Monopoli, mummie e bimbe imbalsamate: è la sinistra chiesa di Santa Maria del Suffragio
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martedì 12 ottobre 2021
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di Giancarlo Liuzzi - foto Adriano Di Florio
Siamo quindi andati a visitare questo edificio, caratterizzato non solo da elementi sinistri, ma anche da raffinati decori barocchi e imponenti altari. (Vedi foto galleria)
Santa Maria del Suffragio si trova al civico 16 di via Padre Nicodemo Argento, stretta strada situata nei pressi della Cattedrale. Come le chiese del Purgatorio di Modugno e di Bitonto sorse a seguito del Concilio di Trento che, terminato nel 1563, decretò l’esistenza di un luogo di purificazione sospeso tra Inferno e Paradiso. Una “decisione” che portò alla realizzazione di templi religiosi con tale nome, caratterizzati da tetri ornamenti e ossari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quello di Monopoli ebbe oltretutto origine da un episodio terrificante. La mattina del 20 settembre 1686 la parte terminale del campanile della dirimpettaia Cattedrale crollò sulle case sottostanti causando 37 morti e molti feriti. Così la Confraternita di Nostra Signora del Suffragio per le anime del Purgatorio, che aveva sede nel succorpo del duomo cittadino, acquistò i suoli delle abitazioni distrutte per costruirci una chiesa in memoria di quei defunti. I lavori iniziarono il 7 novembre 1687 e si conclusero nei primi anni del 700.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Insomma, se non si fosse capito, è la morte la protagonista di questo edificio color ocra che richiama sin da subito alla “nera mietitrice”. Nella parte inferiore, scandita da quattro ordini di paraste, si aprono infatti due nicchie contenenti statue di putti con in basso due teschi e un osso tra i denti. Gli stessi lugubri elementi sono situati nel cornicione che delimita la parte superiore, sulla quale si scorge un finestrone murato e un altro circolare sormontato dal timpano che chiude in alto il prospetto.
Ma è soprattutto il portale ligneo a custodire un forte significato simbolico. L’entrata è circondata da effigi di teschi dalla cui bocca fuoriescono cartigli con “oscuri” moniti come il celebre Memento Mori (“Ricordati che devi morire”). Più in alto invece un’altra scritta in latino rammenta quanto sia importante dedicare un pensiero ai defunti. Il tutto è sormontato da un architrave con il timpano interrotto da una nicchia che racchiude la statua dell'Arcangelo Gabriele, attorniato naturalmente da teschi e ossa.
Sulle ante del portone si trovano poi 14 diversi riquadri che simboleggiano i mestieri dell’epoca, mentre al centro due scheletri speculari reggono delle pergamene, ricordando come davanti alla morte siamo tutti uguali a prescindere dal nostro ceto sociale.
Accediamo ora all’interno della chiesa, che si presenta con una pianta a croce greca a navata unica con le pareti tinte di azzurro arricchite da diversi decori barocchi, tra i quali un settecentesco organo a canne e una corona dorata che sormonta l’abside. Lungo i muri laterali sono disposti quattro altari di scuola napoletana impreziositi da quadri, statue e dagli immancabili teschi, posizionati anche su un antico confessionale.
Alzando lo sguardo possiamo ammirare la cupola attorniata da affreschi triangolari che raffigurano scheletri vestiti con abiti e oggetti ecclesiastici con dietro delle bandiere. Raggiungiamo infine l’altare maggiore preceduto da una lastra tombale sul pavimento. «È la lapide di uno dei tanti defunti appartenenti alla confraternita un tempo sepolti sotto la chiesa – ci spiega Antonio Damasco, vice presidente della congregazione ancora oggi proprietaria del tempio –. Nel sotterraneo abbiamo scoperto numerosi resti che sono stati poi portati al cimitero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oltre questa lastra è presente un parapetto in marmo policromo con raffigurazioni di teschi ocra su sfondo nero che delimitano la zona occupata dall’elegante altare. Quest’ultimo, costruito nel 1720 dallo scultore leccese Pascale Simone, colpisce subito per la minuziosa e infinita varietà di particolari: scherzosi putti, statue di santi ed elaborati decori vegetali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Domina, al centro, la tela settecentesca del pittore napoletano Paolo De Matteis raffigurante Santa Maria del Suffragio. La sontuosa opera in pietra culmina in alto con un timpano “arricchito” da tre effigi di teschi.
Ma è arrivato il momento di raggiungere la parte più macabra e affascinante di tutta la chiesa, la cosiddetta “cappella delle mummie”, costruita nel 1790 dal ricco Vito Antonio Martinelli. Vi accediamo attraverso un varco posto a sinistra dell’ingresso.
Ci ritroviamo così in un ambiente a volte con delle teche in vetro sulle pareti dentro le quali sono posti nove corpi mummificati vestiti con tuniche bianche, nere e rosse. Sono tutti “catalogati” con delle targhette poste in basso che riportano il nome del defunto, la data di morte e la professione svolta in vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Si trattava di importanti membri della confraternita defunti tra il 700 e l’800 – ci spiega la nostra guida –. Notai, avvocati e governatori che facevano parte delle più ricche famiglie di Monopoli e che chiesero in vita di essere esposti in queste teche così da diventare parte effettiva della chiesa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il processo di conservazione post-mortem avveniva nei cosiddetti putridarium: ambienti sotterranei dove i defunti venivano appoggiati in grandi vasche e lasciati “colare” fin quando i liquidi corporei abbandonavano lo scheletro.
Quello di Santa Maria del Suffragio, probabilmente per le sue condizioni microclimatiche, permetteva però una sorta di “essicazione” con la quale si riuscivano a conservare gli organi interni, la pelle, i denti e persino residui di capelli. Tutti resti che dopo oltre due secoli sono ancora presenti nelle mummie di Monopoli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma non è finita qui. Nella parte sinistra della stanza, in un’altra piccola teca, è situata quella che a prima vista sembra una graziosa bambola. È vestita con candidi abiti e ha il viso rivolto verso il basso, avvolto in una cuffietta. Si tratta di Plautilla Indelli, morta a due anni nei primi dell’800: l’unica mummia-bambina di tutta la Puglia.
I genitori della fanciulla, appartenenti a una nobile casata e membri della confraternita, non rassegnandosi alla sua dipartita decisero di farla letteralmente imbalsamare per continuare a vederla ogni giorno. La conservazione dei resti fu infatti chimica e non naturale, a differenza delle altre mummie. In più al corpo furono aggiunte delle protesi per simulare gli occhi e il viso venne ricoperto di una sostanza che dava alla pelle il colorito di una bimba ancora viva.
Un piccolo tocco di “macabra tenerezza” che rende ancora più inafferrabile questo luogo sospeso tra Inferno e Paradiso.
(Vedi galleria fotografica)
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