di Gabriella Quercia

Il ''far west'' di Bari, tra case diroccate e maiali sgozzati: «Qui è nato Savinuccio»
BARI – C’è un fazzoletto di terra che si affaccia su via Giuseppe Cifarelli, prolungamento di via Capruzzi, dove tra case diroccate, muri scorticati e piccole viuzze, il tempo sembra essersi fermato. Come in via Oberdan, che è esattamente all’estremo opposto dell’estramurale barese, anche qui sopravvive un’altra zona degradata del capoluogo pugliese: è il cosiddetto “far west” di Bari. (Vedi foto galleria)

Noi ci eravamo passati tre anni fa, evidenziando in poche righe una situazione di sfacelo e abbandono. Ora ci siamo ritornati, per fare un vero e proprio “viaggio” al suo interno, durante il quale abbiamo scoperto però anche tanta vitalità.  Si tratta di un lembo di terra stretto tra il Quartierino e la ferrovia, dove vivono in una ventina di casupole una decina di famiglie, per un totale di un centinaio di persone. Gente che a due passi dal centro abbiamo trovato alle prese con pollai arrangiati in un normale piano terra e maiali sgozzati nell’androne di un portone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Tutti lo conoscono come “far west” perché molti anni fa qui sono avvenute parecchie sparatorie: i litigi tra famiglie si risolvevano “a modo loro” », ci dice il 45enne Leonardo, che vive da sempre qui. Non c’è quindi da stupirsi se c’è chi racconta che tra queste mura decadenti sarebbe nato Savinuccio Parisi, colui che sarebbe poi diventato, a Japigia, il massimo boss mafioso di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È il 50enne Pino, che incrociamo durante il nostro giro, a illustrarci sul passato di Parisi. «Ho sempre abitato più avanti, nei pressi dell’ex passaggio a livello – ci dice l’uomo -. Ma mio fratello negli anni 60 veniva spesso a giocare a pallone nel far west e tra i suoi coetanei c’era anche Savinuccio. Io ero più piccolo quindi non lo conoscevo personalmente, però mi ricordo bene che la domenica vedevamo gli abitanti del quartiere, compreso Parisi, che uscivano a cavallo per fare un giro in città. Ho memoria di lui a cavallo con il padre».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Date queste premesse, non ci resta che andare a visitare il “quartiere”, che si presenta agli occhi dei passanti con un grande spiazzo di “breciolina” delimitato da un recinto alto poco più di un metro e mezzo. Nel piazzale c’è anche una porta da calcio, senza rete e sono parcheggiate diverse auto. Tutt’attorno case grigie e malandate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Notiamo però una casa abbandonata che si affaccia su via Cifarelli che conserva orgogliosa tracce di un antico splendore: tre piccoli balconcini dalle delicate ringhiere in ferro battuto si affacciano timidamente sulla via trafficata. Leonardo ci dice che questa casa apparteneva a due coniugi anziani e che prima di essere acquistata da un facoltoso privato è stata abbandonata per decenni. Adesso su una delle porte fatiscenti dei locali al piano inferiore svetta un cartello “affittasi”, nella speranza di restituire un flebile alito di vita al vecchio casolare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Accanto al palazzo parte una piccola stradellina, via Potenza, popolata da un’autocarrozzeria e qualche altro esercizio simile. In fondo alla via si erge solitaria una “cape de fiirre”, una vecchia fontana di ferro. Giriamo a questo punto a destra: siamo su via Matera, il cuore del far west. Qui ci troviamo davanti a una singolare scenetta: un uomo e una donna stanno curando un piccolo pollaio, al piano terra di una delle palazzine del quartiere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La signora non sembra gradire la nostra presenza, ci guarda di soppiatto e si allontana furtivamente in silenzio. Il nostro unico interlocutore rimane quindi l’arzillo marito, dallo sguardo vispo e dal sorriso accomodante e gentile. «Vivo qui da quando sono nato – ci racconta – ho 74 anni e sono un contadino. Poi ho questo pollaio in cui allevo una ventina tra galline e tacchini. Li curo per me, non li vendo mica».  Il signore quindi ci fa comprendere come la zona sia molto antica, nata perlomeno nei primi decenni del Novecento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Facciamo qualche passo avanti inoltrandoci tra le piccole case. Molte sono a un piano, pochissime sono a due piani e ristrutturate. Quasi tutte presentano degli addobbi natalizi, in vista delle imminenti feste. In una piccola recinzione è stata adibito un giardinetto con delle statue religiose: salta all’occhio una campana con gli interni di un vivace celeste in cui è racchiuso Gesù con le mani al cielo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E su un muro un’edicola votiva attira la nostra attenzione: è ricavata in una finestrella ed è intitolata ai santi medici Cosma e Damiano. Anche qui c’è il volto di Cristo, che però ha qualcosa di diverso dal solito: è infatti un fotomontaggio con il viso di uno degli abitanti del quartiere, tale “San Vincenzo del far west”. Sulla stessa via due braccia di ferro conficcate nel muro fungono da balcone, dove sono stesi dei panni appena lavati. E spicca uno scivolo per bambini: uno dei pochi oggetti colorati nella circostante desolazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel frattempo, la nostra presenza ha attirato un gruppetto di curiosi al quale chiediamo se oltre al pollaio visto poc’anzi sono presenti altri allevamenti di animali. Il sorriso un po’ malandrino del signor Enzo ce lo conferma. «Proprio adesso abbiamo ucciso un maiale – dice indicando una porticina semi aperta –. Lo abbiamo fatto qui, in questa casa in cui non vive più nessuno». Ci affacciamo: il locale è avvolto nel buio, ma a terra, non molto distante dall’ingresso, notiamo distesa quella che sembra essere una carcassa. Mentre cerchiamo di cogliere furtivamente altri dettagli dello sgozzamento, un uomo con stivali da pioggia verdi entra nel portoncino e chiude la porta alle sue spalle. Non senza riservarci prima un’occhiata fredda e inospitale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Continuiamo il nostro giro e giriamo a sinistra in una stretta strada: via Giuseppe Colapietro. Sembra più deserta e desolata delle altre, circondata com’è da un alto muro di cemento. All’imbocco tavoli di plastica, un carrello della spesa con delle cianfrusaglie dentro, scope e altri oggetti per la casa sono poggiati sul marciapiede. Scattiamo qualche foto, ci guardiamo attorno ma sembra non esserci nessuno, finchè, dietro una zanzariera e delle tende bianche, scorgiamo lo sguardo interrogativo di Vincenzo, un signore di mezza età dai capelli castani e gli occhi celesti. La nostra presenza diventa per lui una buona opportunità per denunciare la situazione di disagio che gli abitanti della zona sono costretti a subire.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Se vi siete chiesti perché c’è ancora la fontana lì dietro – asserisce l’uomo – è perché fino a due anni fa non avevamo neanche l’acqua. Adesso abbiamo risolto questo problema, ma se n’è aggiunto un altro: manca la luce. Questo grande lampione fuori uso che vedete qui in alto era l’unica illuminazione per questa via che viene continuamente presa d’assalto da ragazzi che si drogano o coppiette. Non siamo al sicuro in casa nostra, ma alle istituzioni questo non importa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non resta a questo punto che andare via, ma prima di voltare le spalle al rione ci sentiamo osservati, di nuovo. Aguzziamo la vista e vediamo una signora dai capelli scuri che ci scruta di nascosto da una delle finestre del casolare più decadente dell’intera zona. È una dei cento abitanti del quartiere, un altro brandello di vita che sgomita nel piccolo far west di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Il grande piazzale del far west visto da via Cifarelli, prolungamento di via Capruzzi
Una porte da calcio arruginita è ancorate al terreno del piazzale
Uno degli edifici fatiscenti che svettano sul largo del rione
Un casolare abbandonato su via Capruzzi
Il cartello che indica l'inizio di via Potenza, animata almeno di giorno da un'autocarrozzeria
In fondo a via Potenza una piccola fontana si erge solitaria
Svoltando a destra da via Potenza ci si immette in via Matera
Una panoramica di via Matera, altra stradina fatiscente della zona del far west
Uno dei tanti edifici diroccati dell'area
Il pollaio allestito in un piano terra di via Matera
Qui vengono allevati una ventina di tacchini e galline
Una delle poche case ristrutturate della zona
Un piccolo giardinetto adibito a luogo di preghiera
Poco più avanti spicca un'edicola votiva curata dagli abitanti del posto
Uno spiritoso fotomontaggio caratterizza un'altra edicola votiva: il volto di Gesù è stato sostituito con quello di un abitante del quartiere
Di fronte alle edicole sventolano alcuni panni stesi e uno scivolo colorato
Via Giuseppe Colapietro, strada circondata da un alto muro di cemento
L'unico lampione della via ormai è fuori uso: gli abitanti di sera camminano al buio



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  • anna maria lupo - Bravi, avete scoperto un lembo di Bari sicuramente ignorato dalle Istituzioni. La periferia non è considerata per niente!
  • Maria - Savinuccio non è nato lì, non è vero, lo conoscevo che eravamo bambini, via Pietro Ravanas angolo Principe Amedeo.
  • marina - Complimenti davvero un bell'articolo !
  • i magnifici del farwes - Cara Gabriella via su Facebook e vedi i magnifici del farwest no qui siamo una famiglia e non esistono cose illeciti si chiama farwest perché li un tempo le case ero no stalle quindi nessuno si è mai sparato al farwest comunque noi siamo orgogliosi di vivere al farwest
  • antonio arky colavitti - ci sono stato in una delle mie ultime venute a Bari, nel far-west "di noialtri" e devo ammettere che non ne conoscevo affatto l'esistenza, passare davanti quelle case incuteva un certo timore: non è da tutti restare impassibili davanti certe realtà, ma il nostro amico carrozzaio ci ha tranquillizzati. Bella esperienza, nulla in confronto a zone periferiche di altre nss grandi città...
  • francesco - non so come si faccia ancora a vivere ai limiti della sporcizia e del degrado fisico morale e soprattutto sociale in un'area che a mio parere andrebbe abbattutta con la forza e si dia almeno un alloggio popolare e decoroso a questa genter, che pur volendo rimanere in zona, non si rende conto che la vita fuori da quel ghetto, continua e nel migliore dei modi non ci sono negozi ne spazi pubblici né cassonetti di immondizia, ma si puo' ancora vivere in questo modo nel 2020 in strutture che sono a dir poco stomachevoli? io non lo so lavita e' una ma i residenti del quartiere come fanno a non rendersi conto della malsanita' di questo borgo? ma beati loro che sono la e non si fanno problemi eppure e' una bella area dove andrebbero fabbricate case decenti e più decorosein modo da rivalutare bari per quella che e' una gran bella citta' commerciale, di benessere e di vita, non e' possibile concepire una vita in questo modo dove ancora si macellano i maiali e si allevano gli animali da cortile; pazzesco quasi da fine 800 se non prima


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