Efrem, Tanzi, Zeuli: gli antichi e imponenti palazzi nobiliari di Bari Vecchia
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lunedì 26 ottobre 2015
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di Alessia Schiavone
In realtà anche il borgo antico di Bari nasconde una parte “nobile”, fatta di storici palazzi dotati di cortili signorili e grandi portali. Si tratta per lo più di edifici rinascimentali e settecenteschi, appartenuti alla piccola e grande nobiltà locale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alcuni sono stati ristrutturati, altri invece versano in cattive condizioni. In molti sono ancora abitati da privati, mentre alcuni ospitano sedi di enti pubblici. Noi siamo andati a cercarli tra le strette strade di Bari Vecchia: ne abbiamo contati undici e questo è il nostro racconto. (Vedi foto galleria di Gennaro Gargiulo)
Il nostro punto di partenza è piazza dell'Odegitria. Abbiamo lo sguardo rivolto verso la Cattedrale di Bari. Se percorriamo la strada alla nostra sinistra, questa ci condurrà nella piccola piazzetta di Bisanzio e Rainaldo. Una volta giunti qui, sarà difficile non notare al civico 15 un imponente portale settecentesco sormontato da un'epigrafe che recita "A Girolamo De Angelis Efrem Patrizio di Bari".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si tratta appunto di Palazzo Efrem, oggi sede dell'Istituto di Teologia ecumenico-patristica "San Nicola". Apparteneva a una nobile famiglia di origine greca, la famiglia Efrem, rinomata per aver finanziato la costruzione del ciborio di Alfano da Termoli, all'interno della Cattedrale. Si racconta che proprio all'interno di questo edificio, costruito nel 1797, sia stato organizzato un fastoso ricevimento in onore di Gioacchino Murat. Varchiamo l'ingresso e percorriamo l'elegante atrio accerchiato da pallide pareti color crema e abbellito con piante di piccole e grandi dimensioni. Due scalinate laterali ci permettono di raggiungere il primo piano sorvegliato da un silenzioso uomo in pietra il cui sguardo è rivolto, attraverso una finestra, verso la città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In punta di piedi abbandoniamo la "religiosità" di questa struttura e ci dirigiamo verso il secondo palazzo nobiliare. Percorriamo prima un breve tratto di strada del Carmine e poi imbocchiamo strada Filioli. Dopo essere passati sotto il leggendario Arco delle Meraviglie, ci ritroviamo catapultati in una suggestiva corte triangolare in Strada Zeuli. I colori accesi dei panni stesi, le persiane verdi spalancate e un motorino grigio metallizzato stridono con il grigiore delle mura, i frammenti di balaustre e le scalinate laterali consumate. Il protagonista di questo quadro è Palazzo Zeuli, un prezioso superstite del Rinascimento barese oggi diventato un bed and breakfast. Costruito nel 1598, l'edificio inizialmente fu abitato dalla famiglia Fanelli, nobili giunti a Bari durante il ducato di Isabella D'Aragona e poi nel 1700 fu acquistato dalla famiglia Zeuli che affidò il restauro al talentuoso Giuseppe Gimma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Simbolo del palazzo è il cosiddetto "portone de isse e trase". «Nel 1700 scoppiò una diatriba tra gli Zeuli e il popolo barese- ci spiega Michele Fanelli, esperto conoscitore di Bari Vecchia che ci ha aiutato nel nostro racconto -. La famiglia aveva murato l'arco antistante al palazzo e chi voleva passare di lì doveva chiedere il permesso agli Zeuli. Ecco perché il portone viene chiamato “esci ed entri”». I litigi andarono avanti fino a quando nel 1790 il re di Napoli ordinò ai nobili di ripristinare il vecchio accesso, il passaggio però restò vietato alle truppe militari e ai carri funebri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Usciamo dalla corte e ci ritroviamo su strada dei Gesuiti. Lasciamo alle nostre spalle la romantica balconata decorata con balaustre in pietra di Palazzo Zeuli, per ammirare, sempre sulla stessa via, un'altra dimora dalle linee regali. I due edifici sono praticamente uno accanto all'altro, ma se palazzo Zeuli trattiene nelle proprie mura il peso dei secoli vissuti, Palazzo Calò-Carducci appare visibilmente "ripulito". Si tratta di una delle poche strutture cinquecentesche in città a possedere cinque sontuose arcate affiancate da un'elegante terrazza. Appartenuta alla nobile famiglia di origine greca Calò-Carducci, oggi è una residenza privata che è stata di recente completamente restaurata. In passato appoggiati ai pilastri che sovrastano l'edificio, padroneggiavano busti di imperatori romani in maiolica marrone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A questo punto del viaggio, decidiamo di recarci nella strada dei palazzi per antonomasia: strada Palazzo di Città, quella che unisce la Basilica di San Nicola a Piazza Mercantile. La raggiungiamo in pochi minuti dopo essere passati attraverso Vico del Lauro e aver superato Piazzetta Sant'Anselmo. Nonostante la via abbia subito diverse trasformazioni (era il vecchio centro di Bari), qui i palazzi risiedono fermi uno accanto all'altro, come se fossero intrappolati nel tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il primo che incontriamo volgendo lo sguardo a destra al civico 29 è Palazzo Zizzi, la dimora del medico di corte di Bona Sforza, regina di Polonia e duchessa di Bari nella prima metà del 1500. L'edificio a tre piani, seppur restaurato nel Rinascimento, conserva ancora pezzi dell'impianto originario medievale (le strette finestre ad arco per esempio). Anche su questo palazzo, come in tanti altri del borgo antico, una scritta in latino sovrasta l'architrave: Post tenebras spero lucem. Come già ricordato in un altro articolo, "Dopo il buio la luce" non è altro che la sintesi della vita di Onorato Zizzi. Il medico infatti, rinchiuso in carcere, fu poi liberato per guarire la regina da una terribile malattia a cui nessuno era riuscito a trovare rimedio. Ma sull'arco del portale, rinchiusi in una cornice quadrata visibilmente annerita, vi sono anche due medaglioni in pietra raffiguranti i due fondatori della città: Iapige e Barione. Anche in questo caso siamo di fronte a una residenza privata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un'altra epigrafe e gli stessi bassorilievi sull'architrave li ritroviamo un po' più avanti, al numero 54, in un altro edificio del XVI secolo: Palazzo Tanzi. La struttura appartiene alla famiglia Tanzi, originaria del Nord Italia di Blevio e trasferitasi a Bari con la duchessa Isabella d'Aragona nel 1500. Sulla decorazione in ferro del portone, sono incise le iniziali della famiglia. Oltrepassiamo l'ingresso e percorriamo l'androne conservato in buono stato, dove si affaccia anche il retro di una pasticceria. Due stemmi impreziosiscono la struttura. Uno è posto sull'arcata che sormonta la scalinata principale e l'altro è collocato accanto alla porta d'ingresso del primo piano, dove ancora oggi vive l'ultimo strascico nobiliare della famiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il nostro casato è originario di Blevio, in provincia di Como - racconta l’87enne Giuseppina Calabrese Tanzi-. Dopo la morte di mio marito Italo Camillo Arturo, mia figlia Matilde Aurora è diventata ultima erede della famiglia. Oggi lei ha 50 anni ma è ancora senza figli». Giuseppina ci accoglie tra le mura della sua casa e ci mostra i tesori di un salone ottocentesco perfettamente intatto. Le pareti pastello, in alcune parti ingrigite, sono ricoperte dai ritratti dei componenti della famiglia. L'arredamento, impregnato di nobiltà, si distingue per le raffinate sedie e poltrone color verde oliva impreziosite con una decorazione floreale e per i piccoli tavoli rotondi che riecheggiano l'atmosfera tipica dei salotti letterari. «Il palazzo è famoso proprio per questo salone- sostiene orgogliosa Giuseppina-. Qui il mio antenato, il sindaco Carlo Tanzi, nel 1814 firmò con i Borbone l'atto di ampliamento di Bari». Difatti proprio di fronte al palazzo Tanzi, un tempo sorgeva il Municipio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A chiudere la via dei palazzi nobiliari, ubicato al numero 61, c'è il Palazzo D'Amelj risalente al 1700 e appartenuto alla famiglia omonima composta da ricchi feudatari provenienti da Binetto. Sulla facciata, accanto al portone principale, regna una delle 240 edicole votive presenti in città, recentemente restaurata e raffigurante la Madonna del Lume. «Questo edificio è conosciuto anche come palazzo Grimaldi- sottolinea il 45enne Pino, uno degli attuali proprietari-. Al momento le famiglie che ci vivono sono 20».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In origine era un monastero ed era collegato con l'attuale chiesa di sant'Anna. Non a caso al primo piano risiede, custodita in un cancelletto di legno, una cappella dai toni barocchi dedicata alla Madonna del Rosario. L'intera stanza, circondata da pareti sporche e degradate, è avvolta nella penombra. Gli unici fasci di luce provengono dalle finestre e dalla profonda scalinata che conduce alla loggia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giunti al termine di strada Palazzo di Città, ci addentriamo in via Francigena fino a che una vecchia targa dai contorni consumati ci indica a sinistra l'inizio di Strada Verrone. È in questa via, al numero 8, che sorge il palazzo omonimo oggi casa della galleria d'arte contemporanea "Doppelgaenger". Si mostra come un connubio perfetto tra epoche diverse: il portone settecentesco, le finestre rinascimentali e le vecchie facciate medievali. L'edificio infatti, che era di proprietà della famiglia Verrone, ha assorbito nella propria struttura quelli che sono stati i cambiamenti architettonici del borgo antico. Nato come casa torre medievale, ha indossato per alcuni secoli le vesti rinascimentali per poi essere in parte ristrutturato e modificato nel 1700.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proseguendo verso sud, ci dirigiamo verso strada della Torretta per poi svoltare a sinistra in vico Dè Gironda. Qui troviamo Palazzo Simi (di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo), appartenuto dalla fine del XVII secolo ai Simi de Burgis, un'antica famiglia patrizia proveniente da Lucca e Palazzo Gironda, originariamente proprietà di marchesi di Canneto e riconducibile al XVII secolo. Guardandola dall'esterno è evidente come quest'ultima struttura, visibilmente logorata e annerita, sia nata in realtà dall'unione di più edifici. Nel 1803 fu utilizzata come sede del Comando delle truppe francesi di stanza a Bari e ora è diventata una dimora privata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Facciamo un passo indietro e ci immettiamo nuovamente in strada della Torretta. Camminiamo per duecento metri tra diverse viuzze fino a raggiungere strada dei Dottula. Qui riconosciamo Palazzo Bianchi-Dottula, un esemplare barocco databile al XVII-XVIII. Deve il suo nome all'unione nel 1700 di due famiglie: i Kyri Dottula e i Bianchi. I primi, di origine greca, arrivarono a Bari nel 672 e furono particolarmente stimati per aver finanziato nel 1087, insieme con gli Efrem, la traslazione delle ossa di San Nicola. I secondi invece vennero da Bologna e ricevettero solo alla fine del XVIII secolo il titolo di marchesi per l'acquisto del fondo di Montrone. Nel palazzo, che non si presenta in ottime condizioni, è inglobata anche la cappella dedicata a San Martino risalente al IX secolo, di cui possiamo ammirare il portale settecentesco. L'ultimo piano dell'edificio si compone di finestre ad archi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il nostro tour finisce qui. Vi lasciamo con una galleria fotografica che speriamo possa rendere la bellezza e l’imponenza di questi edifici che raccontano la Storia della città di Bari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Alessia Schiavone
Alessia Schiavone