Bari, la storia della "colonna infame": dove i debitori insolventi venivano messi alla gogna
Letto: 7447 volte
venerdì 20 gennaio 2023
Letto: 7447 volte
di Silvia Di Conno - foto Francesco De Leo
Il complesso scultoreo è posto su una piattaforma concentrica dotata di quattro gradini ed è costituito da un pilastro in marmo bianco sormontato da una sfera e un leone di pietra che le sta accovacciato alla base.
L’animale è in breccia calcarea, privo degli arti posteriori, mentre quelli anteriori, incrociati, gli permettono di apparire accucciato. La testa ha una forma tondeggiante, di proporzioni modeste rispetto al resto del corpo, gli occhi sono grandi e sbarrati, con pupille caratterizzate da un ampio foro, e la canna nasale è larga e corta, appiattita superiormente. All’interno delle fauci, spalancate, la dentatura è costituita da grosse zanne chiuse a forbice.
Tra le zampe anteriori la bestia stringe uno scudo e porta un collare su cui sono incise le parole in latino custos iusticie, ossia “custode della giustizia”.
Un’iconica struttura che, come detto, ha svolto per secoli la funzione di gogna: era quello infatti il punto in cui debitori insolventi, falliti e bancarottieri venivano esposti al pubblico ludibrio. Pare che i malcapitati venissero svestiti dalla cinta in giù e fatti sedere a cavalcioni sul felino, con il fondoschiena rivolto agli spettatori e le mani legate al pilastro.
Ma da chi fu fatta realizzare l’opera? Sulla colonna ci sono pochi dubbi: venne scolpita alla metà del 500 per volontà di Pietro di Toledo, vicerè spagnolo. Mentre sul leone nel tempo gli esperti si sono divisi.
Ad esempio il padre gesuita Antonio Beatillo, nella sua “Historia di Bari” del 1637, afferma come la costruzione sarebbe stata opera dei Bizantini, volta a riprodurre il Leone di San Marco per ricordare la generosità dei Veneziani che, nel 1002, avevano aiutato la città a respingere l’assalto dei Saraceni.
Lo scrittore Armando Perotti invece posticipa di cinquecento anni l’origine della belva. In un articolo pubblicato nel 1919 sul “Corriere delle Puglie”, dichiara infatti come la colonna e il felino siano stati edificati durante la dominazione spagnola, nel 1546.
L’archeologo tedesco Franz Oelmann data al contrario la statua barese agli inizi del XII secolo, nell’era normanna di Bari.
Una tesi sostenuta anche dallo storico barese Luigi Todisco, il quale però, nel saggio “Scultura antica e reimpiego in Italia meridionale” del 1994, sostiene come il leone sarebbe originariamente riferibile all’età romana, tra il periodo repubblicano (133 - 27 a. C.) e quello giulio-claudio (27 a. C. - 68 d. C.).
La fiera, appartenuta a una tomba ubicata nella Puglia centro-settentrionale, sarebbe stata poi trasferita a Bari dai Normanni tra la fine del XI secolo e l’inizio del XII, per sottoporla a rilavorazione così da utilizzarla come gogna.
Secondo lo studioso il riuso di leoni funerari romani era pratica comune all’epoca e la stessa scritta custos iusticie sarebbe da attribuirsi allo stile delle iscrizioni medioevali. Questo per via della forma maiuscola delle lettere, della “c” che sostituisce la “t” e della mancanza del dittongo del caso genitivo in iusticie.
L’incisione rappresenterebbe anche un monito dei Normanni nei confronti della “Bari ribelle”, che nel 1155 aveva appoggiato il fallimentare ritorno in città dei Bizantini. La scultura avrebbe così assunto nel tempo il ruolo di emanazione visiva del potere regio, terribile custode della giustizia in città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Lo scudo presente tra le zampe anteriori sarebbe del resto riconducibile a quello della famiglia normanna degli Altavilla. Ma anche le fattezze del leone rievocherebbero lo stile romanico pugliese. La criniera ad esempio è simile a quella della belva alata della lastra marmorea della Cattedrale di San Sabino, datata intorno al 1100 e oggi situata nella Pinacoteca del capoluogo pugliese. Medesimo tratto riscontrabile anche nei leoni del portale laterale della Basilica di San Nicola.
Tutte creature che rappresentano un ibrido tra l’umano e il demoniaco, volte a suscitare paura e rispetto nei confronti del potere.
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita