Simboli cavallereschi, absidi nascoste e una Madonna Nera: è il borgo medievale di Sovereto
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martedì 18 gennaio 2022
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di Giuseppina De Nicolo - foto Christian Lisco
Appena arrivati ci accoglie il silenzio tipico delle aree sacre. Per accedere alla corte in cui si trova il santuario oltrepassiamo un arco in pietra decorato da un bassorilievo della Vergine. Sotto la figura è incisa una scritta ottocentesca che fa riferimento ad alcuni lavori eseguiti da Giuseppe Lamparelli, membro della famiglia terlizzese che fu custode del complesso religioso.
Una volta superato il passaggio ci ritroviamo così in un’area chiusa a destra da Villa Lamparelli, un tempo di proprietà della stirpe suddetta e a sinistra da Santa Maria di Sovereto, la cui prima attestazione storica risale a una bolla del 1131, a conferma della giurisdizione del vescovo di Giovinazzo su Suberito, antico nome del posto.
Il prospetto della chiesa appare sobrio e lineare e sono evidenti i segni del rimaneggiamento subito nel corso secoli: dalla lavorazione e dal colore diverso delle pietre sino all’aggiunta del campanile laterale. Al di sopra della soglia d’accesso vi è una finestra di forma quadrilobata, unico elemento decorativo presente assieme a uno stemma e al resto di un grifone.
A venirci incontro è don Nino, l’anziano parroco. È lui ad aprirci il portone del santuario utilizzando un’enorme chiave nera, simbolo di un’epoca lontana. Una volta entrati siamo immersi in un ambiente contraddistinto da una pianta a croce latina con un’unica navata e due cappelle laterali. Gli elementi medievali sono però in contrasto con quelli barocchi, tra cui i fregi di colore bianco presenti sul soffitto e sulle pareti.
Ci avviciniamo all’altare dorato, anch’esso settecentesco, decorato con motivi che rimandano agli angeli e alla natura. Al centro si staglia un dipinto della Madonna col Bambino. Ma non siamo qui per ammirare la cattedra, bensì per scoprirne i suoi segreti.
Con grande sorpresa infatti il sacerdote apre uno sportello posto nella parte destra dell’altare, permettendoci di accedere in un ambiente nascosto agli occhi dei visitatori. È l’antica abside della chiesa, risalente al XII secolo: originariamente completamente affrescata, oggi mostra solo i resti di due figure umane non riconoscibili.
I nostri occhi si spostano però sul pavimento. Capiamo così di trovarci su delle grandi lastre di pietra che rappresentano in realtà delle lapidi risalenti alla fine del XIII secolo. Sono tutte incise con il profilo di alcuni uomini, attorno al quale si delinea un’iscrizione funebre composta da lettere semigotiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I corpi contenuti dalle tombe potrebbero appartenere ad alcuni frati custodi del tempio, anche se c’è chi afferma che si possa trattare di antichi cavalieri giovanniti che hanno frequentato un tempo questo luogo, situato nei pressi della via Appia Traiana, strada percorsa dai crociati diretti in Terra Santa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prove ne sono alcuni segni che troviamo in una stanza posta alla sinistra dell’altare, oggi utilizzata come sacrestia. Qui, su tutte le pareti, sono incisi diversi e antichi simboli quali la croce greca, la scacchiera che rappresenta il dualismo fra bene e male e un quadrato ottonario che delinea l’unione tra spirito e materia, tra cielo e terra.
Ma le meraviglie del luogo non finiscono qui. Al centro della navata notiamo sul pavimento una lastra in pietra raffigurante un albero con tre radici e un foro e accanto alla quale si trova una grata in ferro battuto. È quella che nasconde l’angolo più importante di tutto il santuario: la grotta del ritrovamento.
Fu infatti all’interno di questo ipogeo che venne rinvenuta secoli fa l’icona della Madonna Nera. La leggenda narra di un pastorello che, portando il suo gregge al pascolo si accorse della mancanza di una pecora. Dopo una ricerca tra la fitta vegetazione rinvenne l’animale incastrato con la zampa in una fossa. Nel tentativo di liberarlo notò però una luce arrivare da un anfratto e, una volta sceso, scoprì nella cavità sotterranea un dipinto: quello della Madonna nera col bambino.
Il quadro, che pare essere stato realizzato dai monaci eremiti di origine greca che vissero in Puglia tra il X e l’XI secolo, è da allora venerato dalla popolazione locale. La Vergine è infatti diventata la patrona di Terlizzi e attorno al luogo del ritrovamento è sorto il santuario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta quindi che scendere nell’ipogeo. Don Nino solleva dunque la grata, svelando un passaggio sotterraneo che ci conduce, dopo aver percorso alcuni gradini, all’interno di una vera e propria grotta scavata nella roccia e illuminata solo dalla tiepida luce di una lampadina.
Purtroppo non troviamo l’icona, ma solo una sua riproduzione posta accanto alla scritta “Ave Maria” scolpita nella pietra. L’opera infatti è posta qui da marzo sino ad agosto, mentre negli altri mesi si sposta a Terlizzi. Noi stiamo visitando Sovereto a gennaio, quindi per ammirare il quadro dobbiamo spostarci di qualche chilometro per giungere nel centro storico del “paese dei fiori”, lì dove si erge la Concattedrale di San Michele Arcangelo.
Entriamo attraversando la navata centrale e arrivando sino ai piedi di un altare posto all’interno di una cappella situata alla sinistra della cattedra principale. E qui tra tra marmi e stucchi ci ritroviamo finalmente davanti alla Vergine col Bambino, una delle nove Madonne nere presenti in Puglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dipinta su una tavola in ciliegio larga 36 centrimetri e alta 45, è incorniciata da un tempietto in argento cesellato di scuola napoletana e arricchita da due corone d’oro posticce che circondano le teste delle due figure. Gli elementi barocchi non tolgono però la sacra bellezza a questa antica opera, sopravvissuta sino ai giorni dopo essere stato venerata e protetta nei secoli da frati e cavalieri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Giuseppina De Nicolo
Giuseppina De Nicolo
Foto di
Christian Lisco
Christian Lisco