di Nicola De Mola

L'Ironman, «uno sport-moda per chi vuole sentirsi ''uomo di ferro''»
BARI - Percorrere 3,86 chilometri a nuoto, 180,260 km in bicicletta e 42,195 km di corsa, in successione: non sono tre delle dodici fatiche di Ercole, ma le prove che bisogna sostenere nella stessa giornata se si vuole partecipare e vincere una gara di Ironman. Nata nelle isole Hawaii alla fine degli anni 70 e divenuta rapidamente popolare in ogni angolo del mondo, questa variante estrema del triathlon olimpico (che si disputa sulle distanze “più umane” di 1,5 km a nuoto, 40 km in bicicletta e 10 km di corsa) da qualche anno sta prendendo piede anche in Italia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche la Puglia può vantare un piccolo esercito di “uomini di ferro” che, in gare che possono durare anche dieci ore, mettono alla prova velocità e resistenza, ma soprattutto la loro capacità di sopportare fatica e dolore. Per farci raccontare questa realtà abbiamo sentito Claudio Meliota, il presidente del comitato pugliese della Fitri, la Federazione Italiana Triathlon a cui l’Ironman fa capo, che di fatto “smonta” un po’ questa disciplina.  
 
Come nasce l’Ironman?

In realtà non si tratta di uno sport a sé stante, ma di una forma più estrema di triathlon. Si potrebbe dire che il triathlon sta all’Ironman come una corsa normale sta a una di 100 km. L’idea è nata nel 1977 su una spiaggia di Honolulu da tre amici che, discutendo su quale fosse la più dura dal punto di vista della resistenza tra una gara a nuoto, una in bici e una maratona, decisero di accorparle in un’unica prova. Da allora, proprio alle Hawaii (sull’isola di Kailua-Kona) si disputano ogni anno i campionati del mondo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chi sono i “pazzi” che scelgono di cimentarsi una disciplina del genere?

Nella maggior parte dei casi sono atleti di entrambi i sessi tra i 35 e i 50 anni, che scelgono di allenarsi sulla lunga distanza, perché a una certa età diventa difficile migliorare i propri tempi. Così, invece di curare la qualità degli allenamenti, si concentrano sulla quantità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quindi l’Ironman non è la gara giusta per gli atleti migliori…

Ci sono altre determinanti dietro. Diciamo che per molti partecipare a un Ironman è diventata quasi una moda. Alla base probabilmente c’è una componente narcisistica nel sentirsi un “uomo di ferro”, nel concludere la gara per avere la medaglia e la maglia con la scritta “Ironman finisher”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E questa maglia chi la può assegnare?

Solo la World Triathlon Corporation (WTC). Insomma, chi vuole utilizzare il nome “Ironman” deve pagare i diritti a una società americana. Per questo in Italia questo tipo di gara è chiamato  in un altro modo: “triathlon su distanza lunga”. E ce ne sono solo due, che si svolgono sull’Isola d’Elba e a Trapani. In Italia se ne organizzano molte di più sulla “distanza media” (1,9 km di nuoto, 90 km in bicicletta e 21,097 km di corsa), una sorta di più accessibile “mezzo Ironman”. Tra queste, ogni anno si tiene a Pescara l’unico organizzato nell’ambito del circuito internazionale della WTC, l’ “Ironman 70.3” (dalla somma delle tre distanze in miglia, 1,2 + 56 + 13,1).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma gli italiani quanto sono presi da questa disciplina?

Noi siamo ancora indietro, basti pensare che non abbiamo mai piazzato nessuno tra i primi dieci ai campionati del mondo hawaiani. Organizzare gare di questo tipo è complesso e per i partecipanti la quota d’iscrizione può arrivare a costare anche qualche centinaio di euro. Anche se negli altri paesi il numero di richieste è sempre superiore ai posti disponibili. Non a caso, gare WTC come quelle di Zurigo, Francoforte e Klagenfurt (solo per citare le più vicine) fanno il tutto esaurito in meno di 24 ore. Tra i migliori al mondo ci sono tedeschi, australiani, neozelandesi, americani e francesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E in Puglia?

Nella nostra regione ospitiamo la sola “Varano Lake Tri”, che si disputa su “distanza media” sul lago di Varano. Tra le società che partecipano ci sono il Cus e la Nicolaus a Bari, la Nadir on the Road a Putignano e la Salento Triathlon a Lecce, solo per citare alcuni esempi. In particolare, gli atleti di quest’ultima società sono forse un po’ più “fissati” per la lunga distanza rispetto agli altri: 7-8 di loro hanno girato e continuano a girare il mondo per partecipare a questo tipo di competizioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Qualche nome di atleta Ironman?

C’è il leccese Giacomo Maritati, che è stato il primo pugliese in assoluto a partecipare a un Ironman e ai campionati del mondo di Kailua-Kona nel 2011 e che ha diverse decine di competizioni alle spalle. A Bari, invece, abbiamo Marco Infante del Cus, che nel 2010 ha raggiunto il quarto posto all’Ironman del Sudafrica (miglior risultato di sempre per un nostro connazionale) e nel 2008 ha vinto il campionato italiano di “triathlon su distanza lunga” nella sua categoria. Probabilmente è lui l’atleta più rappresentativo, anche se quest’anno ha ridotto un po’ le sue gare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ci sono anche “donne di ferro”?

Sì, abbiamo anche una donna: Alessandra Franco, sempre della Salento Triathlon di Lecce. Quest’anno in Germania è stata la prima atleta pugliese (e tra le pochissime del Centro-Sud) a portare a termine un Ironman, quello di Roth.


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