di Gaia Agnelli

Triggiano. Nobile dimora, rifugio per ragazzi, discarica: le mille vite dell'antica Villa Carbonara
TRIGGIANO – In via Pertini, alla periferia di Triggiano, si erge dal lontano 1847 un leggendario edificio: Villa Carbonara. Si tratta un’antica dimora dalle mille vite che, seppur abbandonata da più di quarant'anni, nel corso del tempo è divenuta un punto di ritrovo per i giovani del posto che l’hanno deputata a luogo dove passare le serate tra amici, appartarsi con fidanzati e fidanzate e rifugiarsi quando si faceva “x” a scuola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Uno “spazio aggregativo” che ha svolto la sua funzione sino all’inizio del nuovo millennio, quando in vista della costruzione di moderni condomini nell’area circostante, è stato tristemente murato dal Comune. Da allora la giace lì solitario e vandalizzato, conservando però ancora i ricordi dei tanti ragazzi che l’hanno frequentato in passato. (Vedi foto galleria)

Per raggiungere l’edificio da Bari, prendiamo la statale 100 per poi imboccare lo svincolo Triggiano-Capurso. Entriamo quindi in paese da via Casalino, per girare subito a destra in via Pertini. Questa strada dopo aver “svoltato” a sinistra conduce dopo pochi metri davanti a un’area alberata al centro della quale si fa spazio Villa Carbonara, con il suo colore rosso ormai sbiadito dal tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lo stabile si sviluppa su tre livelli: il sotterraneo (che leggenda vuole sia stato realizzato in un più antico ipogeo), il piano terra e quello superiore (quest’ultimo corredato di una terrazza). È in stile neoclassico, anche se può contare su un elegante portico adornato con lesene dai capitelli corinzi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Su una parete è affissa una targa in pietra che ricorda l’anno di fondazione: “1847”, accanto al quale sono incise due lettere: “V” e “C”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Sono le iniziali del suo primo proprietario della villa: Vincenzo Carbonara  - ci illustra l’esperto di storia locale Vito Innamorato -. Il casino rappresentava molto probabilmente una casa di villeggiatura, all’epoca completamente circondata dalla campagna. Sembra anche che in questa zona ci fosse una sorta di bosco dove si andava a cacciare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un nobile passato che è stato sepolto dal degrado: quello che un tempo era il giardino della villa è diventato infatti una discarica a cielo aperto. Tra gomme di automobili, materassi, buste colme di vestiti sporchi, bottiglie e sedie rotte, risulta difficile percorrerne il perimetro senza inciampare in qualche rifiuto. Risultano poi divelti i gradini della scala di accesso, i muretti che delimitavano l’area, le panchine e la pavimentazione a mattonelle dell’atrio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La villa è infatti stata abbandonata più di quarant’anni fa, quando i proprietari dell’epoca si trasferirono altrove e frazionarono l’immobile tra più eredi. L’idea era quella di demolire l’edificio, cosa che però non avvenne. Così la dimora fu presa in possesso dai giovani triggianesi che, soprattutto negli anni 90, ne fecero un luogo di ritrovo e di rifugio. Per un po’ di tempo quindi ci fu chi fece rivivere il luogo, ma all’inizio del nuovo millennio per ragioni di sicurezza il fabbricato fu murato, divenendo così, da allora, terra di nessuno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I muri esterni della villa ricordano però ancora oggi quando il fabbricato era “abitato” dai ragazzi, tra firme incise nella pietra, vari disegni e graffiti di ogni genere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Da piccoli la chiamavamo la “casa abbandonata” – ci illustra il 41enne Giorgio -. Negli anni Novanta, prima che fosse del tutto depredata, vi erano ancora i vetri alle finestre e dentro si trovavano armadi, materassi e oggetti da lavoro quali forconi. Per i giovani triggianesi era il luogo dove poter fare “di tutto” lontano dagli occhi dei genitori: dal fumare le sigarette allo scambiarsi i primi baci con le ragazzine».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra i tanti nomi incisi nelle pareti leggiamo quelli di Kobra, Nik e Zuzzo. «Quest’ultimo era il mio soprannome - afferma il 41enne Enzo  -. Ho frequentato la villa durante la mia adolescenza, negli anni 90, e ancora oggi quando vi passo mi fermo a leggere nostalgicamente la mia firma e quella dei miei amici. Lì vicino un tempo c’era un campo da calcio, così dopo le partitelle ci appartavamo lì per mangiare una pizza e chiacchierare fino a quando non arrivava l’ora della “ritirata”. Ci faceva sentire indipendenti: soprattutto la domenica pomeriggio era tappa fissa incontrarsi lì».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Enzo ci spiega come ogni piano avesse una propria “destinazione d’uso”. «L’atmosfera era bella perché convivevano più comitive contemporaneamente, una per livello - sottolinea -. La regola era che i più piccoli restavano al piano terra, mentre quelli più grandi monopolizzavano il secondo piano e la terrazza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E il sotterraneo? «Quello era il posto in cui nessuno poteva entrare, soprattutto di notte - spiega il 50enne Valerio -. Si spacciava, si “parcheggiavano” gli scooter rubati e vi dormivano i senzatetto. Aveva un ingresso dall'interno e uno sbocco fuori, dal retro: utile per correre via quando arrivavano i controlli. Villa Carbonara era un posto tanto amato quanto discusso: vi succedeva di tutto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il luogo più spericolato e “underground” era invece la terrazza, lì dove sembra abbia preso piede il “parkour” cittadino. «La casa all'interno era uno scheletro su più piani – ricorda il 40enne Nicola -: vi si poteva saltare da uno all'altro senza usare le scale, sino ad arrivare alla terrazza. Da qui c’era chi saltava giù dall’altezza di quasi sette metri. Era pericolosissimo, tanto che provarono a metterla in sicurezza più volte: ma ogni recinzione veniva sistematicamente abbattuta. Coloro che si divertivano a saltare si trasformavano poi in “writers”: usavano le pareti della villa come tele per i loro graffiti dando libero sfogo alla creatività».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di tutta quella “vita” oggi a Villa Carbonara non è rimasto nulla, anche se c’è da dire che il luogo non è stato abbandonato del tutto. Vediamo infatti un gatto grigio venirci incontro: lo seguiamo, per imbatterci così in una cuccetta nascosta in un angolo del giardino. Andate via le persone, ci pensa quindi una colonia felina a fare da guardia all’antica dimora triggianese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Il video della nostra visita a Villa Carbonara:



© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



Gaia Agnelli
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  • enzo - interessante ed esaustivo articolo; mette in luce quanto in diversi anni, questa dimora ha celato nel luogo. brava e complimenti per il linguaggio chiaro e scorrevole.


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