Bari, quel "castello" ottocentesco che si erge nel cuore del San Paolo: è l'istituto Alberotanza
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venerdì 30 luglio 2021
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di Federica Calabrese
Per visitarlo, una volta entrati nel rione attraverso viale Europa, bisogna proseguire su viale delle Regioni per poi accedere nella parte più popolare del “Cep”, realizzata tra gli anni 50 e 60 per dare una casa ai senzatetto baresi. Tra vecchi edifici e accanto alla chiesa parrocchiale di San Paolo, si trova una grande area situata tra via Umbria e via Lazio. In una traversa di quest’ultima strada, da poco intitolata a via Madre Elena Aiello, si apre l’ingresso della scuola: un cancello blu davanti al quale ci attende la coordinatrice dell’istituto, suor Anna Rizzuto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mentre ci incamminiamo verso l’antico stabile la religiosa ci racconta la storia dell’Alberotanza. «Tutto ebbe inizio nel 1967, quando le suore Minime della Passione approdarono nel quartiere su iniziativa della superiora Angelica Trotta – spiega -. L’obiettivo era quello di fornire sostegno ai piccoli di una comunità che si era appena formata in una zona emarginata della città. Inizialmente si stabilirono nella parrocchia di San Paolo, ma dopo un anno il barone Pietro Alberotanza decise di donar loro il suo “castello” e i terreni annessi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggi l’istituto, nel frattempo ingranditosi negli anni 80 grazie a una moderna e più ampia struttura, accoglie bambini e ragazzini con situazioni “problematiche”, offrendo loro istruzione, attività di doposcuola, laboratori di informatica e un servizio mensa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma eccoci arrivati davanti all’edificio neoromanico di fine Ottocento. Di colore beige, si presenta come un parallelepipedo formato da grandi blocchi tufacei e scandito lateralmente da monofore a sesto pieno con ghiere d’arco leggermente strombate. In effetti pare proprio di trovarsi davanti a un maniero, con tanto di torre arricchita da merli guelfi con dentellatura regolare e colonne cilindriche sormontate da un particolare coronamento a lanterna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Si tratta di un raro caso di villa costruita con le sembianze di una fortezza – sottolinea l’architetto Simone De Bartolo –. Il coronamento della torre poi, così come gli archetti pensili che inquadrano le finestre, sono addirittura modellati sul disegno del Castello Normanno-Svevo di Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che entrare. Salendo su una delle due imperiose scalinate laterali e oltrepassando una porticina in ferro grigio, accediamo a una sobria anticamera. In quella che un tempo era la segreteria, si trovano una cassettiera in legno scuro, due sedie dai toni rosati e qualche icona sacra appesa alle pareti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Superato l’atrio, l’accogliente ambiente ottagonale che ci appare davanti si snoda attorno a un piccolo spazio centrale scandito da bianchi pilastri quadrati e illuminato da un lucernario. Perlustriamo l’edificio, composto da sei stanze, tra cui lo studio della responsabile e un “salotto” con adiacente cucina in cui le suore si riuniscono periodicamente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E scopriamo anche la piccola cappella. Conserva un piccolo altare in pietra coronato da un Gesù crocifisso con morbidi panneggi dorati alle sue spalle. Le due colorate vetrate laterali da cui permea la luce esterna esibiscono l’una il simbolo dell’eucarestia, l’altra dei bambini indirizzati verso la retta via.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Usciamo ora dall’edificio per attraversare un’area che ci conduce a degli scalini che precedono una porta vetrata. Attraversandola ci ritroviamo nell’attuale teatro della scuola, un locale dalle grosse arcate in pietra che rappresentava un tempo la vecchia panetteria dell’Alberotanza. Sul pavimento si trova ancora una botola che permetteva di accedere alla dispensa dov’erano contenuti cereali, olive e farine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si tratta dell’ultima sorpresa riservata da questo antico e inconsueto complesso, celato nel cuore di un quartiere di Bari da sempre abbandonato a se stesso.
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