Tra archi, edicole e sottani viaggio nella "Bari Vecchia più vera": lì dove la movida non è arrivata
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giovedì 16 febbraio 2023
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di Marco Montrone - foto Francesco De Leo
Il nostro viaggio nella “Bari Vecchia più vera” inizia proprio da piazza San Pietro, largo da qualche anno liberato dalle auto e circondato da numerose palazzine alcune delle quali confiscate alla criminalità. Costeggiamo quindi la grande area archeologica di San Pietro, che prende il nome da una grande chiesa del XII secolo che sorgeva qui un tempo e ci dirigiamo verso via Venezia.
Poco prima però veniamo sorpresi sulla destra da una palazzina che reca al centro tre arcate che vanno a formare un piccolo loggiato. L’armonia delle forme della seppur malmessa facciata, assieme ai colorati panni stesi ad asciugare su uno stendino, regala una sorta di emblematica “cartolina” di questa parte di Bari.
Salendo le scale che conducono al terrazzino veniamo poi rapiti da una grande edicola della Madonna di Costantinopoli con ai lati Sant’Antonio e San Rocco posta su una parete. Si tratta di un olio su rame di Michele Montrone, grande artista “sacro” attivo tra la fine dell’800 e l’inizio del 900.
Scendiamo dal loggiato e giriamo subito a destra in strada Santa Scolastica, la cui denominazione è data dal complesso monastico dell’XI secolo che sorge alla punta estrema del centro storico, oggi sede del Museo Archeologico cittadino. La stradina conduce a un sito di grande interesse storico: la Chiesa di Santa Maria del Buonconsiglio o meglio ai suoi resti, visto che ciò che appare ai nostri occhi sono solo il pavimento e le colonne del tempio risalente al IX-X secolo e abbattuto nel 1939.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al centro del muro in pietra che affianca le colonne si trova una porticina di color arancione. Quello è l’ingresso di un piccolo locale dove da 45 anni a questa parte il 73enne signor Bartolomeo Scorcia, detto “Meuccio”, costruisce bellissimi modellini di navi.
Giriamo ora sinistra per Vico Forno Santa Scolastica, lì dove sotto un arco è posta una delle numerose edicole votive che è possibile incontrare tra queste stradine. È stata restaurata da poco e raffigura la Madonna con Anime Purganti.
Sulla via una porta dà accesso a un cortile che presenta arcate medievali in pietra. Probabilmente appartenevano a un chiostro di monaci basiliani, un tempo annesso alla chiesa di Santa Maria dell’Annunziata, il cui campanile si staglia nel vicino largo omonimo. È ciò che resta dell’antico tempio abbattuto nel 1955 poichè danneggiato dall’esplosione della nave Henderson nel Porto, durante la Guerra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da Largo Annunziata raggiungiamo Corte Capretti e giriamo a sinistra per entrare in strada Vanese, che culmina nell’arco inflesso dallo stesso nome, risalente al XV secolo e restaurato del 700 dal Capitolo, un collegio di sacerdoti che vi aggiunse una targa in latino e un emblema. Fino alla costruzione del lungomare avvenuta tra gli anni 20 e 30 del 900, è stata questa la porta d’ingresso al centro storico per chi arrivava in barca.
Nei pressi dell’arco si trova anche una “cape de fiirre”, tra le poche fontane pubbliche in ferro sopravvissute in città.
Torniamo indietro in corte Capretti e, superando un’anziana signora intenta a spazzare per terra, ci dirigiamo su strada Arco Spirito Santo. Qui attraversiamo un pittoresco arco con stelle dipinte sulla volta il quale ospita l’edicola della “Madonna gnore”, posta tra i santi Giuseppe e Nicola. Ha indosso un abito azzurro e viola che la leggenda vuole si tinga di nero quando è in arrivo una disgrazia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giriamo ora a destra su via Martinez, lì dove ci accoglie una delle case-torri ancora visibili a Bari Vecchia: strutture risalenti all’XI secolo volute dai Normanni che univano gli elementi tipici di una dimora a quelli prettamente difensivi. La struttura in pietra, con tre finestre dislocate sui tre diversi piani ordinate per grandezza dal basso verso l’alto, presenta l’ingresso murato.
La torre è ad angolo con Corte Moscatelli, nella quale notiamo una donna alle prese con un accurato lavaggio del piano stradale. Questa zona di Bari Vecchia d’altronde è piena di sottani, le piccole abitazioni situate al piano a terra caratteristiche del centro storico. Ma se in altre zone questi locali sono stati adibiti a pub e b&b, qui sono ancora abitati dai residenti, per i quali la strada rappresenta una prosecuzione della propria piccola casa. Da curare quindi.
Imbocchiamo ora la via detta piazza 62 Marinai, dove ci sorprende l’Arco San Rocco, detto anche u u-àrche inde o u u-àrche (“l’arco nell’arco”). Entrando sembra quasi di trovarsi in una grotta. Basso e rustico, dopo una piccola edicola consacrata alla Madonna si biforca in altri due archi, che conducono in due diverse corti, tra cui la segnalata Corte Garritta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La strada porta alla Chiesa di San Gregorio e quindi alla Basilica, ma noi giriamo a destra in strada Quercia, per essere condotti in un largo all’interno del quale, sotto il balcone di un palazzo, è incastonata la “Cape du turchie”. La leggenda vuole che si tratti della testa del baffuto governatore Mufarrag, il quale durante la dominazione saracena di Bari, tra l’847 e l’872, ebbe l’ardire di sfidare la “Befanì”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quest’ultima era una figura contrapposta alla Befana buona che, durante la notte tra il 5 e il 6 gennaio, girava per la città segnando con una croce in pece le abitazioni di coloro che sarebbero morti a breve. La donna poi aveva l’abitudine di decapitare con la falce quelli che ostacolavano il suo cammino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mufarrag non credeva alla Befanì e reputava i baresi dei creduloni che avevano paura di tutto. Così quella notte, nonostante gli avvertimenti, scese comunque in strada e inevitabilmente incontrò la Befanì. All’arabo fu così tagliata la testa che rotoló in giro per le stradine di Bari, fino a posarsi in via Quercia n°10, dove ancora oggi si trova immobile e pietrificata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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