Binetto, quell'antico e maestoso palazzo disabitato da decenni: è il D'Amelj Melodia
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martedì 22 settembre 2020
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di Giancarlo Liuzzi - foto Valentina Rosati
Che cosa vi abbiamo trovato? Saloni ricchi di decori, androni con loggiati, soffitti a cassettoni, altari nascosti e un suggestivo e labirintico sotterraneo. Purtroppo la struttura, complice i tanti anni di abbandono, non versa in ottimo stato e alcune sue parti sono addirittura crollate. Nonostante il degrado però l’edificio mantiene un fascino innegabile, che lo accomuna ad altre grandiose dimore dimenticate, quali Villa Lamberti o la Masseria Don Cataldo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma a differenza di queste due ultime residenze nobiliari, Palazzo D’Amelj Melodia potrebbe, un giorno, rinascere a nuova vita. Il nuovo proprietario, dott.Cataldo Tarantini Leone "Barone di Vernole e Marchese di Melpignano", ha infatti avviato una lunga e complessa ristrutturazione per riportarlo allo splendore di un tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo dunque sulla centrale piazza Umberto, lì dove l’antico stabile svetta con il suo aspetto rinascimentale e il suo color grigio. Il primo dei due piani, il cui intonaco scrostato mostra la bianca pietra viva, è caratterizzato da un ampio portale di accesso con ai lati due altri locali, uno dei quali adibito a bar. Il secondo livello è invece scandito da sette finestroni e un balcone centrale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Più in alto fa bella mostra di sé uno scudo con una torre, tre leoni e tre stelle, sormontato da una corona: è lo stemma dei D’Amelj Melodia, fondatori del palazzo nei primi del 700.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In realtà la famiglia costruì l’edificio su una ben più antica struttura risalente all’XI secolo: il Castello di Binetto, voluto da Umfredo di Altavilla, conte di Puglia e Calabria. Attraversando infatti un arco in pietra sul lato sinistro e circumnavigando tutto il perimetro dell’immobile, è possibile ammirare delle mura e una torre laterale dall’aspetto evidentemente più datati rispetto alla facciata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fu il capostipite Salvatore D’Amelj, dopo aver acquistato a Bari Vecchia lo stabile che ne porta ancora il nome, ad acquisire il feudo di Melendugno e Binetto. Scelse così quest’ultimo centro come residenza, si trasferì nell’ex castello, per poi ristrutturarlo innalzandolo del suo piano nobile. La casata, che assunse anche il cognome Melodia alla metà dell’800, visse nell’edificio per più di duecento anni, sino alla metà del 900, quando lo lasciò definitamente disabitato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che varcare la soglia, accompagnati dal signor Aldo Digennaro, che ci apre il massiccio portone in legno. Ci ritroviamo in un grande androne che conduce a un magnifico loggiato a due ordini di tre arcate ciascuno. Incamminandoci verso le scale notiamo sulle pareti laterali gli accessi murati ai locali tecnici di un tempo, come la selleria o lo scrittoio. Tutta questa parte del palazzo è stata restaurata da qualche anno, ma possiamo notare, salendo i primi gradini, come infiltrazioni e umido abbiano già danneggiato alcune volte del loggiato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Raggiungiamo quindi il piano nobile e accediamo da una porta in legno a un ampio salone con un’alta volta anch’essa rovinata dall’incuria. Su un muro scorgiamo lo stemma sia dei D’Amelj che dei Melodia, disegnato in una cornice. Da uno dei varchi laterali, attraverso una scala in pietra, saliamo alla mansarda, un largo locale con soffitto di travi che conduce al terrazzo da dove possiamo godere di una luminosa vista delle abitazioni circostanti.
Ritorniamo ora al primo piano e da una porta a vetri che reca le lettere B, A ed M sovrapposte (probabilmente le iniziali di uno dei precedenti proprietari), accediamo a uno degli stanzoni in fase di ristrutturazione. Tra le impalcature scoviamo un antico, anche se malconcio, altare incassato in un arco con un recente disegno a matita della Madonna col Bambino. In un locale adiacente invece, alzando lo sguardo, scopriamo un bellissimo soffitto a cassettoni in legno finemente decorato con motivi a fiori in parte consumato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci facciamo strada di stanza in stanza perdendone il conto e restando meravigliati dalla bellezza e dai colori delle volte, seppur in parte cadenti e rovinate da pericolose crepe. Ogni singolo ambiente, anche il più piccolo, è arricchito con scene di caccia, animali, rappresentazioni delle arti, motivi vegetali e geometrici. Le tonalità accese che si incrociano in differenti fantasie e forme, insieme alla particolarità e precisione dei dettagli, ci lascia davvero impressionati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Alcuni decori sono stati realizzati direttamente a tempera sull’intonaco, altri invece sono dei grandi fogli di carta dipinti e incollati sulle volte come era d’uso tra la fine dell’800 e l’inizio del 900», ci spiega l'architetto e restauratore Attilio Canta. Autore di alcune di queste opere potrebbe essere stato Michele Montrone, la cui firma, assieme alla data del 3 febbraio 1909 è incisa su una parete.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da una porta in legno verde entriamo in quello che doveva essere il salone principale del palazzo. Ma qui la vista che ci si para davanti è drammatica: il pavimento è completamente ricolmo dei resti della volta, quasi completamente crollata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ritorniamo sui nostri passi e dal loggiato dal quale eravamo entrati giungiamo al piano ammezzato. Attraversiamo diversi locali e raggiungiamo una larga botola: il varco permette di accedere a una buia e stretta scala in pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Scendiamo per diversi metri in quella che, data la forma circolare, doveva essere una delle torri originarie del castello medievale. Ci troviamo infatti nella parte più antica dell’edificio: un ambiente alto circa 20 metri con delle piccole finestre sui muri. Da una scala in legno risaliamo qualche gradino per entrare in un lungo corridoio, forse un camminamento difensivo del vecchio fortilizio, suddiviso da una serie di spettacolari archi divisi da volte in pietra perfettamente lineari tra di loro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E infine, visitato un pozzo scavato nella pietra che scende di altri 10 metri nel sottosuolo, non ci resta che lasciare questo incredibile palazzo. «Il mio intento è quello di recuperarlo completamente - ci promette il proprietario prima di salutarci -. Vorrei tra l’altro adibirne una parte a un museo e spazio espositivo per artisti, in modo da riportare vita e persone nella dimenticata ma antichissima Binetto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- Gianluca Valente - Ho visitato quel palazzo da bambino con mio nonno materno, il barone Gabriele d'Amelj Melodia, ultimo proprietario. Oltre a quello, lui e sua moglie, mia nonna, mi mostrarlo anche la Cappella di famiglia nel cimitero di binetto, una tenuta di campagna molto bella... Che dire spero che il nuovo proprietario restauri il palazzo al meglio. Auguri