Trani. Antichissima, preziosa, ma degradata: la storia della chiesetta di San Giacomo
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lunedì 11 gennaio 2021
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di Federica Calabrese
Il santuario si “nasconde” tra i vicoli del centro storico della cittadina, nel cuore del suo sottovalutato quartiere ebraico. Per scoprirlo attraversiamo quella che un tempo era la giudecca tranese, un’area che dal 1156 riunisce le famiglie ebraiche pugliesi ma che versa essa stessa in uno stato di semi-abbandono tra locali chiusi, vicoli sporchi e pareti imbrattate.
Passiamo dalla porta chiamata appunto della Giudecca, proseguendo prima lungo via Scola Nova poi per vico dell’Orologio, sino ad approdare in via Romito. Qui, su una prospiciente piazzetta si affaccia la romanica San Giacomo.
Dall’esterno non si direbbe che la struttura abbia urgente bisogno di interventi di ristrutturazione. Il prospetto è contraddistinto da bianchi blocchi in pietra irregolari su cui si alternano raffinate decorazioni vegetali e figure umane e animali.
Di particolare interesse è il portale finemente ornato con ai lati due elefanti stilofori privi di proboscide, sui cui capitelli poggiano un grifo alato e una leonessa con il cucciolo morto tra le fauci. Il portone verde è racchiuso in un’elegante doppia cornice a grani e motivi vegetali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’area soprastante l’architrave, un’epigrafe commemorativa ricorda come nel 1647 questa chiesa fosse addirittura un “tempio abbaziale”, ovvero di importanza pari a quella di un’abbazia.
La parte superiore della facciata infine, mostra varie e insolite sculture disposte su più file. La più bassa vede il succedersi dei mesi dell'anno rappresentati da diversi mestieri agricoli, quella mediana cinque animali uno dietro l’altro e la più alta creature fantastiche e telamoni. Corona il tutto un piccolo campanile a vela.
Prima di entrare ripercorriamo brevemente le vicende del luogo di culto. Fu eretto con il nome di Santa Maria de Russis alla fine dell’XI secolo, in un periodo successivo alla conquista Normanna che vide la Puglia diventare punto di approdo di pellegrini e cavalieri in viaggio verso la Terrasanta. La sua collocazione era prominente per l’epoca: si trovava infatti accanto a Porta Vetere, uno dei quattro ingressi della città.
Rimase sotto l’egida dei cavalieri gerosolimitani, sino a che nel 1647 un violento terremoto ne modificò per sempre gli assetti strutturali, mentre gli affreschi medievali vennero irreparabilmente deteriorati e gli interni subirono ingenti danni.
In quell’anno avvenne anche un cambiamento nella guida della chiesa: passò alla confraternita di San Giacomo che ne modificò l’intitolazione. Ma la sfortuna non era giunta al termine: nel 1902 divampò un grave incendio che risparmiò solo parte dei rifacimenti seicenteschi e degli affreschi.
Nel 1977 la Soprintendenza iniziò un lungo restauro che vide un parziale ripristino degli interni e la rimozione di alcune tracce di barocco a favore di un’esaltazione del substrato dell’XI secolo. Ma nonostante quest’ultimo intervento, Santa Maria de Russis è caduta nuovamente nel degrado.
A prendersene cura oggi sono dei volontari del posto che accolgono il pubblico ogni sabato alle 10 e raccolgono fondi per lavoretti di rassettamento. Proprio uno di loro, il 70enne Antonio, ci fa da cicerone nella visita di questo tempietto.
Non ci resta ora che entrare. L’ambiente interno, a navata unica, appare spoglio e dissestato. Poche sedioline occupano lo spazio e le sue pareti sono crepate in più punti, con blocchi venuti via dalla muratura e colonne messe in sicurezza da grappe metalliche ormai arrugginite.
Di fronte a noi osserviamo una delle decorazioni sopravvissute: una statua di Santa Lucia posta su un altare in marmo, racchiusa in una nicchia in pietra e circondata da cornicette in legno con le tappe della Via crucis. Nel secolo scorso infatti qui vi trovò sede la Confraternita degli angeli, che vi introdusse il culto della santa di Siracusa.
Alla nostra destra, un piccolo balconcino si affaccia a ovest, segnando quello che doveva essere il primo e più antico ingresso al luogo, spostato dopo il terremoto del 600. A sinistra invece ecco l’altare maggiore del XVII secolo: è in marmo e ornato con alti candelabri in ferro e una croce metallica centrale.
La parete di fondo conserva tre absidiole malmesse. Le due laterali con tracce di affreschi medievali e quella centrale che esibisce la statua di Maria, inquadrata in una struttura colonnata terminante con un architrave abbellito da candidi angeli e un soffitto, una volta ceruleo, a bande dorate.
Ma il vero tesoro della chiesa risiede nel vano della sagrestia, alla destra dell’altare. Superiamo la soglia accompagnata da una statua di Sant’Antonio e, una volta entrati nel piccolo ambiente, ci rendiamo subito conto di essere in uno spazio molto antico. Notiamo ad esempio ciò che rimane di una fonte battesimale in pietra scura con decorazione floreale.
I muri conservano inoltre pennellate di vecchi affreschi, tra cui uno stemma nobiliare e una pittura in cui si intravede Cristo in abito porpora che regge la croce.
E non è finita, perché questa stanza nasconde un altro “segreto”: una cripta millenaria. «Purtroppo oggi è inaccessibile a causa dello stato pericolante della sua struttura voltata a botte – ci spiega Antonio -. Un tempo anche lì si celebravano messe e rituali sacri, spesso in onore di San Nicola Pellegrino, visto che secondo una credenza popolare le spoglie del santo furono poste al suo interno prima di essere condotte nella Cattedrale di Trani».
Un luogo che sarebbe bello tornare a far rivivere, assieme alla chiesetta di San Giacomo nel suo insieme. «Siamo riusciti con delle collette a mantenerla aperta e fare piccole manutenzioni – ci confida la nostra guida – ma ciò non basta. Pensiamo però che sia doveroso restituirla in tutta la sua importanza e bellezza alla città di Trani».
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- VBr1 - Incredibile scoprire scoprire quanti tesori si nascondono nel nostro territorio! Grazie