Bari, in via Ulpiani si staglia un edificio neoclassico circondato da un agrumeto: è la sede del "Crea"
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venerdì 20 dicembre 2024
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di Olga Festa - foto Paola Grimaldi
Quello di cui parliamo è un edificio che da sempre ha avuto una vocazione “agricola”. Fu infatti commissionato alla fine dell’800 dalla famiglia Balbiani (composta da proprietari terrieri e commercianti di olio, vino e mandorle), affinché diventasse una scuola di olivicoltura e viticoltura. Successivamente venne adibito a “Cattedra ambulante di Agricoltura”: un’istituzione che offriva corsi di formazione itineranti per trasmettere agli agricoltori le tecniche derivanti dalle scoperte scientifiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E infine nel 1919, come detto, divenne Stazione Agraria Sperimentale, proprio grazie ad Ulpiani che ne fu il primo direttore avviando studi che continuano ancora oggi. Lo scopo iniziale era risolvere i problemi dell’agricoltura meridionale con particolare attenzione all’aridocoltura, ovvero tutte quelle pratiche che servono a valorizzare l’acqua per scopi agricoli. Purtroppo Celso non ebbe molto tempo per condurre gli studi qui in Puglia, perché morì qualche mese dopo l’inaugurazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nonostante ciò l’istituto ha proseguito la sua strada e nel 1999 è divenuto la sede barese del Crea (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria): il principale ente italiano che studia e analizza tutte le fasi del processo di coltivazione e trattamento dei prodotti agricoli e alimentari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per raggiungere il complesso ci lasciamo alle spalle via Re David per imboccare la più silenziosa via Celso Ulpiani, ricca di ville in stile liberty, chiesette e storiche scuole. Dopo qualche metro, sulla destra, ecco apparire la facciata posteriore del Crea, di color giallognolo, che si erge tra le decine e decine di alberi di mandarini e arance del suo giardino, creando un coloratissimo colpo d’occhio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Costeggiamo quindi il muro perimetrale, ricoperto di murales, per arrivare davanti all’ingresso dell’edificio, posto di fronte alla scuola Romanazzi. Superiamo così un cancello per accedere in un’area dominata da alberi sempreverdi e soprattutto dall’agrumeto, da anni utilizzato per studi di idrologia del suolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al centro si trova il palazzo ottocentesco: è su due livelli e presenta un’eclettica facciata che, pur ricordando il “neoclassicismo murattiano”, presenta elementi barocchi. «Un esempio è il frontone spezzato - sottolinea l’architetto Simone de Bartolo -: permette di distinguere il partito architettonico centrale dell’edificio che sovrasta gli archi “scemi”, ovvero ribassati, alternati all’arco a sesto pieno del secondo piano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Centrale è anche il balcone in pietra, arricchito da balaustri a sezione tronco-conica rinascimentali intervallati da pilastri decorati da un motivo a festone di quercia. Su quest’ultimo spiccano dei pomi, presumibilmente dei melograni, che rafforzano il legame storico del palazzo con il mondo agricolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma è arrivato il momento di entrare. Ad accoglierci è Domenico Ventrella, il responsabile di sede del Crea. «La storia del centro comincia più di cento anni fa con l’opera di Celso Ulpiani e i suoi studi sull’aridocoltura - esordisce -. A distanza di tanto tempo è ancora questa la principale tematica affrontata: ha caratterizzato il lavoro di tutti i direttori e ricercatori che si sono susseguiti negli anni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggi la sede barese vanta un team composto da una cinquantina di ricercatori e personale tecnico, che opera non solo nella sede centrale di via Celso Ulpiani, ma anche nei laboratori di Foggia, Bitetto, Rutigliano, Monteroni e Metaponto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Le ricerche che facciamo sono molto variegate - sottolinea Ventrella -. Ad esempio a Monteroni, in provincia di Lecce, studiamo l’ulivo per la valutazione della resistenza alla Xylella, mentre a Bitetto il protagonista è il mandorlo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci guardiamo attorno soffermandoci sui tanti scaffali che ospitano strumentazioni storiche e importanti reperti legati ai diversi ambiti di ricerca. Conducono lo sguardo fino all'imponente scalinata in pietra che collega i due piani, punteggiata di fotografie d’epoca che ritraggono lo stabile e i suoi direttori, tra cui Celso Ulpiani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il primo livello è quasi interamente dedicato ai laboratori, in particolare a quelli di Idrologia e di Analisi chimiche e fertilità del suolo, mentre il secondo è destinato agli uffici e all’antica biblioteca che conserva documenti e saggi centenari della struttura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Queste stanze sono state frequentate da migliaia di studenti di generazione in generazione – conclude la nostra guida -. C’è stato sempre un forte rapporto con il Campus di Bari, in particolare con la facoltà di Agraria. Il centro di ricerca permette infatti ai giovani agronomi di provare sul campo ciò che apprendono in aula: è fondamentale per lo studio dell’agricoltura».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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