La balenoptera: giace dimenticato il fossile del più grande animale barese
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lunedì 14 ottobre 2013
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di Salvatore Schirone
Se solo recentemente siamo venuti a conoscenza di dinosauri che 100 milioni di anni fa scorrazzavano sul suolo di Bari, quando la Puglia era ancora solo un lembo di terra a nord dell'Africa, non dobbiamo dimenticare che in tempi (si far per dire) più recenti, all’incirca 2 milioni di anni fa, giganteschi cetacei circumnavigavano la nostra regione, novella isola sorta nel Mediterraneo. E se i dinosauri ci hanno lasciato solo impronte, una balena ci ha lasciato qualcosa di più, l'intero suo scheletro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È una assolata mattina di fine luglio del 1968, quando un gruppetto di ragazzi che si riunisce nel canalone di San Girolamo per una partitella di calcio, a poche centinaia di metri dalla foce di Lama Lamasinata, inciampa su apparenti massi che emergono dal terreno. Quelle che appaiono come semplici pietre si riveleranno poi come le ossa di un enorme animale: la “balenoptera”. Nicola Cervini, Enzo Indraccolo, Vittorio Stagnani e Oreste Triggiani, quel giorno non riusciranno a completare la loro partita di calcio, ma entreranno nella “storia”.
«Lo scheletro apparve subito schiacciato - dice Rafael La Perna, professore nel dipartimento di Scienze della terra e geoambientali - a causa dei segni derivanti dal lavoro delle ruspe utilizzate per la bonifica che interessò il canale». I resti furono estratti e trasportati in una stanza al secondo piano dell'Ateneo. Rimasero lì fino al 1994, anno in cui furono posizionati nel museo di mille metri quadrati dove si trovano attualmente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Eppure – sottolinea con amarezza Ruggero Francescangeli, il direttore del museo di Scienze della Terra - malgrado la rilevanza scientifica del fossile, sono in pochi a conoscere la sua esistenza e se non fosse per le visite guidate delle scolaresche, il museo resterebbe deserto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E scarso è anche l'interesse da parte dei ricercatori. «Le pubblicazioni sui fossili dei cetacei sono ingiustificatamente rari - afferma La Perna -. Allo stato attuale non si sa praticamente nulla di questo esemplare di balena. I geologi hanno stabilito la datazione, ma se sia una specie estinta o l’antico progenitore delle balenottere che continuano a solcare i nostri mari, non è dato ancora saperlo. Eppure – conclude - lo scheletro ha restituito integre le bulle timpaniche, organo fondamentale dei cetacei dalle quali si potrebbero ricavare informazioni decisive».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una curiosità. Questa balena ha anche un nome proprio. E’ stata sempre chiamata Annalisa, in onore della ricercatrice Berzi, che diresse i lavori di recupero. Anche un noto ristorante di Bari, ispirandosi al ritrovamento, battezzò il suo piatto tipico, “Balena Annalisa”. Ma dopo l’entusiasmo iniziale, pian piano la città ha dimenticato il suo grande ospite, che ora giace tra le mura di un museo poco popolato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per andare a trovare Annalisa (è gratis), basta chiamare dalle 9 alle 13 lo 0805442616.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il video della "balenoptera":
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Salvatore Schirone
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