La "cava del prete", quel giacimento di tufo che servì a costruire il lungomare di Bari
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venerdì 15 marzo 2019
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di Luca Carofiglio - foto Antonio Caradonna
Come è noto il capoluogo pugliese un tempo si affacciava direttamente sull’Adriatico. D’estate venivano anche montate delle palafitte in legno sopraelevate (le cosiddette “baracche”) che permettevano ai bagnanti di raggiungere facilmente acque più profonde e pulite. Fu solo durante il Fascismo che si decise di aprire una strada tra il centro urbano e il mare e per farlo si utilizzò proprio il materiale proveniente dalla “cava del prete”, che all’epoca si estendeva per più di 10mila metri quadrati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le aziende edili incaricate dei lavori furono Campanella, De Feo e Sassanelli. «In realtà – sottolinea il 60enne Vincenzo Sassanelli, nipote del proprietario dell’antica ditta – quella cava fu sfruttata solo quando si esaurirono i due giacimenti di tufo di via Cifarelli, situati all’altezza del punto in cui oggi si trova la moschea di Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le operazioni ebbero inizio nel 1926. Venne avanzata di 160 metri la linea della costa e dopo aver innalzato una paratia per sbarrare l’acqua del mare, fu riempito di tufo lo spazio ricavato per realizzare l’attuale sedime stradale. «Il materiale – aggiunge Sassanelli – veniva caricato in blocchi su dei carretti trainati da cavalli e portato sul litorale, lì dove poi veniva sfruttata la ferrovia “decauville” a scartamento ridotto, con dei piccoli vagoni che lo trasportavano in zone più lontane».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Noi siamo andati a visitare la vecchia cava, oggi chiaramente non più utilizzata, anche se su viale Europa è ancora visibile una grande e verde depressione che lascia intendere come lì un tempo si sia scavato. Il luogo, recintato, si trova di fronte a una stazione di servizio della IP, poco prima di entrare nel quartiere San Paolo.
Dopo aver ammirato il profilo e la torretta della Masseria Prete, costruita nel 600 sulla via Traiana, ci immergiamo nell’ex cava sfruttando un varco nel cancello. Attraverso un sentiero naturale scendiamo velocemente al suo interno, completamente circondati da una folta macchia mediterranea.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Intravediamo subito alcune collinette su cui si ergono dei pali su cui correvano un tempo i fili della luce. Mentre davanti a noi si stagliano gli alti palazzi del “Cep”, i cui abitanti fino agli 70 hanno utilizzato questo luogo per giocare a pallone, visto che qui si estendeva il campo da calcio dell’ex stabilimento della Pirelli.
Mentre costeggiamo una parete di roccia porosa, notiamo una cavità nella pietra. Ci stiamo avvicinando a “Torre Rossa”, insediamento che comprendeva una masseria oggi scomparsa e alcuni ambienti ipogeici ancora visibili risalenti al periodo tra il IX e l’XI secolo. Il sito riprendeva lo schema tradizionale della casa e della villa greca e romana e includeva depositi, frantoi, stalle e alloggi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Entriamo così nell’ipogeo, percorrendo un corridoio voltato a botte. Un arco si apre su una parete come fosse una finestra, permettendoci di osservare l’area appena lasciata. Su tutti i lati ci sono poi delle nicchie e sul pavimento sono presenti numerosi blocchi di tufo, testimonianza dell’antica attività estrattiva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un altro ingresso parzialmente coperto dall’edera ci dà accesso a una seconda zona della “grotta”, ancora più spettacolare della prima. Ci ritroviamo così in un grande ambiente al cui centro si innalza un grosso pilastro in pietra da cui partono una serie di archi che rendono il soffitto voltato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Pare di essere in un chiesa sotterranea, scavata nella roccia mille anni fa. Una roccia friabile e preziosa che tanto tempo dopo permise la costruzione di una strada sul mare divenuta simbolo incontrastato di Bari.
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna