisti" (presumo i benedettini del monastero di Bobbio e non gli sportivi che praticano il bob...) trasportarono a Bari il corpo di questa Santa Colomba nel XVIII secolo (ma comunque a stare al vostro articolo ben prima della Rivoluzione Francese) non fu certo per colpa degli ugonotti né dell'anticlericalismo. Se volete continuare in questa meritoria opera di riscoperta e conoscenza della storia di Bari, fatelo con il dovuto rigore storiografico e scientifico.
- BARINEDITA - Caro Luigi, noi prima di scrivere qualcosa nei nostri articoli ci informiamo e anche tanto. Lei saprà cose che i nostri storici non sanno evidentemente....ma noi ci fidiamo delle nostre fonti. Il suo commento lo abbiamo pubblicato ma chiaramente non lo consideriamo attendibile.
- michele iannone - grazie per l'ottimo servizio. Un cordiale saluto
- RODRIGO TORRES - Lo sapete che in una chiesa messicana di Pachuca c'è la stesissima santa???